«Jaime?» Il terrore si impossessò di lei, improvviso come una tempesta. «Jaime dovrebbe essere con il re…»
«Al ragazzo non è stato fatto alcun male. Ser Jaime ha messo una dozzina di uomini a proteggerlo. Sua maestà dorme pacificamente.»
"Che Tommen possa fare un sogno migliore del mio e avere un risveglio più piacevole." «Chi c’è con il re?»
«Ser Loras Tyrell ha questo onore.»
La cosa non le piaceva affatto. I Tyrell di Alto Giardino erano gli unici vassalli che i Targaryen, re dei draghi, avevano elevato ben al di sopra del loro rango. La loro vanità era superata soltanto dalla loro ambizione. Ser Loras sarà anche stato bello come il sogno di una vergine, ma sotto il mantello bianco rimaneva un Tyrell fino al midollo. Per quanto Cersei ne sapeva, il frutto marcio di quella notte poteva benissimo provenire dalle serre oscure di Alto Giardino.
Un sospetto che non osò esprimere ad alta voce. «Datemi un momento per vestirmi. Ser Osmond, tu mi accompagnerai alla Torre del Primo Cavaliere. Ser Boros, sveglia i carcerieri e assicurati che il nano sia ancora nella sua cella.» Non intendeva pronunciare il suo nome. "Non avrebbe mai trovato il coraggio di levare la mano contro il proprio padre" disse a se stessa, ma doveva comunque averne la certezza.
«Come sua maestà comanda.» Blount consegnò la lanterna a ser Osmund.
Cersei non fu affatto dispiaciuta di vederlo andare via. "Mio padre non avrebbe mai dovuto riammetterlo tra le Spade bianche." Quell’uomo aveva dato prova di essere un codardo.
Quando lasciarono il Fortino di Maegor, maniero dentro il maniero più vasto della Fortezza Rossa, il cielo aveva assunto una profonda tonalità cobalto, anche se le stelle brillavano ancora. "Tutte tranne una" pensò Cersei. "La vivida stella dell’Ovest è tramontata e ora le notti saranno più tenebrose." Si fermò brevemente sul ponte levatoio che scavalcava il fossato asciutto, abbassando lo sguardo sui ferri che emergevano dal suolo. "Non oserebbero mai mentirmi su una cosa di tale gravità."
«Chi è stato a trovarlo?»
«Una delle sue guardie» rispose ser Osmund. «Lum. Doveva assolvere un bisogno corporale e ha trovato il lord di Lannister nella latrina.»
"No, non può essere. Non è così che muore un Leone." La regina si sentiva stranamente calma. Si ricordò di quando, da bambina, aveva perso il primo dente. Non aveva sentito male, ma il vuoto in bocca le dava una sensazione così strana che non riusciva a impedirsi di cercarlo continuamente con la lingua. "Ora c’è un vuoto nel mondo, dove un tempo sì ergeva mio padre. E i vuoti vanno riempiti."
Se Tywin Lannister era morto davvero, allora nessuno era al sicuro, meno di tutti suo figlio Tommen, sul Trono di Spade. "Quando cade il leone, animali meno possenti si fanno avanti: gli sciacalli, gli avvoltoi e i cani selvatici." Avrebbero cercato di metterla da parte, come sempre. Cersei doveva agire con rapidità, come aveva fatto alla morte di Robert. Tutto questo poteva anche essere opera di Stannis Baratheon, per mezzo di una mano assassina. Poteva addirittura essere il preludio a un altro attacco di Stannis contro Approdo del Re. Cersei lo sperava. "Che venga pure. Lo sconfiggerò, come ha fatto mio padre, e questa volta Stannis morirà." Stannis Baratheon non le faceva più paura di quanta gliene facesse lord Mace Tyrell di Alto Giardino. Non temeva nessuno. Lei era la figlia della rocca di Castel Granito: era una leonessa. "Nessuno cercherà più di impormi un altro matrimonio." Castel Granito adesso apparteneva a lei, e anche la Casa Lannister. Nessuno le avrebbe più mancato di rispetto. E perfino quando Tommen non avesse più avuto bisogno di una reggente, la lady di Castel Granito sarebbe rimasta una potenza del regno.
Il sorgere del sole aveva incendiato la sommità delle torri della fortezza di un vivido colore rosso, ma sotto le mura era ancora notte. L’esterno del castello era immerso in un tale silenzio da indurre Cersei a pensare che dentro fossero tutti morti. "Dovrebbero esserlo. Non è giusto che Tywin Lannister muoia da solo. Un uomo come lui merita una corte che si occupi delle sue necessità anche all’inferno."
Quattro lancieri in mantelli rossi ed elmi a cresta di leone montavano la guardia alla porta della Torre del Primo Cavaliere.
«Nessuno entri e nessuno esca senza il mio permesso» ordinò Cersei. Dare ordini le veniva naturale. "Anche mio padre aveva l’acciaio nella voce."
All’interno della torre, il fumo delle torce faceva bruciare gli occhi, ma Cersei non pianse, nemmeno suo padre lo avrebbe fatto. "Sono io l’unico vero figlio che lui ha avuto." Nel salire le scale, i suoi tacchi strisciarono contro la pietra. Poteva ancora udire la falena dibattersi alla cieca nella lanterna di ser Osmund. "Muori" pensò, piena di irritazione. "Vola nella fiamma e che sia finita."
Altri due armati in mantello rosso sorvegliavano la sommità delle scale. Quando Cersei passò loro davanti, Lester il Rosso mormorò qualche parola di condoglianza. Il respiro della regina era rapido, affannoso, il cuore le sussultava nel petto. "I gradini" si disse. "Questa torre maledetta ha troppi gradini." Aveva una mezza idea di farla abbattere.
La sala era piena di idioti che bisbigliavano, come se lord Tywin Lannister stesse dormendo e temessero di svegliarlo. Al passaggio della regina, guardie, servitori e cortigiani le fecero ala. Cersei vide le loro gengive rosacee, l’agitarsi delle loro lingue, ma i suoni che emettevano per lei non avevano più senso di quanto ne avesse il ronzio della falena. "Perché sono qui? Come hanno saputo?" Di diritto, era lei che avrebbe dovuto essere avvertita per prima. Era la regina reggente, o lo avevano dimenticato?
Di fronte alla camera da letto del Primo Cavaliere c’era ser Meryn Trant, con l’armatura e la cappa bianche. La celata dell’elmo era alzata e le borse sotto gli occhi davano l’impressione che Trant fosse ancora mezzo addormentato.
«Fate sgombrare tutta questa gente» gli disse Cersei. «Mio padre è nella latrina?»
«Lo hanno trasportato sul suo letto, mia signora.» Ser Meryn le aprì la porta.
Lame di luce mattutina filtravano attraverso le imposte, disegnando sbarre dorate sulle lenzuola gettate sul pavimento della camera. Ser Kevan Lannister, fratello di Tywin e zio di Cersei, era con un ginocchio a terra di fianco al letto. Cercava di pregare, ma le parole stentavano a uscire. Armigeri erano ammassati attorno al caminetto. Il passaggio segreto di cui aveva parlato ser Osmund era una nera bocca spalancata tra le ceneri, non più grande dello sportello di un forno. Un uomo sarebbe stato costretto a strisciare. "Ma Tyrion è solamente un mezzo uomo." Quel pensiero rese Cersei furibonda. "No, il nano è rinchiuso in una cella buia. Non può essere opera sua. Stannis, dietro c’è Stannis. Ha ancora suoi seguaci ad Approdo del Re. O lui o i Tyrell…"
Da sempre si parlava di passaggi segreti nella Fortezza Rossa. Si diceva anche che Maegor il Crudele avesse fatto eliminare tutti quelli che avevano lavorato alla costruzione del castello proprio per evitare che quei segreti venissero svelati. "Quante altre stanze da letto hanno porte nascoste?" Nella mente di Cersei fiammeggiò d’un tratto una visione: il nano strisciava fuori dalle tappezzerie nella camera di Tommen, con la lama in pugno. "Tommen è ben sorvegliato" ripeté a se stessa. Ma anche lord Tywin era ben sorvegliato.
Per un momento, Cersei non riconobbe l’uomo morto. Aveva i capelli di suo padre, questo sì, ma era un’altra persona, doveva esserlo. Un uomo più piccolo, e molto più anziano. La camicia da notte era sollevata fino al torace, lasciandolo nudo dalla cintola in giù. Il dardo della balestra lo aveva colpito tra l’ombelico e la virilità. Era penetrato talmente in profondità che se ne vedeva solo l’impennaggio. I peli pubici erano incrostati di sangue secco. Altro sangue si stava rapprendendo sull’inguine.
L’odore che emanava dal corpo le fece contrarre il naso. «Toglietegli quel dardo dalle carni!» ordinò. «È il Primo Cavaliere del re!» "Ed è mio padre. Il lord mio padre. Dovrei forse urlare? Strapparmi i capelli?"