«Abbiamo abbastanza trote per tre, ser» dichiarò ad alta voce.
Non era la prima volta che Brienne veniva scambiata per un uomo. Si tolse l’elmo da guerra, liberando i capelli. Capelli gialli, colore della paglia sporca, e altrettanto ispidi. Le fluirono sulle spalle, lunghi e sottili. «I miei ringraziamenti, ser.»
Il cavaliere errante strizzò così tanto gli occhi che Brienne comprese che doveva essere miope. «Una lady, non è così? Con spada e armatura? Illy, per gli dèi, guarda quanto è grande.»
«Anch’io l’avevo presa per un cavaliere» disse il più anziano, voltando la trota sulle fiamme.
Se Brienne fosse stata un uomo, lo avrebbero definito grosso. Per essere una donna, era gigantesca. "Aberrazione" era la parola che aveva sentito per tutta la sua vita. Brienne aveva spalle ampie e fianchi ancora più ampi. Il torace era più muscoli che seno. Le gambe erano lunghe, le braccia robuste. Mani grandi, piedi enormi. Inoltre, era anche brutta, con un viso lentigginoso e cavallino, e denti che sembravano troppo grandi per la sua bocca. Non aveva bisogno che tutto questo le venisse ricordato.
«Cavalieri» chiese «per caso avete visto, lungo la strada, una fanciulla di tredici anni? Ha occhi azzurri e capelli fulvi, e forse era accompagnata da un uomo corpulento, dalla faccia rossa, sulla quarantina.»
Il cavaliere miope si grattò la testa. «Non ricordo una fanciulla del genere. Di che colore sono i capelli fulvi?»
«Rosso scuro» disse l’uomo anziano. «No, non l’abbiamo vista.»
«Non l’abbiamo vista, mia signora» ripeté il più giovane. «Ma vieni, smonta, il pesce è quasi cotto. Hai fame?»
Brienne aveva fame, ma era anche cauta. I cavalieri erranti avevano una brutta reputazione. "Un cavaliere errante e un cavaliere ladrone sono i due tagli della medesima spada" si diceva di loro. "Ma questi due non sembrano troppo pericolosi."
«Posso sapere i vostri nomi, ser?»
«Io ho l’onore di essere ser Creighton Longbough, di cui cantano i menestrelli» rispose quello con il panzone. «Avrai forse udito delle mie imprese nella battaglia delle Acque Nere. Il mio compagno è ser Illifer Tascavuota.»
Se anche c’era una canzone su Creighton Longbough, Brienne non l’aveva mai sentita. A lei, quei nomi non dicevano nulla più di quanto le dicessero le loro armi. Sullo scudo verde di ser Creighton c’era solo un bordo marrone, più la profonda fessura scavata da un’ascia di guerra. Ser Illifer mostrava una gironda in oro ed ermellino, per quanto tutto in lui suggerisse che quell’oro e la tinta ermellino fossero gli unici tratti nobiliari che avesse mai conosciuto. Aveva almeno sessant’anni, il volto rugoso e stretto sotto il cappuccio di un mantello di lana grezza tutto rattoppato. Portava la maglia di ferro, ma punteggiata di ruggine come lentiggini. Brienne li superava entrambi in statura di tutta la testa, inoltre aveva un cavallo più valido e armi migliori. "Se ho paura di questi due, farò meglio a scambiare la mia spada lunga per un paio di ferri da calza."
«Vi ringrazio, gentili cavalieri» disse. «Condividerò volentieri la vostra trota.»
Brienne volteggiò a terra, tolse la sella dal dorso della sua cavalla e l’abbeverò prima di condurla al pascolo. Sistemò le armi, lo scudo e le borse da sella sotto l’elmo. A quel punto, la trota era pronta e croccante. Ser Creighton le passò il pesce. Brienne sedette a terra a gambe incrociate e cominciò a mangiare.
«Noi siamo diretti a Duskendale, mia signora» le disse Longbough, staccando con le dita dei pezzi di trota. «Sarà buona cosa se vorrai cavalcare con noi. Le strade sono pericolose.»
Riguardo ai pericoli delle strade, Brienne sarebbe stata in grado di dirgli molto più di quanto lui avrebbe voluto sapere. «Grazie, ser, ma non ho bisogno della vostra protezione.»
«Insisto. Un vero cavaliere deve difendere il gentil sesso.»
Brienne toccò l’elsa della sua spada. «È questa a difendermi, ser.»
«Una spada vale solo quanto l’uomo che la brandisce.»
«La brandisco validamente quanto basta.»
«Come preferisci. Non sarebbe cortese discutere con una signora. Ti accompagneremo comunque fino a Duskendale. In tre si viaggia più sicuri che non da soli.»
"Eravamo in tre quando ce ne siamo andati da Delta delle Acque, eppure Jaime ha perduto la mano destra, e Qeos Frey la vita." «I vostri cavalli non riuscirebbero a stare al passo con il mio» osservò Brienne.
Il castrato marrone di ser Creighton era un vecchio ronzino sfiancato e dagli occhi reumatici, mentre il cavallo di ser Illifer sembrava sparuto e mezzo morto di fame.
«Il mio destriero mi ha servito molto bene alle Acque Nere» insistette ser Creighton. «Ho fatto strage in battaglia e mi sono guadagnato una dozzina di riscatti. La mia signora conosce ser Herbert Bolling? Ora non lo incontrerai più. L’ho ucciso lì dove stava. Quando cozzano le spade, ser Creighton Longbough non si tira mai indietro.»
Il suo compagno emise una risata breve, secca. «Creigh, lascia perdere. La gente come lei non ha bisogno di due come noi.»
«Quale gente?» Brienne non era sicura del significato di quelle parole.
Ser Illifer puntò un dito ossuto in direzione dello scudo di Brienne. Il colore era fessurato e scrostato, ma l’emblema era ancora ben visibile: un pipistrello nero in campo argento e oro diviso in due. «Porti lo scudo del mentitore e non ne hai il diritto. Il nonno di mio nonno aiutò a uccidere l’ultimo dei Lothston. Da allora, nessuno ha più osato mostrare quel pipistrello, nero come le imprese di coloro che lo avevano come emblema.»
Lo scudo era quello che ser Jaime aveva preso dall’arsenale di Harrenhal. Brienne lo aveva trovato nelle stalle assieme alla giumenta e a molte altre cose: la sella e i finimenti, l’usbergo di maglia di ferro e l’elmo di guerra con la celata, borse d’oro e d’argento e una pergamena il cui valore superava tutto.
«Io ho perduto il mio scudo» spiegò Brienne.
«L’unico scudo che serve a una fanciulla è un vero cavaliere» dichiarò ostinatamente ser Creighton.
Ser Illifer non gli prestò attenzione. «Un uomo scalzo va alla ricerca di stivali, un uomo infreddolito di un mantello. Ma chi mai vorrebbe ricoprirsi di vergogna? Lord Lucas portava quel pipistrello, il Malefico Pander, e Manfryd dal Cappuccio nero, suo figlio. Perché indossare armi simili, questo io chiedo, a meno che i peccati da te commessi non siano anche peggiori… e più recenti.» L’anziano cavaliere estrasse la daga, un pezzo di ferro da due soldi. «Una donna di dimensioni abominevoli che cela la sua vera appartenenza. Creigh, guardala bene: è la Vergine di Tarth, quella che ha squarciato la gola di Renly.»
«Questa è una menzogna!»
Per Brienne, Renly Baratheon era stato ben più di un re. Lo aveva amato non appena lui aveva messo piede a Tarth, sulla strada che lo avrebbe portato a diventare lord, e un uomo. Suo padre gli aveva dato il benvenuto con un banchetto e aveva ordinato a Brienne di parteciparvi; altrimenti, sarebbe rimasta chiusa nella sua stanza come una bestia ferita. Aveva più o meno la stessa età di Sansa Stark, più timorosa dei sogghigni che non delle spade. "Verranno a sapere della rosa" aveva detto a lord Selwyn "e rideranno di me." Ma il signore di Stelle al Tramonto non aveva ceduto.
E Renly Baratheon aveva avuto per lei ogni cortesia, come se lei fosse una fanciulla come le altre, e anche graziosa. Aveva addirittura danzato con lei, e tra le sue braccia Brienne si era sentita aggraziata, con i piedi che fluttuavano sul pavimento. In seguito, anche altri le avevano chiesto di ballare, seguendo quell’esempio. Da quel giorno in poi, l’unica cosa che Brienne desiderava era stare vicino a lord Renly, servirlo e proteggerlo. Ma aveva fallito. "Renly è morto tra le mie braccia, ma non sono stata io a ucciderlo." Ma quei due cavalieri erranti non lo avrebbero mai capito.
«Ero pronta a dare la mia vita per re Renly, e sarei morta felice» disse Brienne. «Non gli ho arrecato alcun male. Lo giuro sulla mia spada.»