Ser Shadrich diede di speroni e si riportò in testa alla carovana.
Nemmeno Jaime Lannister aveva fatto sentire Brienne tanto stupida. "Non sei la sola a caccia in questi boschi." Brella, l’altra serva di Sansa, le aveva spiegato di come Joffrey avesse strappato a ser Dontos il titolo di cavaliere, di come lady Sansa avesse implorato Joffrey di risparmiargli la vita. "Dontos l’ha aiutata a fuggire" aveva deciso Brienne dopo avere sentito quella storia. "Trova ser Dontos e troverai Sansa." Ma avrebbe dovuto intuire che anche altri erano sulla pista. "Alcuni dei quali anche meno ben disposti di ser Shadrich." Poteva solamente sperare che ser Dontos avesse nascosto Sansa in un luogo sicuro. "Ma in questo caso, come farò a trovarla?"
Brienne ingobbì le spalle e continuò a cavalcare, la fronte aggrottata.
Stava calando la notte quando giunsero a una locanda, un’alta struttura di tronchi che si ergeva alla confluenza di due fiumi, presso un antico ponte di pietra. E la locanda si chiamava proprio così, disse loro ser Creighton: il Vecchio ponte di pietra. Il locandiere era un suo amico. «Non male come cuoco, e le stanze hanno meno cimici del solito» spiegò. «Chi ha voglia di un letto caldo, questa notte?»
«Non noi, a meno che il tuo amico non ci ospiti per niente» disse ser Illifer Tascavuota. «Non abbiamo conio per pagare le stanze.»
«Per noi tre posso pagare io.» Brienne non aveva carenza di conio, cosa cui aveva provveduto ser Jaime: nelle borse da sella aveva trovato una grossa sacca di cervi d’argento e stelle di rame, una sacca più piccola zeppa di dragoni d’oro e una pergamena con un’ordinanza ai sudditi del re di fornire tutta l’assistenza necessaria al portatore, Brienne della Casa di Tarth, in missione per sua maestà. Era firmata dalla mano infantile di Tommen, primo del suo nome, re degli andali, dei rhoynar e dei Primi Uomini e sovrano dei Sette Regni.
Anche Hibald voleva fermarsi, diede quindi ordine ai suoi uomini di sistemare il carro vicino alle stalle. Una calda luce gialla accendeva i pannelli a forma di losanga delle finestre della locanda, Brienne udì uno stallone nitrire all’odore della sua giumenta. Stava allentando il sottopancia quando un ragazzo apparve sulla porta della stalla. «Lascia che faccia io, ser» disse.
«Non sono un ser» gli disse Brienne. «Comunque, puoi prendere il cavallo. Dagli da mangiare e striglialo per bene.»
Il ragazzo arrossì. «Chiedo venia, mia signora…»
«Un errore che commettono in molti.» Brienne gli consegnò le redini e seguì gli altri all’interno della locanda, con le borse da sella di traverso su una spalla e la coperta arrotolata sotto il braccio.
La segatura copriva il pavimento di assi della sala comune, l’aria sapeva di luppolo, di fumo e di carne. Un arrosto sfrigolava sul fuoco, e in quel momento nessuno ne teneva d’occhio la cottura. Attorno a uno dei tavoli sedevano sei avventori del posto intenti a parlare; all’ingresso dei forestieri si zittirono. Brienne sentì i loro sguardi su di sé. Nonostante la maglia di ferro, la cappa e la giubba di cuoio si sentiva nuda.
«Guarda un po’ quello» disse uno degli uomini. E Brienne sapeva che non stava parlando di ser Shadrich.
Apparve il locandiere, con tre boccali per mano e la birra che debordava a ogni passo.
«Hai delle stanze, buon uomo?» gli chiese il mercante.
«Forse sì» rispose il locandiere «ma solo per quelli che hanno il conio.»
Ser Creighton fece la faccia offesa. «Naggle, è così che accogli un vecchio amico? Sono io, Longbough, non mi riconosci?»
«Ma certo. Mi devi sette cervi. Fammi vedere l’argento e io ti faccio vedere un letto.» Il locandiere mise giù i boccali uno alla volta, spargendo altra birra sul tavolo.
«Pagherò io, una stanza per me» Brienne indicò ser Creighton e ser Illifer «e una per i miei due compagni di viaggio.»
«Prenderò anch’io una stanza» disse a sua volta il mercante «per me e per il bravo ser Shadrich. I miei servitori possono dormire nelle stalle, se ti compiace.»
Il locandiere li scrutò tutti dalla testa ai piedi. «A me non compiace, ma può essere che ve lo permetto. Mangiate la cena? C’è del buon caprone su quello spiedo laggiù.»
«Giudicherò io, se è buono o no» dichiarò Hibald. «I miei uomini si accontenteranno di pane e companatico.»
Così cenarono. Brienne assaggiò il caprone, dopo aver seguito il locandiere su per le scale, avergli messo in mano alcune monete e sistemato la propria roba nella seconda stanza che lui le mostrò. Ordinò caprone anche per ser Creighton e ser Illifer, visto che i due cavalieri avevano condiviso con lei la loro trota. I cavalieri erranti e il mercante mandarono giù la carne con la birra, ma Brienne preferì una tazza di latte di capra. Ascoltò le conversazioni a tavola, senza troppa speranza di udire qualcosa che potesse aiutarla a trovare Sansa.
«Voi che venite da Approdo del Re» chiese a Hibald uno del posto «è vero che lo Sterminatore di re è stato mutilato?»
«Sì» rispose Hibald. «Ha perduto la mano della spada.»
«Aye» aggiunse ser Creighton «ho sentito dire che gliel’ha mangiata un meta-lupo, uno di quei mostri famelici venuti giù dal Nord. Niente che arrivi dal Nord è mai cosa buona. Perfino i loro dèi sono balordi.»
«Non è stato un lupo» intervenne Brienne suo malgrado. «Ser Jaime ha perduto la mano sotto la lama di un mercenario di Qohor.»
«Non è facile combattere senza una mano» osservò il Topo pazzo.
«Bah» fece ser Creighton Longbough. «Quanto a me, io combatto bene con entrambe le mani.»
«Oh, di questo non dubito.» Ser Shadrich sollevò il boccale in un gesto di saluto.
Brienne non avrebbe mai dimenticato il duello nella foresta tra lei e Jaime Lannister. Tenere a distanza la sua lama era stato il meglio che fosse riuscita a fare. "Era ancora indebolito dalla prigionia nelle segrete di Delta delle Acque, e portava anche le catene ai polsi. Fosse stato nel pieno delle forze, senza catene a intralciarlo, nessun cavaliere dei Sette Regni sarebbe uscito vincitore contro di lui." Jaime aveva commesso molti atti esecrabili, ma sapeva combattere! La mutilazione che gli era stata inflitta era la più crudele di tutte. Un conto era uccidere un leone, un altro mozzargli una zampa, lasciandolo inutile e attonito.
Improvvisamente, la sala comune divenne un luogo troppo rumoroso perché Brienne potesse sopportarlo un minuto di più. Mormorò la buonanotte e andò a dormire. Il soffitto della sua stanza era basso; entrando con un lume in mano, Brienne fu costretta a chinarsi per non battere la testa. Gli unici mobili erano un letto, abbastanza grande da accomodare sei persone, e un moccolo sul davanzale della finestra. Brienne lo accese con la fiamma del lume, sbarrò la porta e appese la cinghia della spada attorno a un pilastro del letto. Il fodero era molto semplice, del legno rivestito di cuoio marrone fessurato, e la spada era di qualità ancora più modesta. L’aveva comprata ad Approdo del Re, per rimpiazzare la lama che i Guitti Sanguinari le avevano rubato. "La spada di Renly." Soffriva ancora al pensiero di averla perduta.
Ma c’era una seconda spada lunga nascosta nella coperta arrotolata. Brienne sedette sul letto e la tirò fuori. Al chiarore della candela, l’oro emanava barbagli e i rubini scintillavano. Quando estrasse dal fodero Giuramento, così si chiamava quella spada, Brienne trattenne il respiro. Increspature di rosso e di nero percorrevano l’acciaio. "Acciaio di Valyria, forgiato con incantesimi." Era una spada fatta per un eroe. Quando era bambina, la sua nutrice le aveva riempito la testa di gesta cavalleresche, narrandole le valorose imprese di ser Galladon di Morne, Florian il Giullare, il principe Aemon Taxgaryen, cavaliere del Drago, e altri campioni. Ognuno impugnava una spada famosa, e Giuramento faceva senz’altro parte di quella schiera, anche se non Brienne. "Difenderai la figlia di Ned Stark con l’acciaio di Ned Stark" aveva promesso Jaime.