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"Duecento anni fa qui c’erano i draghi" si trovò a pensare Sam, guardando la gabbia completare la sua lenta discesa. "Loro potevano semplicemente volare oltre la Barriera." La regina Alysanne si era recata in visita al Castello Nero cavalcando un drago, seguita da Jaehaerys Targaryen, il re, in groppa a un altro drago. E se Ali d’argento si fosse lasciato dietro un uovo? O se Stannis avesse trovato a sua volta un uovo sulla Roccia del Drago? "Se anche così fosse, come potrebbe sperare di farlo dischiudere?" Baelor il Benedetto usava pregare sulle sue uova di drago, e altri Targaryen avevano tentato di farle dischiudere servendosi della stregoneria. Ma tutto quello che avevano ottenuto era stata farsa e tragedia.

«Samwell» chiamò una voce tetra «stavo venendo a prenderti. Mi è stato detto di portarti dal lord comandante.»

Un fiocco di neve si posò sul naso di Sam. «Jon vuole vedermi?»

«Questo non lo so» rispose Edd Tollett l’Addolorato, l’uomo più depresso e deprimente dell’intera confraternita in nero. «Quanto a me, non avrei voluto vedere neppure la metà delle cose che ho visto, mentre non ho mai visto nemmeno la metà delle cose che invece avrei voluto vedere. Non penso che la volontà c’entri qualcosa. Farai comunque meglio ad andare da lui. Lord Snow desidera parlarti non appena avrà finito con la moglie di Craster.»

«Gilly.»

«Lei. Se la mia nutrice avesse avuto l’aspetto che ha lei, me ne starei ancora appiccicato alla sua tetta. La mia aveva i baffi.»

«La maggior parte delle capre ha i baffi» gli fece eco Pyp, sbucando da dietro un angolo insieme a Grenn, con gli archi lunghi in mano e le faretre piene di frecce sulla schiena. «Dov’eri finito, Distruttore? Ieri sera a cena non ti sei fatto vedere. Un intero bue arrosto è rimasto lì solo soletto.»

«Non chiamarmi Distruttore.» Sam ignorò la battuta sul bue. Pyp era fatto così. «Stavo leggendo. C’era un topo…»

«Ah, non dirlo a Grenn: ha il terrore dei topi.»

«Non è vero» ribatté Grenn, indignato.

«Avresti troppa paura di mangiarne uno.»

«Ne potrei mangiare più di te.»

Edd l’Addolorato sospirò. «Quando ero ragazzo, i topi li mangiavamo solo nei giorni speciali. Io ero il più piccolo, per cui a me rimaneva solo la coda. Di carne sulla coda non ce n’è.»

«Dov’è il tuo arco lungo, Sam?» chiese Grenn.

Ser Alliser Thorne, l’odiato istruttore dei nuovi confratelli, lo chiamava uro, e ogni giorno che passava Grenn si avvicinava un po’ di più a quella definizione. Quando era arrivato alla Barriera era grosso ma lento, il collo taurino, la vita grossa, rosso in faccia e goffo. Il suo collo diventava ancora rosso quando Pyp gli danzava attorno come un folletto impazzito, ma ore di pratica con la spada e lo scudo gli avevano buttato giù la pancia, rafforzato le braccia, allargato il torace. Grenn era proprio forte, e anche peloso, come un uro.

«Ulmer ti aspetta ai bersagli» aggiunse.

«Ulmer» ripeté Sam, abbacchiato.

Una delle prime cose che Jon aveva stabilito al suo insediamento quale lord comandante era la pratica quotidiana di tiro con l’arco per l’intera guarnigione del Castello Nero, attendenti e cuochi compresi. I Guardiani della notte avevano messo troppa enfasi sulla spada e non abbastanza sull’arco, aveva detto, vestigia di un tempo in cui un confratello su dieci era cavaliere, a differenza di oggi, in cui ce n’era uno su cento. Sam comprendeva la logica di quella decisione, ma odiava il tiro con l’arco lungo quasi quanto odiava le scale. Se metteva i guanti, non riusciva mai a colpire niente, e se li toglieva gli venivano le vesciche sulle dita. Quegli archi erano pericolosi. Una volta, nel tendere la corda, Satin si era spaccato mezza unghia del pollice.

«Me n’ero dimenticato» disse.

«Hai spezzato il cuore a quella principessa dei bruti, Distruttore» riprese Pyp. Negli ultimi tempi, Val aveva preso l’abitudine di osservare i confratelli dalla sua finestra nella Torre del re. «Ti stava cercando.»

«No, non è vero!»

Da quando maestro Aemon aveva voluto che Val lo aiutasse per essere sicuro che gli infanti restassero in salute, Sam aveva parlato con lei solo due volte. La principessa era così bella che in sua presenza spesso Sam si ritrovava a balbettare e ad arrossire.

«Perché no?» chiese Pyp. «Vuole essere la madre dei tuoi figli. Forse dovremmo chiamarti Sam il Seduttore.»

Sam arrossì. Sapeva che re Stannis aveva dei progetti per lei: Val era lo strumento con cui Stannis Baratheon intendeva suggellare la pace tra gli uomini del Nord e il popolo libero che viveva oltre la Barriera.

«Oggi non ho tempo per il tiro con l’arco, devo vedere Jon.»

«Jon? Conosciamo qualcuno che si chiama così, Grenn?»

«Parla del lord comandante.»

«Oh. Il grande lord Snow. Certo. E perché lo vuoi vedere? Non sa nemmeno muovere le orecchie.» Pyp fece muovere le sue, per mostrare di saperlo fare. Erano orecchie grandi, rosse dal freddo. «È lord Snow adesso, poco ma sicuro, troppo fottutamente nobile per quelli come noi.»

«Jon ha dei doveri» disse Sam in sua difesa. «È responsabile della Barriera, con tutto ciò che ne consegue.»

«Un uomo ha dei doveri anche verso gli amici. Se non fosse stato per noi, adesso il comandante sarebbe Janos Slynt. Lord Janos avrebbe mandato Snow di pattuglia nudo, a cavallo di un mulo. "Va’ su fino al castello di Craster" gli avrebbe detto "e portami il mantello e gli stivali del Vecchio Orso." È da questo che noi lo abbiamo salvato, ma adesso ha così tanti doveri da non riuscire neppure a bere una coppa di vino al miele con noi?»

«I suoi doveri non lo tengono di certo lontano dal cortile degli addestramenti» concordò Grenn. «Un giorno sì e quello dopo anche, è là a battersi con qualcuno.»

Questo era vero, Sam dovette ammetterlo. Una volta, quando Jon era venuto a consultarsi con maestro Aemon, Sam gli aveva chiesto per quale motivo passasse così tanto tempo ad addestrarsi con la spada. "Il Vecchio Orso non si addestrava tanto duramente quando era lord comandante" gli aveva fatto notare. Per tutta risposta, Jon gli aveva messo in mano Lungo artiglio. Aveva fatto sentire a Sam la leggerezza, l’equilibrio della spada. Gli aveva fatto esaminare la lama, e le increspature erano parse fluire lungo il metallo scuro come fumo. "Acciaio di Valyria" aveva spiegato Jon "forgiato con incantesimi e affilato come un rasoio, quasi indistruttibile. Uno spadaccino dovrebbe valere quanto la sua spada, Sam. Lungo artiglio è acciaio di Valyria, ma io no. Qhorin il Monco avrebbe potuto uccidermi con la stessa facilità con cui schiacci un insetto."

Sam gli aveva restituito la spada. "Quando cerco di schiacciare un insetto, quello se ne vola via. Finisco per darmi da solo un colpo sul braccio. E mi faccio male."

Jon aveva riso. "Come credi. Allora diciamo che Qhorin avrebbe potuto uccidermi con la stessa facilità con cui mangi una ciotola di porridge." Sam adorava il porridge, specialmente quando era addolcito con il miele.

«Adesso non ho tempo per discutere.» Sam si congedò dagli amici e si diresse verso l’arsenale, con i libri stretti al petto. "Io sono lo scudo che protegge il regno degli uomini" ricordò. Si chiese che cosa avrebbero pensato quegli uomini se si fossero resi conto che i loro regni venivano protetti da personaggi come Grenn, Pyp e Edd l’Addolorato.