La Torre del lord comandante era stata sventrata da un incendio e Stannis Baratheon si era praticamente impossessato della Torre del re, facendone la propria residenza, perciò Jon Snow si era sistemato nei modesti quartieri dietro l’armeria appartenuti a Donai Noye, l’eroico fabbro del Castello Nero caduto nell’estrema difesa contro i bruti. Quando Sam arrivò, Gilly se ne stava andando, avvolta nella vecchia cappa che Sam stesso le aveva dato durante la loro fuga dal castello di Craster. La ragazza fece per correre via, ma Sam l’afferrò per un braccio; nel fare questo lasciò cadere due libri nella neve.
«Gilly.»
«Sam» disse lei con voce roca. Gilly era magra, con i capelli scuri e grandi occhi castani da cerbiatta. Quasi inghiottita tra le pieghe del vecchio mantello di Sam, aveva il viso seminascosto dal cappuccio, eppure tremava. La sua espressione era vacua, spaventata.
«Che cosa c’è che non va?» le chiese Sam. «Come stanno i piccoli?»
Gilly si staccò da lui. «Stanno bene, Sam. Bene.»
«Avendone due, mi chiedo come tu riesca a dormire» disse Sam in tono gentile. «Chi era che piangeva ieri notte? Pensavo non avrebbe più smesso.»
«Il figlio di Dalla. Piange quando vuole la tetta. Il mio… il mio non piange quasi mai. A volte rutta, ma…» Gli occhi le si riempirono di lacrime. «Devo andare. Sono già in ritardo per la poppata. Se non mi sbrigo finisce che mi gocciolo il latte addosso.»
Attraversò il cortile di corsa, lasciandosi alle spalle un Sam molto perplesso.
Sam si inginocchiò per raccogliere i volumi che aveva lasciato cadere. "Non avrei dovuto portarne così tanti." si disse mentre ripuliva dal fango Il compendio di Giada, di Colloquo Votar, un tomo di racconti e leggende orientali che maestro Aemon gli aveva ordinato di cercare. Non sembrava che il libro avesse subito danni. Invece l’opera di maestro Thomax, Stirpe di drago. La storia di casa Targaryen dall’esilio all’apoteosi, con una considerazione riguardante la vita e la morte dei draghi, non aveva avuto la medesima fortuna. Cadendo si era aperto, alcune pagine si erano imbrattate, compresa quella con un’illustrazione a inchiostri colorati piuttosto bella di Balerion, il Terrore nero. Lisciando e ripulendo le pagine, Sam si maledisse: che razza di goffo caprone era stato. La presenza di Gilly lo agitava sempre, facendo sorgere anche… delle erezioni. Un confratello ordinato dei Guardiani della notte non avrebbe dovuto provare quel genere di cose che Gilly gli faceva provare, soprattutto quando parlava dei suoi seni e…
«Lord Snow ti sta aspettando.»
Due uomini con mantelli neri e mezzi elmi di ferro montavano la guardia alle porte dell’armeria, puntellati alle loro lance. Quello che aveva parlato era Hal il Peloso. Mully aveva aiutato Sam a rialzarsi. Lui mormorò una sorta di ringraziamento e li superò in tutta fretta, aggrappandosi disperatamente alla pila di libri mentre oltrepassava la forgia con i suoi incudini e mantici. Su un banco da lavoro c’era una cotta di maglia di ferro, completata a metà. Spettro era disteso sotto un’incudine, a rosicchiare un osso di bue. Al passaggio di Sam, il grande meta-lupo albino alzò lo sguardo, ma non emise alcun suono.
La stanza di Jon si trovava dietro le rastrelliere con le lance e gli scudi. Quando Sam entrò, Jon stava leggendo una pergamena. Il corvo appartenuto al lord comandante Mormont era appollaiato sulla sua spalla, e gli occhi di ossidiana scrutavano in basso come se anche lui stesse leggendo. Quando l’uccello notò Sam, spalancò le ali e calò verso di lui. «Grano, grano!» gracchiò.
Passando i libri da un braccio all’altro, Sam affondò la mano nel sacchetto vicino alla porta e tirò fuori una manciata di chicchi. Il corvo gli atterrò sul polso e beccò direttamente dalla sua palma, talmente forte che Sam cacciò un mezzo grido e ritirò la mano di scatto. Il corvo volò via, mentre chicchi gialli e rossi schizzavano dappertutto.
«Chiudi la porta, Sam.» Pallide cicatrici segnavano la guancia di Jon Snow nel punto in cui un’aquila aveva cercato di cavargli un occhio. «Ti ha ferito, quella bestiaccia?»
Sam posò i libri e si tolse il guanto. «Sì…» Si sentiva svenire. «Sto perdendo sangue.»
«Tutti noi versiamo il nostro sangue per i Guardiani della notte. Devi usare guanti più spessi.» Con un piede, Jon spinse una sedia verso di lui. «Siediti. Guarda un po’ qui.» Gli tese una pergamena.
«Di che cosa si tratta?» chiese Sam. Il corvo stava beccando i chicchi tra le lenzuola del letto sfatto.
«Di uno scudo di carta» rispose Jon.
Sam lesse succhiandosi il sangue dalla ferita sulla mano. Riconobbe immediatamente la calligrafia del maestro Aemon. Era minuta e precisa, ma l’anziano sapiente non si accorgeva quando l’inchiostro sbavava lasciando qua e là macchie frastagliate.
Sam alzò lo sguardo. «Una lettera per re Tommen?»
«A Grande Inverno, Tommen e mio fratello Bran si affrontarono con delle spade di legno. Tommen aveva addosso così tanta imbottitura di protezione da sembrare un’anatra ripiena. Bran lo mandò a terra.» Jon si alzò e si avvicinò alla finestra. «Oggi Bran è morto, e Tommen, grassoccio e dalla faccia rubiconda, siede sul Trono di Spade, con la corona sui suoi riccioli d’oro.»
"Bran non è morto" avrebbe voluto dire Sam. "È andato a nord della Barriera, insieme a Manifredde e ai due ragazzi della Torre delle Acque Grigie." Parole che rimasero impigliate nella sua gola. "Ma al Portale delle Tenebre ho giurato di non rivelarlo." «Non hai firmato la lettera» disse invece.
«Cento e cento volte il Vecchio Orso implorò l’aiuto del Trono di Spade. E loro ci hanno mandato Janos Slynt. Nessuna lettera indurrà i Lannister ad appoggiarci di più, soprattutto quando avranno saputo che stiamo aiutando Stannis Baratheon.»
«Solo per difendere la Barriera, non la sua rivolta.» Sam rilesse il testo. «È così che viene detto qui.»
«Una finezza che a lord Tywin potrebbe sfuggire.» Jon riprese la lettera. «Per quale motivo dovrebbe aiutarci? Finora non l’ha mai fatto.»
«Be’» disse Sam «non vorrà che si dica che Stannis ha marciato in difesa del regno degli uomini mentre re Tommen si trastullava con i suoi giocattoli. Getterebbe vergogna sulla casa Lannister.»
«Io voglio gettare sui Lannister morte e distruzione, non vergogna.» Jon sollevò la lettera. «"I Guardiani della notte non prendono parte alcuna nelle guerre dei Sette Regni"» lesse. «"Noi prestiamo giuramento al regno, e ora il regno è in grave pericolo. Stannis Baratheon ci è venuto in aiuto contro i nostri nemici oltre la Barriera, cionondimeno noi non siamo suoi uomini."»
«Ma» obiettò Sam a disagio «in effetti non siamo suoi uomini, vero?»
«Ho dato a Stannis cibo, riparo e il Forte della Notte, più il consenso che una parte del popolo libero si insediasse nelle terre del Dono di Brandon, a sud della Barriera. Questo è tutto.»
«Lord Tywin dirà che è troppo.»
«E Stannis dice che non è abbastanza. Più si dà a un re, più lui vorrà. Stiamo camminando su un ponte di ghiaccio sospeso su un precipizio. Compiacere un re è già difficile, compiacerne due è pressoché impossibile.»
«Sì, ma… se i Lannister dovessero prevalere e lord Tywin decidesse che noi, aiutando Stannis, abbiamo tradito il re, questo potrebbe significare la fine dei Guardiani della notte. Lord Tywin ha l’appoggio dei Tyrell, con tutta la potenza di Alto Giardino. E ha sconfitto lord Stannis alle Acque Nere.» La vista del sangue faceva svenire Sam, certo, ma lui era comunque ben consapevole di come si vincevano le guerre. Una cosa cui Randyll Tarly, il lord suo padre, aveva pensato.