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Alla fine, la Tempesta dorata era affondata al largo dell’isola Bianca durante la prima ribellione di Balon, tagliata a metà da una torreggiante galea da guerra, la Furia, il giorno in cui Stannis Baratheon aveva attirato Victarion in una trappola e annientato la flotta di Ferro. Eppure, il dio non aveva ancora finito con Aeron, e gli aveva fatto raggiungere la costa delle terre d’Occidente. Alcuni pescatori lo avevano fatto prigioniero e trascinato in catene a Lannisport, la capitale dei Lannister. Aeron aveva trascorso il resto della guerra nelle segrete di Castel Granito, dando prova che le piovre sono in grado di pisciare più lontano e più a lungo dei leoni, dei cinghiali e dei polli.

"Quell’uomo adesso è morto." Aeron era annegato ed era rinato dal mare: come profeta del dio Abissale. Nessun mortale poteva spaventarlo, non più di quanto potevano spaventarlo le tenebre… o le memorie, scheletri dell’anima. "Il suono di una porta che si apre, il cigolio di cardini arrugginiti. Euron è tornato." Non aveva importanza, lui era il prete Capelli bagnati, il prediletto dal dio.

«Si arriverà alla guerra?» chiese Greydon Buonfratello, mentre il sole illuminava le colline. «Una guerra tra fratello e fratello?»

«Se questa sarà la volontà del dio Abissale. A nessun uomo senza dio è permesso sedere sul Trono del Mare.»

"Occhio di corvo è pronto a combattere, questo è certo." Nessuna donna poteva sconfiggerlo, nemmeno Asha: le donne erano fatte per combattere le loro battaglie sul letto del parto. E Theon, se fosse vissuto, non era altro che un bamboccio, tutto bronci e sorrisini. Nell’assalto a Grande Inverno aveva dato prova del proprio valore, peraltro infimo, ma Occhio di corvo non era un ragazzino storpio come Bran Stark. Le tolde del vascello di Euron Greyjoy, la famigerata nave Silenzio, erano dipinte di rosso… per celare meglio il sangue che le aveva allagate. "Victarion. È Victarion che deve essere re, prima che la tempesta ci spazzi via tutti."

Greydon Buonfratello si separò da Aeron che il sole era già alto, per portare la notizia della morte di Balon ai suoi cugini nelle loro torri a Downdelving, al castello del Rostro di corvo e al lago dei Cadaveri. Aeron proseguì da solo, valicando colline, attraversando vallate, seguendo la pista pietrosa che, a mano a mano che si avvicinava al mare, diventava sempre più ampia e battuta. Si fermò a pregare in ogni villaggio, in ogni cortile di signorotti. «Dal mare siamo nati» intonava il profeta «al mare faremo ritorno.» La sua voce era profonda come l’abisso, rombante come le onde. «Nella sua collera, il dio della Tempesta ha strappato Balon dal suo castello e lo ha gettato nel baratro, e ora egli banchetta nelle liquide sale del dio Abissale.» Aeron il profeta alzava le braccia. «Balon è morto! Il re è morto! Eppure verrà un altro re! Perché ciò che è morto non può mai morire, può soltanto risorgere, ancora più fiero, ancora più forte! Un re risorgerà!»

Tra coloro che lo ascoltavano, alcuni abbandonarono vanghe e zappe per seguirlo. Così, quando Aeron tornò a udire il fragore delle onde, una dozzina di uomini camminava dietro il suo cavallo, uomini toccati dal dio e desiderosi di annegare.

A Pebbleton vivevano diverse migliaia di pescatori, in baracche ammassate attorno a un mastio squadrato con un torrione a ogni angolo. Era là che due schiere di Annegati aspettavano Aeron, accampati su una grigia spiaggia sabbiosa in tende di pelle di foca e semplici ripari fatti con legname portato a riva dal mare. Le loro mani erano corrose dalla brina, piene di cicatrici causate da reti e scotte, di calli lasciati da remi, picche e asce, ma ora quelle stesse mani impugnavano rostri di legno levigato, duri come il ferro, in quanto il dio stesso li aveva armati dal suo arsenale nelle profondità del mare.

Avevano costruito un riparo per il profeta appena oltre la linea della marea. Dopo aver annegato i suoi nuovi seguaci, Aeron fu lieto di andarvi a riposare. "Mio dio" pregò "parlami attraverso il fragore delle onde, dimmi che cosa devo fare. I capitani e i re attendono il tuo verbo. Chi dovrà essere il nostro re al posto di Balon? Cantami nel linguaggio del leviatano, in modo che io possa apprendere il suo nome. Dimmi, o Signore sotto le onde, rivelami chi avrà la forza di affrontare la tempesta addensatasi su Pyke."

Aeron Capelli bagnati era stanco dopo la cavalcata fino a Hammerhorn e ritorno, ma continuò ad agitarsi senza requie nella capanna fatta con il legno restituito dal mare, sotto un tetto di alghe nere. Le nubi vennero a inghiottire la luna e le stelle. Le tenebre si stendevano impenetrabili sul mare così come sulla sua anima. "Balon preferiva Asha, figlia del suo corpo, ma una donna non può dominare gli uomini di ferro. Deve essere Victarion." Nove figli erano nati dai lombi di Quellon Greyjoy, e Victarion era il più forte, un uomo massiccio come un toro, senza paura ma anche pronto al dovere. "Ed è qui che si annida il pericolo." Il fratello minore deve obbedienza al maggiore, e Victarion non era uomo da opporsi alla tradizione. "Non prova alcun affetto per Euron. Non da quando la donna è morta."

All’esterno del rifugio, sopra il russare degli Annegati e il sibilare del vento, Aeron riusciva a udire il martellare delle onde, invocazione alla battaglia del suo dio. Aeron strisciò fuori dalla catapecchia, affrontando il gelo notturno. Nudo si erse, pallido, alto e scavato, e nudo avanzò nel nero mare salato. L’acqua era gelida, ma lui non socchiuse nemmeno gli occhi alla carezza del dio. Un’ondata si abbatté contro il suo petto, facendolo barcollare. L’ondata successiva quasi lo sommerse. Aeron sentiva il sale sulle labbra e avvertiva attorno a sé la presenza del dio, e nelle orecchie gli echeggiava la gloria del canto divino. "Nove figli sono nati dai lombi di Quellon Greyjoy, e di loro io ero l’ultimo, il più debole e spaventato come una ragazzina. Ma non più. Quell’uomo è annegato, e il dio mi ha reso forte." Il freddo sale lo circondava, lo serrava nel proprio abbraccio, si aprì la strada nella sua debole carne di uomo, arrivando fino alle ossa. "Ossa" pensò Aeron. "Le ossa dell’anima. Le ossa di Balon e di Urri. La verità giace nelle nostre ossa, perché la carne imputridisce mentre le ossa permangono. E, sulla collina di Nagga, le ossa del re Grigio…"

Sempre pallido, emaciato e tremante, Aeron Greyjoy arrancò fino alla riva, più saggio di quanto non fosse quando si era abbandonato al mare. Perché nelle sue ossa aveva trovato la risposta e di fronte a lui la via era chiara. La notte era talmente fredda che il suo corpo pareva esalare vapore mentre tornava verso il rifugio di legno e alghe. Ma nel suo cuore ardeva un grande fuoco e per una volta il sonno arrivò facilmente.

Un sonno non disturbato dal cigolio di cardini di ferro.

Al risveglio, il mattino era luminoso e pieno di vento. Aeron fece colazione con brodo di vongole e alghe cotto su un fuoco di legna del mare. Aveva appena finito quando Merlyn scese dalla sua torre, seguito da una mezza dozzina di sguardi.

«Il re è morto» gli annunciò Capelli bagnati.

«Aye. Ho ricevuto un corvo messaggero. E adesso un altro.» Merlyn, un uomo calvo e ben in carne, si autodefiniva "lord" secondo l’usanza delle Terre Verdi e si vestiva di pellicce e velluti. «Un corvo mi convoca a Pyke, l’altro a Dieci Torri. Voi piovre avete troppe braccia: un uomo lo fate a pezzi. Tu che ne dici, prete? Dove dovrei mandare le mie navi lunghe?»