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Questo era più che interessante, ma la vista di una sirena che mangiava gli ricordò delle necessità più impellenti e tassative. La sirena stringeva in una mano un grosso frutto giallo, ovale, e un emisfero che somigliava al guscio di una noce di cocco nell’altra. La corrispondente femminile dell’uomo con le corna caprine era seduta davanti a un fuoco, a pochi metri di distanza, e arrostiva un pesce infilato in un lungo bastone. L’odore gli fece venire l’acquolina in bocca, e il suo stomaco brontolò, imperiosamente.

Per prima cosa, doveva bere qualcosa. Dato che la sola acqua in vista era quella dell’oceano, si diresse verso la spiaggia e poi verso le onde.

L’accoglienza fu quella che si era aspettato: sorpresa, diffidenza, una certa apprensione. Tutti cessarono le loro attività, per quanto fossero interessanti, per guardarlo. Quando si avvicinò ad alcuni di loro, fu accolto da occhi spalancati, da bocche spalancate, e da una subitanea ritirata. Alcuni maschi rimasero fermi dov’erano, ma dal loro aspetto pareva che il minimo gesto di Wolff sarebbe bastato a farli scappare a gambe levate. Non che lui si sentisse di sfidarli, dato che il più gracile aveva dei muscoli che avrebbero facilmente spezzato il suo vecchio corpo stanco.

Si immerse nell’acqua, fino a quando questa non gli arrivò alla cintola, e assaggiò il liquido che lo circondava. Aveva visto che altri bevevano dal mare, e così sperava di trovare l’acqua accettabile. Era fresca e pura, e aveva un aroma che non aveva mai sentito prima. Dopo averne bevuta a sazietà, gli parve di avere ricevuto una trasfusione di sangue giovane. Uscì dall’acqua, e tornò sulla spiaggia, la attraversò e si rituffò nella giungla. Gli altri avevano ripreso a mangiare e a divertirsi, e, sebbene lo fissassero con occhiate penetranti, non gli dissero nulla. Lui sorrise, ma lasciò perdere, quando si accorse che li sconcertava. Nella giungla, cercò e trovò frutti e «noci di cocco» simili a quelli che aveva visto nelle mani della sirena. Il frutto giallo sapeva di pesca, e la polpa della pseudonoce sapeva di carne di manzo, delicatissima, condita con noce moscata.

Dopo, si sentì perfettamente soddisfatto, tranne che in un particolare: sentiva la mancanza della sua pipa. Ma il tabacco era una cosa che sembrava mancare, in quel paradiso.

Nei giorni seguenti, girò per la giungla e passò qualche tempo nell’oceano, o nelle sue vicinanze. Ormai, la popolazione della spiaggia si era abituata alla sua presenza, e molti avevano perfino cominciato a ridere, quando al mattino lui faceva le sue apparizioni. Un giorno, alcuni uomini e donne balzarono su di lui, e, ridendo a squarciagola, gli tolsero i vestiti. Lui corse dietro alla donna che stringeva i suoi pantaloni, ma lei scomparve nella giungla. Quando ritornò, era a mani vuote. Ormai, parlava abbastanza bene da essere compreso, se pronunciava le parole lentamente. I suoi lunghi anni di studio e di insegnamento gli avevano fornito un vasto vocabolario di greco, e doveva soltanto apprendere la cadenza, la pronuncia esatta e un certo numero di parole che non si trovavano nel suo dizionario.

«Perché hai fatto questo?» chiese alla bellissima ninfa dagli occhi neri.

«Volevo vedere quello che nascondevi sotto quegli orribili stracci. Nudo, sei brutto, ma quelle cose addosso ti facevano sembrare anche più brutto.»

«Osceno?» domandò, ma lei non comprese il significato della parola.

Lui si strinse nelle spalle, e pensò, Quando uno è in ballo… Solo che questa non era una sala da ballo, ma sembrava piuttosto il Giardino dell’Eden. La temperatura, diurna e notturna, era dolcissima, e variava al massimo di quattro o cinque gradi. Non era difficile trovare ogni varietà di cibo, non si doveva lavorare, niente tasse, niente politica, nessuna tensione, tranne una tensione sessuale facile a venire soddisfatta, nessun problema razziale o nazionalistico. Non c’erano conti da pagare. Oppure no? Il fatto che non si ottiene niente per niente è il principio basilare su cui si fonda l’universo della Terra In quel luogo succedeva lo stesso? Qualcuno avrebbe dovuto saldare i conti.

Di notte, dormiva su un comodo tappeto d’erba, in un albero cavo. Era uno dei tanti, perché la particolare configurazione di quegli alberi forniva centinaia di comodi asili. Wolff non restava a letto al mattino, comunque. Per alcuni giorni si alzò poco prima dell’alba, e osservò l’arrivo del sole. Arrivo era un termine migliore di sorgere, perché il sole, e questo era sicuro, non sorgeva. Dall’altra parte dell’oceano si levava un’immensa catena montuosa, così alta che non si vedeva la sua fine. Il sole appariva sempre da dietro la montagna, e quando giungeva era già alto sull’orizzonte. Procedeva diritto attraverso il cielo verde, e non calava, ma scompariva quando raggiungeva l’altra estremità della catena montuosa.

Un’ora dopo, appariva la luna. Anch’essa girava attorno alla montagna, appariva alla stessa altezza nel cielo, e scompariva dietro l’estremità opposta della montagna. Una notte sì e una no, pioveva a torrenti per un’ora. Wolff, di solito, si svegliava durante l’acquazzone, perché l’aria si faceva leggermente più fresca. Allora affondava vieppiù nella sua coltre d’erba, rabbrividiva e cercava di riaddormentarsi.

Ogni volta, trovava più difficile farlo. Si metteva a pensare al suo mondo, agli amici e al lavoro e agli svaghi che aveva avuto laggiù… e a sua moglie. Cosa stava facendo Brenda? Senza dubbio, era in pena per lui. Era sgradevole e piagnucolosa e spiacevole, ma, malgrado tutto ciò, lo amava. La sua scomparsa sarebbe stata una perdita e un duro colpo. Comunque, non avrebbe avuto preoccupazioni di ordine finanziario. Aveva sempre voluto fargli sottoscrivere più assicurazioni di quanto fossero le sue disponibilità; era stato un perenne pomo di discordia, questo, tra di loro. Poi, lui si ricordò che la donna non avrebbe ricevuto un centesimo di assicurazione per molto tempo, dato che non sarebbe stato breve il tempo necessario a legalizzare una dichiarazione di morte presunta. Eppure, anche se lei doveva aspettare quel giorno, avrebbe potuto sopravvivere con i sussidi previdenziali. Certo, sarebbe stato uno sbalzo notevole nel suo tenore di vita, ma avrebbe avuto di che sopravvivere.

Una cosa era certa, e cioè che lui non aveva la minima intenzione di tornare indietro. Stava recuperando la sua giovinezza. Sebbene mangiasse in misura notevole, stava perdendo peso, e i suoi muscoli si facevano più forti e più solidi. Aveva una forza nelle gambe e una sensazione di felicità perduta prima dei trent’anni, Il settimo giorno, passandosi una mano sulla testa, scoprì che i capelli gli stavano rispuntando. Il decimo giorno si destò con un forte dolore alle gengive. Si passò un dito sulle gengive, e si chiese se non fosse stato colpito da qualche malanno. Aveva dimenticato l’esistenza delle malattie, perché lui si era sentito incredibilmente bene, e nessuno del popolo della spiaggia, come lui lo chiamava, aveva mai l’aspetto malato.

Le gengive continuarono a dolergli per una settimana, e allora cominciò a bere il liquore fermentato naturalmente nelle «noci di cocktail». Queste crescevano in grossi agglomerati, in cima a un albero dai rami piccoli e gracili, e dalle foglie gialle simili a tabacco da pipa. Quando il guscio simile ai cuoio di una noce veniva spaccato da un sasso acuminato, si sprigionava un odore simile a un cocktail di frutta. Aveva il sapore del gin, con una punta di sherry e un vago sentore di tequila. Serviva benissimo ad alleviare sia il dolore alle gengive che il nervosismo causato dal dolore.

Dieci giorni dopo l’inizio del dolore alle gengive, spuntarono dieci piccoli denti bianchi e sanissimi. Inoltre, le otturazioni d’oro degli altri cominciavano a essere eliminate dal ritorno del materiale naturale. E il suo cranio precedentemente calvo era coperto di folti capelli neri.

E non era tutto. Il nuoto, le corse e le scalate degli alberi avevano cancellato tutto il grasso superfluo. Le vene varicose della vecchiaia erano scomparse, e la sua carne era liscia e solida. Poteva correre a lungo, senza che il respiro gli diventasse affannoso o il cuore gli balzasse in gola. Di questo ne era felice, ma si domandava anche come e perché accadesse.