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Mentre ritornava alla sua casa galleggiante, Thissell si fermò all’ufficio di Welibus.

Welibus alzò la testa dal suo lavoro. — Buon giorno, Ser Thissell.

Thissell venne immediatamente al punto. — Ser Welibus, mi presterebbe uno schiavo per pochi giorni?

Welibus esitò, poi si strinse nelle spalle. — Perché no? — Schioccò l’himerkin e apparve uno schiavo. — Va bene questo? O forse preferisce una giovane femmina? — Ridacchiò in maniera offensiva, secondo il modo di vedere di Thissell.

— Questo andrà benissimo. Glielo riporterò in pochi giorni.

— Non c’è fretta. — Welibus fece un gesto evasivo e ritornò al suo lavoro.

Thissell proseguì verso la sua casa galleggiante, dove interrogò separatamente i due nuovi schiavi e prese degli appunti su un foglio di carta.

Il crepuscolo scese morbido sopra l’Oceano Titanico. Toby e Rex allontanarono la casa dal molo, attraverso le acque d’argento. Thissell sedeva sul ponte ad ascoltare il suono morbido delle voci, il flautato suono degli strumenti e il tintinnare. Le luci delle altre case galleggianti rilucevano gialle e rosse come angurie. La riva era scura; gli Uomini-notte presto si sarebbero avventurati di soppiatto tra i rifiuti a osservare gelosamente dall’altra parte dell’acqua.

In nove giorni il Buenaventura, avrebbe raggiunto Sirene, secondo l’orario; Thissell aveva l’ordine di ritornare a Polypolis. Ce l’avrebbe fatta a trovare Haxo Angmark in nove giorni?

Nove giorni non erano tanti, decise Thissell, ma dovevano per forza bastare.

Passarono due giorni, poi tre, quattro, cinque. Ogni giorno Thissell ritornava a terra e visitava Rolver, Welibus, Kershaul, almeno una volta al giorno.

Ognuno aveva reazioni diverse alla sua presenza. Rolver era sarcastico e irritabile; Welibus era molto formale e, almeno superficialmente, affabile; Kershaul dolce e mellifluo, ma ostentatamente impersonale e distaccato quando conversava.

Thissell si manteneva ugualmente sereno di fronte alle severe facezie di Rolver, alla giocondità di Welibus, alla riservatezza di Kershaul. E tutti i giorni, tornato alla sua casa galleggiante, egli faceva dei segni sulle sue carte.

Passarono anche il sesto, il settimo e l’ottavo giorno. Rolver, abbastanza brutalmente, chiese a Thissell se intendeva fissare il posto sulla Buenaventura. Thissell ci pensò un momento e disse:

— Sì, è meglio che lei prepari il biglietto per una persona.

— Si ritorna al mondo delle facce. — Rolver si strinse nelle spalle. —

Le facce! Pallide facce dappertutto, con gli occhi da pesce. Bocche polpose, nasi nodosi e pungicati; facce piatte e flosce. Non credo che potrei ancora sopportarlo, dopo essere vissuto qui. Per fortuna lei non ha avuto il tempo di diventare davvero un sirenese.

— Ma io non voglio tornare indietro — disse Thissell.

— Pensavo che lei volesse un biglietto.

— Infatti. Per Haxo Angmark. Costui tornerà a Polypolis con il brigantino.

— Bene, bene — disse Rolver. — Sicché lo ha scovato.

— Si capisce — disse Thissell. — Lei no?

Rolver alzò le spalle. — O è Welibus, o è Kershaul, è il massimo che possa dire. Finché quello si tiene la sua maschera e continua a chiamarsi Welibus o Kershaul per me non significa niente.

— Per me ha un grande significato — disse Thissell. — A che ora parte la navicella, domani?

— Alle undici e ventidue in punto. Se Haxo Angmark se ne deve andare, gli dica di essere puntuale.

— Ci sarà — disse Thissell.

Egli fece la solita visita a Welibus e Kershaul, poi, tornato alla casa galleggiante, mise tre altri segni sulle sue carte.

I fatti erano lì, semplici e convincenti. Non erano prove assolutamente incontrovertibili, ma sufficienti a garantirgli una mossa vincente, Controllò la sua arma. Domani sarebbe stato il giorno decisivo. Non poteva fare errori.

L’alba spuntò bianchissima. Il cielo era come l’interno di un’ostrica; Mirella sorse tra la nebbia iridescente. Toby e Rex spinsero la casa al molo.

Le altre tre case degli extra-sirenesi galleggiavano solennemente sulla lenta risacca.

Thissell osservò un battello in particolare, quello il cui proprietario era stato ucciso da Haxo Angmark e poi gettato nel porto. In quel momento questo battello si stava avvicinando alla riva e lo stesso Haxo Angmark stava in piedi sul ponte anteriore, indossando una maschera che Thissell non aveva mai visto prima: una costruzione di piume scarlatte, cristalli neri e verdi, capelli spinosi.

Thissell dovette ammirare la sua calma. Un piano intelligente, intelligentemente progettato ed eseguito… ma guastato da un’insormontabile difficoltà.

Angmark ritornò dentro. La casa galleggiante raggiunse il molo. Gli schiavi lanciarono delle corde di ormeggio e abbassarono lo scalandrone.

Thissell, con la pistola pronta nella tasca del suo abito, camminò lungo il molo e salì a bordo. Spalancò la porta del salone. L’uomo seduto al tavolo sollevò la sua maschera rossa, nera e verde, sorpreso.

Thissell disse:

— Angmark, la prego di non parlare o fare qualche…

Qualcosa di duro e pesante lo colpì da dietro; Thissell venne gettato sul pavimento, mentre la pistola gli fu sottratta abilmente. Dietro di lui schioccò l’himerkin: una voce cantò:

— Lega le mani a questo scemo.

L’uomo seduto dietro il tavolo si alzò in piedi, si tolse la maschera rossa, nera e verde, scoprendone una di stoffa nera da schiavo. Thissell voltò la testa. Sopra di lui torreggiava Haxo Angmark, che indossava una maschera che Thissell riconobbe come un Addomesticatore di Draghi, fabbricata con metallo nero, con un naso tagliente come un coltello, palpebre incavate e tre creste che scendevano verso la nuca.

L’espressione della maschera non mostrava alcuna sensazione, ma la voce di Angmark era trionfante. — Ti ho intrappolato molto facilmente.

— Infatti — disse Thissell. Lo schiavo terminò di legargli i polsi. Uno schiocco dell’himerkin di Angmark lo fece allontanare. — Alzati in piedi

— disse Angmark. — Siediti là.

— Che cosa aspetti? — chiese Thissell.

— Ci sono ancora due dei tuoi amici là sull’acqua. Non ci servono per ciò che ho in mente.

— E sarebbe?

— Lo saprai a tempo debito — disse Angmark. — Abbiamo ancora un’ora o più a disposizione.

Thissell tastò la resistenza dei nodi. Sicuramente erano stati fatti a dovere.

Angmark si sedette. — Com’è che sei arrivato fino a me? Ammetto di essere curioso… Avanti, avanti — lo rimbeccò, poiché Thissell non parlava. — Non puoi riconoscere che ti ho battuto? Non rendere le cose più difficili per te.

Thissell alzò le spalle. — Ho operato su un principio basilare. Un uomo può mascherarsi, ma non può mascherare la propria personalità.

— Ah — disse Angmark. — Interessante. Vai avanti.

— Ho chiesto in prestito uno schiavo da te e dagli altri due extra-sirenesi, quindi li ho interrogati attentamente. Quali maschere avevano indossato i loro padroni il mese prima del tuo arrivo? Ho preparato una carta e ho segnato le loro risposte. Rolver ha indossato l’Uccello Lacustre circa l’ottanta per cento delle volte, il rimanente venti per cento va diviso tra l’Astrazione Sofista e il Nero Complesso. Welibus preferisce gli eroi del Ciclo di Kan Dachan. Egli ha indossato Chalekun, il Principe Intrepido, il Marevano il più delle volte: sei giorni su otto. Negli altri due giorni egli ha indossato il suo Vento del Sud, oppure il suo Compagnone Allegro. Kershaul, più conservatore, ha preferito il Gufo delle Caverne, il Vagabondo delle Stelle e due o tre altre maschere che ha indossato di tanto in tanto.