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Thissell si lasciò cadere in una sedia e fissò imbronciato il vuoto. Oggi aveva subito una serie di umiliazioni, ma non era ancora sconfitto; non fosse mai detto. Domani sarebbe andato a visitare Mathcw Kershaul; avrebbero discusso sul miglior sistema per individuare Angmark. Come aveva sottolineato Kershaul, un altro extra-sirenese non poteva sfuggire all’attenzione; l’identità di Haxo Angmark sarebbe stata immediatamente evidente. Per di più, domani si sarebbe dovuto procurare un’altra maschera.

Niente di eccessivo o vanaglorioso, ma una maschera che esprimesse un minimo di dignità e di autorispetto.

In quel momento uno degli schiavi picchiò sul legno della porta e Thissell si affrettò a infilare in testa l’odiato Faleno Lunare.

Il mattino dopo, presto, prima che la luce dell’alba avesse abbandonato il cielo, gli schiavi riportarono la casa galleggiante in quella sezione del molo riservata agli extra-sirenesi. Non erano arrivati né Rolver, né Welibus, né Kershaul, e Thissell aspettava con molta impazienza. Dopo un’ora Welibus portò la sua nave al molo. Thissell non voleva parlare con Welibus, per cui se ne rimase chiuso in cabina.

Poco dopo la barca di Rolver fu parimenti attraccata al molo. Thissell vide Rolver attraverso la finestra: indossava il solito Uccello Lacustre e si arrampicò sul molo. Qui venne avvicinato da un uomo con una gialla Tigre della Sabbia, piena di peli, che suonava un formale accompagnamento col suo gomapardo per il messaggio che stava comunicando a Rolver.

Rolver parve sorpreso e irritato. Un attimo dopo, pur continuando a suonare il gomapardo e continuando a cantare, indicò la casa galleggiante di Thissell. Poi, dopo essersi inchinato, se ne andò per i fatti suoi.

L’uomo con la Tigre della Sabbia si arrampicò vestito di pesante dignità sul galleggiante e batté sul parapetto della casa galleggiante di Thissell.

Thissell uscì fuori. L’etichetta sirenese non richiedeva che egli invitasse un occasionale visitatore a bordo, per cui si limitò a fare un accordo interrogativo sullo zacinko.

La Tigre della Sabbia suonò il suo gomapardo e cantò:

— L’alba sulla baia di Fan è di solito una splendida occasione; il cielo è illuminato di colori gialli e verdi; quando Mirella sorge, le nebbie bruciano e fremono come fiamme. Colui che canta ricava grande gioia da quest’ora, a meno che il cadavere galleggiante di un extra-sirenese non compaia a guastare la tranquillità della scena.

Lo zacinko di Thissell produsse un suono interrogativo, quasi sullo stesso accordo dell’altro; la Tigre della Sabbia si inchinò con dignità. — Chi canta non conosce pari per risolutezza di carattere; comunque non lo turba essere disturbato dalle stramberie di un fantasma irrequieto. Egli ha perciò ordinato ai suoi schiavi di attaccare una cinghia ai fianchi del cadavere e, mentre siamo stati qui a conversare, essi hanno legato il cadavere alla poppa della tua casa galleggiante. Tu gli amministrerai quei riti che sono previsti per gli extra-sirenesi. Colui che canta ti augura un buon giorno e se ne va.

Thissell corse alla poppa della casa. Lì galleggiava il cadavere di un uomo maturo, seminudo e senza maschera, tenuto a galla dall’aria che era rimasta intrappolata nelle brache.

Thissell studiò la faccia del morto, che gli parve priva di carattere e insulsa… forse a causa dell’abitudine di portare sempre una maschera. Il corpo pareva di media statura e di medio peso.

Thissell stimò che dovesse avere un’età tra i quaranta e i cinquanta. I capelli erano genericamente scuri, la faccia era enfiata dall’acqua. Non c’era niente che indicasse come fosse morto l’uomo.

Doveva essere Haxo Angmark, pensò Thissell. Chi altro poteva essere?

Mathew Kershaul? Perché no? Thissell si sentì a disagio. Rolver e Welibus erano già sbarcati e se ne erano andati per i fatti loro. Guardò lungo la baia per localizzare la casa galleggiante di Kershaul e scoprì che era già legata al molo. Proprio mentre guardava, Kershaul saltò a terra, indossando la sua maschera da Gufo delle Caverne.

Pareva di umore distratto, infatti passò accanto alla casa di Thissell senza nemmeno sollevare gli occhi dal molo.

Thissell si voltò di nuovo verso il cadavere. Angmark, allora, senza dubbio. Non erano forse sbarcati tre uomini dalle case galleggianti di Rolver, Welibus e Kershaul, indossando le maschere che li caratterizzavano? Ovviamente, il cadavere di Angmark… La facile soluzione rifiutava di sistemarsi tranquillamente nel cervello di Thissell. Kershaul aveva sottolineato che un altro extra-sirenese sarebbe stato facilmente identificato. Come poteva nascondersi Angmark se non… Thissell scacciò il pensiero. Il cadavere era ovviamente di Angmark.

E poi…

Thissell chiamò gli schiavi, diede ordine che portassero un adatto contenitore sul molo, che ci trasferissero dentro il cadavere e che lo portassero in un adatto luogo di riposo. Gli schiavi non dimostrarono molto entusiasmo per il compito affidato loro e Thissell fu costretto a tuonare con forza, se non con abilità, sul suo himerkìn, per dare enfasi ai suoi ordini.

Camminò lungo il molo, voltò verso la spianata, superò l’ufficio di Cornely Welibus e si incamminò lungo il piacevole sentierucolo che portava al campo di atterraggio.

Quando arrivò scoprì che Rolver non era ancora comparso. Un caposchiavo, si capiva dalla coccarda gialla che portava sulla nera maschera di stoffa, chiese se poteva essere d’aiuto. Thissell disse che doveva mandare un dispaccio a Polypolis.

Non c’era nessuna difficoltà, dichiarò lo schiavo. Se Thissell avesse scritto il messaggio tutto in maiuscolo, egli lo avrebbe immediatamente spedito.

Thissell scrisse:

Extra-sirenese trovato morto, probabilmente Angmark. Età quarantotto anni, fisico medio, capelli castani. Altri segni di identificazione assenti. Attendo cenno di ricevuta e/o istruzioni.

Indirizzò il messaggio a Castel Cromartin a Polypolis e lo diede al capo schiavo. Un attimo dopo udì il caratteristico sputacchiare del comunicatore transpaziale.

Passò un’ora e Rolver non comparve. Thissell camminava incessantemente avanti e indietro di fronte all’ufficio. Non si poteva dire quanto avrebbe dovuto aspettare: il tempo nella trasmissione transpaziale variava in maniera imprevedibile. Certe volte i messaggi arrivavano in qualche microsecondo; certe volte vagavano per ore in regioni sconosciute; poi c’erano diversi esempi autenticati di messaggi ricevuti prima di essere stati trasmessi.

Passò ancora mezz’ora e finalmente arrivò Rolver, con la sua solita maschera da Uccello Lacustre. Nello stesso tempo si udì il fischio del messaggio che arrivava.

Rolver parve sorpreso di vedere Thissell. — Cosa la porta qui tanto presto?

Thissell spiegò:

— Per via del cadavere di cui mi ha riferito stamani. Ho mandato una comunicazione ai miei superiori su questo argomento.

Rolver alzò la testa e ascoltò il rumore del messaggio che stava arrivando. — Pare che lei stia ottenendo risposta. Meglio che io vada a vedere.

— Perché se ne preoccupa? — chiese Thissell. — Il suo schiavo sembra efficiente.

— È lavoro mio — dichiarò Rolver. — Sono responsabile della precisione nella spedizione e nella ricezione degli spaziogrammi.

— Vengo con lei — disse Thissell. — Ho sempre desiderato vedere come funzionano quelle cose.

— Temo che sia irregolare — disse Rolver. Andò alla porta che conduceva nel reparto interno. — Avrò il suo messaggio in un istante.