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— T’ho detto l’altro giorno che mi sentivo insoddisfatto senza niente da fare, — continuò Billy Ray, dopo che arrivarono i menu.

— Prurito — dissi.

— È una buona parola. Sentivo come un prurito, infatti, e mentre tornavo in macchina da Lodgepole, ho scoperto il motivo di quel prurito. — Mi prese la mano.

— E cioè? — domandai.

— Te.

Ritrassi involontariamente la mano e lui disse: — Ah, lo so che per te è un po’ una sorpresa. È stata una sorpresa anche per me. Guidavo fra le Rockies sentendomi depresso, come se niente mi importasse più, poi ho pensato: chiamo Sandy; e dopo la telefonata ho pensato: forse dovremmo sposarci.

— Sposarci? — squittii.

— Voglio dirti prima di tutto che, quale che sia la tua risposta, puoi tenere le pecore per tutto il tempo che vuoi. Senza condizioni. E so che hai una carriera davanti a te e che non vuoi rinunciarci. Ci ho pensato. Potremmo sposarci appena avrai concluso quella faccenda del taglio alla maschietta, e poi potremmo stabilirci nel ranch, con fax e modem ed e-mail. Non ti accorgerai neppure di non essere più alla HiTek.

A parte il fatto, pensai con poca coerenza, che non ci saranno Flip e Alicia. E che non dovrò andare ai meeting e fare esercizi di sensitività. Ma… sposata!

— Ora, non devi darmi la risposta proprio subito — proseguì Billy Ray. — Prenditi tutto il tempo che vuoi. Io ho avuto un paio di centinaia di miglia per rifletterci. Puoi farmelo sapere dopo il dessert. Fino a quel momento ti lascio in pace.

Prese un menu, tutto rosso e illustrato con un orso russo, e cominciò a leggere; io rimasi a fissare lui, cercando di capire. Matrimonio. Billy Ray voleva che lo sposassi.

Be’, perché no? Era un ragazzo simpatico, disposto a farsi in macchina centinaia di miglia per vedermi; io, come avevo detto ad Alicia, avevo trentun anni, e dove ne avrei trovato un altro così? Negli annunci personali, con gli atletici e premurosi NF che non erano neanche disposti ad attraversare la strada per un appuntamento?

Billy Ray si era sciroppato tutta quella strada, venendo da chissà dove, nella remota speranza di portarmi a cena. Mi aveva prestato un gregge e anche una guida. E i suoi guanti. Dove ne avrei trovato un altro così bravo? Alla HiTek nessuno avrebbe chiesto la mia mano, di sicuro.

— Cosa prendi? — mi chiese Billy Ray. — Io proverò gli gnocchi di patate.

Presi borscht insaporito al basilico (che non ricordavo fosse previsto nella cucina siberiana) e gnocchi di patate. Cercai di riflettere. Che cosa volevo veramente?

Scoprire da dove derivava il taglio alla maschietta, pensai, e capii che le probabilità di riuscire nell’impresa erano quasi uguali a quelle di vincere il Niebnitz. Nonostante la teoria di Feynman che il lavoro in un campo totalmente diverso stimola le scoperte scientifiche, non ero più vicina di prima a individuare l’origine delle mode. Forse mi occorreva andare via dalla HiTek, all’aria fresca, in un isolato ranch del Wyoming.

— Via dalla pazza folla — mormorai.

— Prego? — disse Billy Ray.

— Niente, niente — dissi, e lui tornò alla sua cena.

Lo guardai mangiare gli gnocchi. Assomigliava davvero a Brad Pitt. Era terribilmente alla moda… ma forse sarebbe stato un vantaggio per il mio progetto. E poi non ci saremmo dovuti sposare subito. Aveva detto che potevo aspettare fino alla conclusione del mio progetto. E, a differenza del dentista di Flip, non avrebbe badato al fatto che, mentre ero impegnata nel lavoro, sarei stata geograficamente incompatibile.

Flip e il suo dentista, pensai. Mi domandai a disagio se non fosse solo un’altra moda. Quell’articolo diceva che il matrimonio era “in” e che tutte le bambine andavano pazze per Barbie Sposa Romantica. La madre di Lindsay pensava di risposarsi malgrado l’esperienza con quello stupido di Matt, Sarah cercava di convincere Ted a farle la proposta di matrimonio e Bennett lasciava che Alicia scegliesse per lui le cravatte. E se avessero fatto tutti quanti parte di una moda di coinvolgimento? Ero ingiusta verso Billy Ray. Amava ciò che era alla moda, poteva perfino fare la coda in una tempesta di neve per un’ora e mezzo, ma non avrebbe mai sposato una donna solo perché il matrimonio era “in”. E se fosse stata una mania passeggera? Le mode non sono poi tutte cattive. Basta pensare al riciclaggio dei rifiuti e al movimento per i diritti civili. E al valzer. E poi cosa c’è di male a seguire la moda, una volta tanto?

— È il momento del dessert — disse Billy Ray, guardandomi da sotto la tesa del cappello.

Chiamò la cameriera, che ci elencò le solite cose: crème brûlée, tiramisù, budino di pane.

— Niente cheesecake al cioccolato? — chiesi.

Lei roteò gli occhi.

— Cosa prendi? — mi domandò Billy Ray.

— Dammi un minuto — risposi. — Fai tu, intanto.

Billy Ray sorrise alla cameriera. — Prendo il budino di pane.

— Budino di pane? — ripetei, stupita.

La cameriera venne in aiuto: — È il nostro dessert più popolare.

— Pensavo che non ti piacesse — dissi a Billy Ray.

Mi guardò con aria assente. — Quand’è che l’ho detto?

— In quel posto dove mi hai portato, quello con cucina della prateria. Il Kansas Rose. Prendesti un tiramisù.

— Più nessuno mangia i tiramisù — disse Billy Ray. — Adoro il budino di pane.

ANIMALI DA COMPAGNIA VIRTUALI

(AUTUNNO 1994 – PRIMAVERA 1996)

Moda riguardante un gioco computerizzato giapponese costituito da un animale da compagnia programmato. Il cagnolino o gattino cresce se il padrone lo nutre e lo fa giocare, impara trucchi (i cani, si presume, non i gatti) e deperisce se trascurato. Moda nata dall’amore dei giapponesi per gli animali e da un problema di sovrappopolazione che rende poco pratico tenere animali da compagnia.

Il mattino seguente incontrai Ben nel parcheggio. — Dov’è la guida? — mi domandò.

— Non è con le altre pecore? — Scesi in fretta dalla macchina. Non mi sarei dovuta fidare di Flip, lo sapevo! — Billy Ray mi ha detto d’averla messa nel paddock.

— Be’, se c’è, non si distingue dalle altre.

Aveva ragione, non si distingueva. Una rapida conta mostrò che c’era una pecora in più, la guida, ma era impossibile stabilire quale fosse.

— Che aspetto aveva, quando il suo amico l’ha messa nel paddock?

— Non c’ero — confessai. Guardai le pecore e cercai di individuarne una che avesse un aspetto diverso dalle altre. — Avrei dovuto venire giù a controllare, lo sapevo. Ma stavamo per andare a cena e…

— Già — m’interruppe lui. — Meglio cercare Shirl.

Shirl era introvabile. Cercai nella stanza delle fotocopie e all’Economato, dove Desiderata si esaminava le doppie punte dei capelli.

— Cosa ti è successo, Desiderata? — domandai, notando sul banco delle ciocche tagliate.

— Non riuscivo a togliere il nastro adesivo — disse sconsolata, mostrandomi una ciocca ancora avvolta. — Peggio di quando ho provato il mastice.

Trasalii. — Sai dov’è Shirl?

— Sarà da qualche parte a fumare — rispose lei, con disapprovazione. — Non sai quanto fa male il fumo passivo-passivo?

— Quasi quanto il nastro — replicai. Scesi nel laboratorio di Alicia, nell’eventualità che Shirl fosse là a inserire per lei nel computer altri dati statistici.

Shirl non era lì a inserire dati statistici, ma c’era Alicia, con una blusa di seta rosa postmoderno e pantaloni palazzo. — Nessun vincitore del Niebnitz Grant era un fumatore — mi rispose quando le domandai se avesse visto Shirl.