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— No — disse Ben, massaggiandosi lo stomaco. — Aveva ragione il poeta: “La pecora è animal pericoloso”.

Al quinto tentativo riuscimmo a farle leccare la melassa. Tavolette di cibo tintinnarono nel trogolo. La guida le osservò con interesse per un minuto buono (durante il quale Ben guardò me e incrociò le dita), poi sgroppò e mi colpì con precisione alle caviglie, costringendomi a mollare la cavezza. Allora si tuffò a capofitto nel gregge disperdendo le pecore, una delle quali finì dritta contro una gamba di Ben.

— Guardi il lato bello — dissi, massaggiandomi le caviglie. — Alle due c’è un meeting di tutto lo staff.

Zoppicando Ben recuperò la cavezza, che si era staccata. — Il burro di arachidi dovrebbe piacere alle pecore.

Alla guida non piaceva il burro di arachidi né il sedano né che noi pestassimo i piedi per incoraggiarla. Le piaceva imbizzarrirsi invece, rinculare e cercare di togliersi il collare. Quando mancava un quarto all’una, Ben guardò l’orologio e disse: — È quasi ora del meeting. — Non obiettai nemmeno.

Salii zoppicando al laboratorio di statistica, mi diedi una sciacquata per togliermi di dosso lanolina e terriccio e salii al meeting, con la speranza che Grancapo considerasse il mio aspetto un genuino sforzo di vestire casual.

Sarah mi incrociò sulla porta della sala mensa.

— Non è fantastico? — disse, mettendomi sotto il naso la mano sinistra. — Ted mi ha chiesto di sposarlo!

Quel Ted riluttante a lasciarsi coinvolgere?, pensai. Quello che aveva gravi problemi affettivi e che nell’intimo era un bambino cattivo?

— Siamo stati a fare un’arrampicata sul ghiaccio, e lui ha piantato il chiodo e ha detto: “Ecco, so che l’aspettavi” e mi ha dato l’anello. Non me lo sono nemmeno fatto. Era così romantico! Gina, guarda! — riprese, avanzando a passo di carica verso la vittima seguente. — Non è fantastico?

Entrai nella sala mensa. Grancapo era in piedi in fondo alla sala, vicino a Flip. Portava jeans con la piega. Flip portava calzoni da toreador blu Cerenkhov e un cappello floscio calato sulle orecchie. Tutt’e due avevano T-shirt con le lettere GAGS sul petto.

— Oh, no! — mormorai, chiedendomi quali sarebbero state le conseguenze per il nostro progetto. — Un altro acronimo!

— Gestione per Avanzamento Gerarchico Sistematizzato — disse Ben, sistemandosi sulla sedia accanto a me. — È il tipo di gestione in uso nel nove per cento delle compagnie i cui scienziati hanno vinto il Niebnitz Grant.

— Ossia quante?

— Una. E lo usava solo da tre giorni.

— Significa che dovremo rifare domanda per il finanziamento del nostro progetto?

Ben scosse la testa. — Ho chiesto a Shirl. Non hanno ancora fatto stampare i nuovi moduli di finanziamento.

— Oggi abbiamo in agenda un mucchio di cose — esordì Grancapo. — Per cui cominciamo. Primo, ci sono stati alcuni problemi con l’Economato, e per rimediare abbiamo creato un nuovo modulo di approvvigionamento rapido. Il direttore agevolazione messaggi interdipartimentali… — con un cenno indicò Flip, che reggeva una massiccia pila di fascicoli — li distribuirà.

— Il direttore agevolazione messaggi interdipartimentali? — borbottai.

— Si accontenti che non l’abbiamo fatta vicepresidente.

— Secondo — disse Grancapo — vorrei comunicarvi alcune eccellenti notizie relative al Niebnitz Grant. La dottoressa Alicia Turnbull ha lavorato con noi su una strategia che implementeremo oggi. Ma prima, ciascuno di voi scelga un partner…

Ben mi afferrò la mano.

— …e si alzi, mettendosi di fronte a lui o a lei.

Ci alzammo. Alzai le mani, palme in fuori. — Se dobbiamo dire tre cose che ci piacciono sulle pecore, me ne vado.

— Bene, HiTekiani — disse Grancapo — ora voglio che ciascuno abbracci stretto il partner.

— La prossima grande moda alla HiTek saranno le molestie sessuali — dissi, e Ben mi prese tra le braccia.

— Su, su, non tutti partecipano — disse Grancapo. — Un bell’abbraccio!

Le braccia di Ben, nelle maniche di plaid sbiadito, mi attirarono più vicino e mi strinsero. Misi le mani attorno al collo di Ben. Il cuore cominciò a battermi forte.

— Un abbraccio vuol dire: “Grazie di lavorare con me” — proseguì Grancapo. — Un abbraccio vuol dire: “Apprezzo la tua essenza individuale”.

Avevo la guancia contro l’orecchio di Ben. Ben odorava lievemente di pecora. Sentivo il suo cuore battere forte, il calore del suo alito sul mio collo. Trattenni il respiro.

— Adesso, HiTekiani — disse Grancapo — voglio che ciascuno guardi il partner… sempre abbracciandolo, non lasciatelo andare… e gli o le dica quanto sia importante per lei o lui.

Ben alzò la testa, sfiorandomi con le labbra i capelli, e mi guardò. I suoi occhi grigi dietro le lenti erano seri.

— Io… — dissi, sottraendomi di scatto all’abbraccio.

— Dove va? — disse Ben.

— Devo… Ho appena pensato una cosa che si collega alla mia teoria sul taglio alla maschietta — dissi affannosamente. — Devo inserirlo nel computer prima che mi passi di mente. Sulle maratone di ballo.

— Aspetti. — Mi afferrò per la mano. — Pensavo che le maratone di ballo risalissero solo agli anni Trenta.

— Vennero di moda nel 1927. — Mi divincolai.

— Ma sempre dopo la moda dei capelli alla maschietta, no? — disse Ben. Ormai però ero fuori, su per le scale.

SERTI DI CAPELLI (1870 – 90)

Moda vittoriana di artigianato macabro, secondo la quale i capelli di una persona amata defunta erano confezionati come fossero fiori. I capelli (ottenuti in un modo o nell’altro) venivano intrecciati per farne bouquet e serti, e sistemati sotto una cupola di vetro oppure incorniciati e appesi alla parete. Soppiantata dal movimento per il diritto di voto, dal croquet e da Elinor Glyn. La moda dei serti di capelli può aver contribuito alla moda del taglio alla maschietta degli anni Venti.

Importanti conquiste scientifiche sono state avviate da ogni sorta di cose — mele, zampe di rana, lastre fotografiche, fringuelli — ma la mia è di sicuro l’unica che sia stata avviata da uno degli stupidi esercizi di sensitività di Grancapo.

Non mi fermai finché non fui nel laboratorio di statistica. Mi strinsi nelle braccia e mi appoggiai alla porta, ansimando e ripetendomi: — Stupida, stupida, stupida.

In teoria ero una grande esperta nell’individuare mode, ma avevo impiegato settimane per capire dove questa mi portava. Per tutto il tempo avevo pensato di essere interessata solo alla sua immunità alle mode. Avevo preso appunti sulle sue scarpe di tela e sulle sue cravatte. Avevo perfino preso in seria considerazione la proposta di Billy Ray. E per tutto il tempo…

Qualcuno percorreva il corridoio. Mi affrettai a sedermi al computer, richiamai un file e fissai lo schermo senza vederlo.

— Sei impegnata? — disse Gina, entrando.

— Sì.

— Oh. — La sua espressione diceva chiaramente: “Non sembri impegnata”. — Non riuscivo a trovarti, dopo il meeting. Ho fatto un bagno-break proprio prima che iniziasse l’esercizio di sensitività. Quando sono tornata eri sparita. Volevo solo darti l’elenco dei negozi di giocattoli che ho già provato, così non perdi tempo.

— Giusto. Farò il giro questa settimana.

— Oh, non c’è fretta. Il compleanno di Bethany è fra due settimane, ma mi innervosisce il fatto che neppure Toys-R-Us aveva quella Barbie. La madre di Chelsea ha trovato da Toys-R-Us quella per Brittany e ha detto che era l’unico negozio ad averla. — Corrugò la fronte. — Stai bene? Sembri una che sia stata mandata in camera per un ritiro.