— Lavoro a un progetto sulle mode — spiegai. — Cosa le determina, da dove provengono.
— Da dove provengono?
— Non ne ho idea. E se non torno al lavoro, non l’avrò mai. — Gli tesi di nuovo la mano. — Sono lieta d’averla conosciuta, dottor O’Reilly. — Cominciai a ripercorrere il labirinto.
Lui mi seguì. — Non mi era mai venuto in mente di insegnare ai macachi l’hula-hoop — disse pensieroso.
Fui sul punto di dire che lì secondo me non ci sarebbe stato spazio, ma erano quasi le sei e prima di andare a casa dovevo almeno togliere dal pavimento i mucchietti di ritagli e metterli in varie cartelline.
Così salutai di nuovo il dottor O’Reilly e tornai su a Sociologia. Flip era ferma nel corridoio, le mani sui fianchi della microgonna di pelle.
— Sono tornata e lei era andata via — mi assalì, come se mi incolpasse d’averla lasciata a sprofondare nelle sabbie mobili.
— Ero giù a Biologia.
— Sono dovuta tornare fin qui dal Personale — continuò lei, agitando il ciuffo di capelli. — Mi ha detto di tornare!
— Mi ero messa l’animo in pace, con te, e ho consegnato io stessa il pacco — replicai, aspettandomi che protestasse e dicesse che era compito suo consegnare la posta. Avrei dovuto avere più buon senso: in quel modo avrebbe ammesso d’essere realmente responsabile di qualche cosa.
— Ho cercato il pacco per tutto l’ufficio — disse Flip, in tono virtuoso. — Poi, mentre aspettavo, ho raccolto tutte le cartacce che lei ha lasciato per terra e le ho buttate nella spazzatura.
LA BOTTEGA DI VECCHIE CURIOSITÀ (1840 – 41)
Moda d’origine letteraria, nata dalla pubblicazione a puntate del romanzo di Dickens su una bambina e il suo sventurato nonno, cacciati dalla loro bottega e costretti a vagare per l’Inghilterra. L’interesse per quel libro fu così grande che in America la gente affollò il molo in attesa che la nave dall’Inghilterra portasse la puntata successiva e, incapace di aspettare che la nave terminasse la manovra d’ormeggio, gridò ai passeggeri: “La Piccola Nell è morta?”. La bambina era morta e la cosa provocò sofferenza e cordoglio in lettori di ogni età, sesso e grado di durezza d’animo. Nel West, mandriani e minatori piansero apertamente sulle ultime pagine, mentre un parlamentare irlandese gettò dal treno il libro e scoppiò in lacrime.
Le sorgenti del Tamigi non sembrano sorgenti. Sembrano un pascolo e neanche tanto inzuppato d’acqua. Non ci cresce nemmeno una sola pianta acquatica. Se non fosse per un vecchio pozzo, ora riempito di pietre, sarebbe impossibile perfino localizzare il punto. Le mucche, non interessate alle pietre, vagano pigramente sopra le sorgenti, ruminando ranuncoli e carote selvatiche, inconsapevoli del fatto che sotto i loro zoccoli ha origine qualcosa di importante.
La scienza è perfino meno ovvia. Comincia con una mela che cade, con un bricco da tè che bolle. Alex Fleming, mentre dava un’ultima occhiata al suo laboratorio prima di uscire per un lungo fine settimana, non vide nulla di importante nella finestra socchiusa, nell’aria fuligginosa della stazione Paddington che entrava nella stanza. Mentre raccoglieva gli appunti e raccomandava ai suoi assistenti di non toccare niente e chiudeva a chiave la porta, non notò che il coperchio di una delle vaschette di coltura era scivolato di lato di qualche millimetro. Pensava solo alla vacanza, alle commissioni da fare, al ritorno a casa.
Ero nelle sue stesse condizioni. L’unica cosa di cui mi rendevo conto era che Flip aveva accuratamente appallottolato ogni ritaglio, prima di gettarlo nel cestino, e che non avevo modo di lisciarli tutti quella sera. Come risultato, non solo non mi accorsi del primo evento di una catena che avrebbe portato a una scoperta scientifica, ma fui sul punto di perdermi anche il secondo. E il terzo.
Misi il cestino della carta straccia sul banco del laboratorio, sopra la mia ricerca sul jitterbug, sigillai col nastro adesivo la parte superiore della scatola, vi incollai un’etichetta che diceva: NON TOCCARE! MI RIFERISCO A TE, FLIP! e andai all’auto. Nel parcheggio pensai che probabilmente Flip non sapeva nemmeno leggere e tornai in ufficio a prendere il cestino della carta straccia.
Mentre aprivo la porta, squillò il telefono. — Come va? — disse Billy Ray, quando risposi. — Indovina dove sono?
— Nel Wyoming? — tentai. Billy Ray era il proprietario di un ranch di Laramie. Uscivamo insieme, qualche tempo prima, quando facevo ricerche sui balli dei cowboy.
— Nel Montana — disse Billy Ray. — A metà strada fra Lodge Grass e Billings. — Quindi chiamava dal cellulare. — Sono in viaggio per vedere delle Targhee. Sono le più in voga del momento.
Immaginai che fossero anche mucche. Al tempo della mia fase balli, le più in voga del momento erano state le Longhorn Aberdeen. Billy Ray era un simpatico ragazzo e un compendio ambulante di mode country-western. Due piccioni con una fava.
— Questo sabato sono a Denver — disse Billy Ray, con un balbettio che significava che il cellulare cominciava a trovarsi fuori portata. — Per un seminario sull’uso dei computer nella conduzione dei ranch.
Mi domandai oziosamente quale sarebbe stato l’acronimo. Metodologia Ultimativa Conduzione Computerizzata Allevamento?
— Così ho pensato che potevamo mangiare un boccone insieme. A Boulder c’è un nuovo locale prateria.
La cucina della prateria era l’ultimo grido. — Mi dispiace — dissi, guardando il cestino sul tavolo. — Ho avuto un imprevisto. Questo fine settimana mi tocca lavorare.
— Dovresti solo cacciare tutto dentro il computer e far lavorare lui. Io ho infilato nel PC il mio intero ranch.
— Lo so — dissi. Magari fosse stato così semplice!
— Ti serve uno scanner di testi — disse Billy Ray, mentre il ronzio del cellulare diventava più insistente. — Così non devi neppure battere sui tasti.
Chissà se uno scanner legge anche i fogli spiegazzati, pensai.
Il ronzio divenne una serie di scariche. — Bene, facciamo per un’altra volta — disse più o meno Billy Ray e finì nell’oblio cellulare.
Riagganciai la mia modesta cornetta non cellulare e presi il cestino. Sotto, semisepolti nella ricerca sul jitterbug, c’erano i libri che già da due giorni avrei dovuto restituire alla biblioteca. Li misi sopra la striscia di nastro adesivo, che resse, presi il cestino della carta straccia, portai il tutto in macchina e andai alla biblioteca.
Visto che passo i giorni lavorativi a studiare mode, molte delle quali sono francamente disgustose, ho l’impressione che sia mio dovere, dopo il lavoro, incoraggiare quelle che mi piacerebbe vedere attecchire, come la segnalazione di cambio di corsia e il cheesecake al cioccolato. E la lettura.
Inoltre le biblioteche sono ottimi luoghi per osservare tendenze nei bestseller e nella gestione delle biblioteche. E nell’abbigliamento delle bibliotecarie.
— Cosa c’è nella lista prenotazione di questa settimana, Lorraine? — domandai alla bibliotecaria seduta al banco. La donna portava una felpa mélange bianco e nero, con la scritta POPPAMENTE FANTASTICO, e un paio di orecchini a mucca Holstein bianca e nera.
— Sotto la guida del fato — rispose. — Ancora. La lista prenotazione è lunga un braccio. Lei è… — Guardò lo schermo del computer e contò. — Al quinto posto. Era al sesto, ma la signora Roxbury ha rinunciato.
— Davvero? — dissi interessata. Di solito un libro non passa di moda finché non esce il seguito, momento in cui i lettori si rendono conto d’essere stati fregati. Come Storia di Oliver e Valzer lento a Cedar Bend. Ecco perché la moda di Via col vento tenne duro per quasi sei anni, col risultato di migliaia d’infelici marmocchi costretti a vivere col nome di Rhett o, ancora peggio, Ashley. Se Margaret Mitchell fosse venuta fuori con Valzer lento a Tara Bend, tutto sarebbe finito. La qual cosa mi ricordò che avrei dovuto controllare se c’erano stati crolli di popolarità di Via col vento dopo la pubblicazione di Rossella.