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Un ritiro. Devi solo startene lì tranquilla, signorina, finché non hai il controllo dei tuoi sentimenti.

— Sto benissimo — risposi. — Avrei dovuto seguire il tuo consiglio e fare anch’io un bagno-break, ecco tutto.

Gina annuì. — Gli esercizi di sensitività ti distruggono. Bene, ti lascio lavorare. — Mi diede un colpetto sulla spalla.

— Ti troverò Barbie Sposa Romantica, non preoccuparti. Te la troverò io. — Cominciai a frugare alla cieca in una pila di ritagli.

Appena Gina fu uscita, chiusi la porta, tornai a sedermi al computer e fissai lo schermo.

Il file che avevo aperto conteneva il modello grafico del taglio alla maschietta. Era lì sullo schermo, con le sue linee colorate che si intersecavano e con quel raggruppamento anomalo a Marydale, Ohio, simile a un rimprovero.

Come potevo sperare di capire che cosa avesse spinto le donne a tagliarsi i capelli settant’anni prima se non capivo neppure che cosa spingeva me?

Non avevo avuto neanche un preavviso. Finché Ben non mi aveva messo le braccia al collo e mi aveva attirato a sé, avevo pensato in tutta onestà di aver cercato di salvare il suo progetto perché non potevo più sopportare Flip. Avevo perfino pensato che il motivo per cui ero irritata con Alicia fosse il suo tentativo di produrre scienza a comando. E per tutto il tempo…

Sentii un rumore nel corridoio e allungai le mani sulla tastiera. Dovevo sembrare impegnata, così nessun altro sarebbe venuto a disturbarmi.

Fissai il modello e gli schemi che si intersecavano, le curve che si incrociavano, ogni evento che entrava in collisione con ogni altro, e portava inevitabilmente a un risultato.

Come il mio fallimento. E forse ciò che avrei dovuto fare in quel momento era proprio rappresentare il mio fallimento, mettere in un grafico gli eventi e le interazioni che mi avevano portato a quella situazione critica. Richiamai il programma di pittura e tentai di ricostruire in un nuovo file l’intera débâcle.

Avevo preso in prestito le pecore di Billy Ray. No, tutto era iniziato prima, con Grancapo e il GRIM. Grancapo aveva ordinato un nuovo modulo per finanziamenti e quello di Ben era andato perso, e io avevo proposto di unire i nostri due progetti. E Grancapo aveva approvato, perché voleva che uno scienziato della HiTek vincesse il Niebnitz Grant.

Cominciai a tracciare le linee di collegamento, dai meeting ai moduli e a Shirl, la nuova assistente che mi aveva portato quella copia extra delle pagine mancanti che io avevo portato giù a Ben, fino ad Alicia, che voleva collaborare con Bennett per vincere un Niebnitz. E all’indietro, tracciai le linee fino a Grancapo e al GRIM. E a Flip.

— Ha lasciato il meeting in anticipo — disse Flip in tono di rimprovero, aprendo la porta. Portava ancora il cappello calato sulle orecchie, ma si era tolta la T-shirt GAGS e portava un abito trasparente sopra una tuta molto attillata che pareva fatta di nastro adesivo blu Cerenkhov.

— Non ha avuto il nuovo modulo di approvvigionamento rapido — continuò, e mi porse un fascicolo. — E io volevo farle una domanda.

— Sono occupata, Flip.

— Ci vuole solo un minuto! Lo so, è ancora arrabbiata perché ho risposto all’annuncio, ma lei è l’unica a cui posso rivolgermi. Desiderata e Shirl sono proprio arrabbiate con me.

“Chissà mai perché?” pensai. — Sono davvero occupata, Flip.

— Basta un minuto. — Avvicinò al computer uno sgabello e vi si appollaiò. — Fino a che punto si può arrivare, quando si è realmente sbilanciati verso qualcuno?

Proprio ciò che ci voleva, per me: discutere la vita sessuale di una persona col piercing al naso e la biancheria di nastro adesivo.

— Voglio dire, se pensa di non rivederlo mai più è stupido fare una cosa davvero zarra?

Ero stata io a convincere Ben a unire i nostri progetti. A prendere in prestito un gregge. Stupida, stupida, stupida.

— Si tratta dei miei capelli — continuò Flip, e si tolse il cappello. — Li ho tagliati.

Ah, certo, li aveva tagliati. Le arrivavano a un centimetro dal cuoio capelluto tinto di blu. Per un istante pensai che avesse avuto lo stesso problema di Desiderata col nastro adesivo, ma si era tagliata anche il ciuffo ondeggiante. Pareva un pulcino spelacchiato e livido per il freddo.

Provai un moto improvviso di simpatia per lei, che si era innamorata, fra tutte le persone possibili, di un dentista che non sapeva della sua esistenza e che probabilmente era già fidanzato.

— Così mi sono chiesta — continuò — se va bene così o se devo aggiungerne ancora. — Mi mostrò la tempia destra, proprio sotto la zona rasata.

— Di cosa? — domandai debolmente.

Flip sospirò. — Di nastro adesivo, naturalmente. Naturalmente.

— Penso che dipenderà da come ti farai crescere i capelli — dissi, augurandomi che lo facesse.

Doveva aver deciso così, perché si rimise il cappello e disse: — Allora pensa di no, eh? Pensa che è stupido?

Evidentemente non si aspettava una risposta, perché stava già per andarsene.

— Flip, mi faresti un favore? Andresti giù a Biologia a dire al dottor O’Reilly che uscirò presto e che gli parlerò domani?

— Biologia è dall’altra parte dell’edificio — disse Flip, irritata. — Comunque non credo che è laggiù. Quando ho lasciato il meeting, parlava con la dottoressa Turnbull. Come sempre. Scommetto che voleva avere lei come partner per quella faccenda dell’abbraccio.

— Sono proprio occupata, Flip. — Cominciai a battere sulla tastiera per dimostrarglielo. Flip. Era tutta colpa di Flip. Era stata lei a perdere il modulo di finanziamento di Bennett e a rubare i miei annunci personali, il motivo per cui mi ero trovata nella stanza delle fotocopie quando vi era entrato Bennett.

— Sa che la dottoressa Patton si è fidanzata? — chiese Flip, per fare conversazione. — Con quel tipo che non voleva sentire parlare di matrimonio.

— Sì.

— Scommetto che il dottor O’Reilly e la dottoressa Turnbull presto si sposeranno.

Continuai caparbiamente a battere sui tasti finché Flip si annoiò e si allontanò, ma non mi fermai. Non scherzavo, quando pensavo che quel casino fosse colpa di Flip. Non aveva solo perduto il modulo di finanziamento e rubato gli annunci personali. Se, tanto per cominciare, non avesse consegnato a me il pacchetto della Turnbull, non avrei conosciuto Ben. Non ero mai scesa a Biologia.

Continuai ad aggiungere linee, seguendo gli eventi interconnessi. Flip aveva buttato via il mio lavoro di ricerca di sei settimane e mi aveva preso la cucitrice. E aveva saltato alcune pagine del modulo di finanziamento. Avevo dovuto portare a Ben le pagine mancanti. Le impronte delle sue Mary Jane e dei suoi zoccoletti erano da tutte le parti.

Flip era una sorta di lago. O una sorta di malefico angelo custode. “Sempre lì, accanto a te, dovunque tu vada” diceva Angeli, angeli dappertutto. Ed era vero. Flip era dappertutto, come una terribile anti-Pippa, vagava sotto le finestre di gente che non sospettava nulla, e dovunque andasse, provocava il caos.

Aggiunsi altre linee. Flip che alzava la mano e otteneva l’assistente, Flip che diffondeva la campagna antifumo che mi aveva indotto a suggerire il paddock a Shirl, che ci aveva parlato della pecora guida. Flip che mi aveva fatto sentire depressa quel giorno a Boulder. Se lei non avesse detto di sentire una sorta di prurito, non sarei mai uscita con Billy Ray, non avrei mai saputo che le Targhee erano pecore e non mi sarei mai fatta venire l’idea di chiederle in prestito.

E Ben sarebbe stato lontano, da qualche parte in Francia, a studiare la teoria del caos, pensai cupamente. Sapevo che niente di tutto questo era colpa di Flip. Ero stata io a inventare scuse per vedere Ben, per parlare con lui, da quel primo giorno in cui l’avevo seguito fuori nella veranda.