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Ben scosse la testa. — Pensavo che avresti voluto esserci anche tu.

— Bene. Non diciamo ancora niente. Voglio prima controllare una cosa.

— Okay. Allora ci vediamo alla HiTek fra qualche minuto. D’accordo? — Uscì.

— Uhm — dissi, cercando di ricatturare il pensiero che mi era balenato prima. Qualcosa sui treni. O sugli autobus? E anche qualcosa che aveva detto la cameriera.

Pensierosa, sorseggiai il Chinatasse; se avevo bisogno di un segno che il caos stava raggiungendo un equilibrio a un nuovo e più alto livello, eccolo lì: il Chinatasse era il meraviglioso tè freddo speziato del vecchio Earth Mother.

Cosa che avrebbe dovuto ispirarmi, se mai fosse stato possibile, ma non riuscivo a ricatturare quel pensiero. L’idea che sarei dovuta tornare con Ben continuava a intrufolarsi, oltre al pensiero che, a parte l’esercizio di sensitività e il momento in cui mi aveva preso le mani poco prima, Ben non mi aveva mai toccato.

Evidentemente, nel nostro sistema operava una sorta di ciclo di reazione, perché in quel momento Ben tornò e, scostando la cameriera che voleva farsi dare il nome, passò tra i tavoli e mi fece alzare. E mi baciò.

— Okay — disse quando ci staccammo.

— Okay — dissi senza fiato.

— Uau! — disse la cameriera. — L’ha conosciuto con gli annunci personali?

— No — risposi, augurandomi che chiudesse la bocca e che Ben mi baciasse di nuovo. — Tramite Flip.

— Siamo stati presentati da una guida — disse Ben, mettendomi di nuovo le braccia al collo.

— Uau! — disse la cameriera.

COUEISMO (1923)

Moda di psicologia ispirata dal dottor Emile Coué, psicologo francese, autore di Padronanza di sé mediante autosuggestione. Il metodo di Coué per l’auto-miglioramento consisteva nell’annodare un pezzo di corda e recitare di continuo: “Ogni giorno in ogni modo miglioro e miglioro”. La moda morì quando fu evidente che nessuno migliorava.

Gli eventi più insignificanti hanno provocato conquiste scientifiche: l’alzarsi dell’acqua quando si entra nella vasca da bagno, un soffio d’aria, la pressione di un piede su un predellino. Però non avevo mai sentito parlare di una conquista provocata da un bacio.

Ma un bacio che aveva su di sé tutto il peso di cinque settimane di turbolenza caotica, di rivoluzione di schemi di pensiero abituali, di spostamento di variabili, separate e rimescolate in nuove possibilità. E quando Ben mi aveva abbracciato, quel gesto era stato come la scoperta della penicillina e dell’anello benzenico e del Big Bang messe insieme. Eureka alla decima potenza. La scoperta delle sorgenti del Nilo.

— Quel FLIP dove vi siete incontrati — mi stava dicendo la cameriera — è come un gruppo di recupero?

— Di scoperta — dissi, fissando immobile Ben che si allontanava e meravigliandomi d’essere stata così cieca. Era tutto chiarissimo: l’azione scatenante delle mode e il raggiungimento delle conquiste scientifiche e il motivo per cui avevamo vinto il Niebnitz Grant.

— Possono associarsi tutti, a questo FLIP? — domandò la cameriera. — Faccio già parte di un gruppo di recupero, ma non c’è nemmeno un bel ragazzo.

— Mi porti il conto. — Pescai dal borsellino un biglietto da venti e glielo allungai. Volevo tornare subito alla HiTek e mettere tutto nel computer.

— Ha già pagato lui — disse la cameriera, cercando di restituirmi il biglietto.

— Be’, lo tenga. — Le sorrisi, perché mi era venuta in mente un’altra cosa. — Siamo ricchi. Abbiamo vinto il Niebnitz Grant!

Tornai in fretta alla HiTek, salii al laboratorio di Statistica e richiamai sul computer il mio modello per il taglio alla maschietta.

Supponiamo che le mode siano una forma di criticità auto-organizzata derivante dal sistema caotico della cultura popolare. E supponiamo che, come altri sistemi caotici, siano influenzate da una guida. L’indipendenza delle donne, Irene Castle, gli sport all’aperto, la ribellione contro la guerra… tutte queste cose sarebbero semplici variabili all’interno del sistema. Richiederebbero un catalizzatore, una farfalla che li metta in moto.

Esaminai la concentrazione intorno a Marydale, Ohio. Supponiamo che non sia una anomalia statistica. Supponiamo che ci sia stata una ragazza, a Marydale, Ohio, una ragazza come tutte le altre, con galosce osé e ginocchia tinte di rosso, indistinguibile dal resto del gregge, solo un po’ più avida, un po’ più svelta, un po’ più affamata. Un po’ più avanti del resto del gregge. Una ragazza che si era presa una cotta per un dentista che stava dall’altra parte della città e che era entrata nel negozio del barbiere, e, senza la minima idea di dare inizio a una moda, di cristallizzare il caos nella criticità, aveva chiesto al barbiere di tagliarle i capelli.

Richiamai il resto dei dati sugli anni Venti e chiesi analisi geografiche stratificate: intorno a Marydale c’era di nuovo l’anomalia, per le calze arrotolate alle caviglie e per i cruciverba. E per lo shimmy, anche se quel ballo era nato a New York. Ma non era diventato una moda finché una ragazza dai capelli alla maschietta, a Marydale, Ohio, non l’aveva ripreso. Una ragazza come Flip. Una farfalla. Una guida. Le sorgenti del Nilo.

Aprii il programma di pittura e ritracciai il corso degli eventi alla HiTek, dal momento in cui Flip aveva sbagliato a consegnare il pacchetto della Turnbull al momento in cui aveva giocherellato col saliscendi del cancello; ma stavolta inserii anche Sotto la guida del fato e il budino di pane, gli esercizi di sensitività di Grancapo, il nastro adesivo industriale, gli esercizi ginnici di Elaine, il fumo di Shirl, il ragazzo di Sarah, Barbie Sposa Romantica e i vari livelli di abilità per ordinare un caffellatte.

Tutte le variabili che riuscivo a pensare e tutte le azioni di Flip, irrilevanti o no, avevano avuto un effetto di ritorno sul sistema, avevano aggiunto turbolenza e portato non al disastro (come avevo creduto dopo l’esercizio di sensitività) ma al Niebnitz Grant, all’amore e alla compatibilità geografica, e alle origini del taglio alla maschietta. A un nuovo, più alto stato d’equilibrio.

Flip aveva sentito una sorta di prurito, e come risultato io avevo detto a Billy Ray che sarei uscita con lui; Billy Ray aveva detto anche lui di sentire una sorta di prurito, e mi aveva parlato delle pecore; e alle pecore io avevo pensato quando Flip aveva perduto il modulo di finanziamento di Ben.

Flip. Le sue impronte, come i piccoli tacchi alti di Barbie, come gli echi della voce di Pippa, erano dappertutto sulla scena del delitto. Flip aveva detto a Ben che ero fidanzata con Billy Ray, aveva tralasciato di fotocopiare le pagine da 29 a 41, aveva insegnato alla guida ad aprire il cancello, aveva riferito a Grancapo che Shirl fumava, aumentando ogni volta il livello di caos, mescolando e separando le variabili.

Lo schermo si riempì di linee. Le collegai, inserii le equazioni di iterazione e le linee divennero un intrico, l’intrico divenne un nodo. La cucitrice che non trovavo, il Pifferaio magico di Browning, il cellulare di Billy Ray, il rosa postmoderno. Flip aveva fatto circolare una petizione anti-fumo e Shirl era finita nel parcheggio sotto la neve, e io l’avevo portata al laboratorio di Ben, e lei aveva guardato me e Ben lottare con le pecore e aveva detto: “Vi occorre una guida”.

Lo schermo divenne scuro, pieno di strati di eventi che rinviavano l’uno all’altro; poi, all’improvviso, apparve un nuovo disegno: una bella e complessa conformazione ravvivata da rosso radicale e blu ceruleo.