— Mentre l’assistente interdipartimentale distribuisce i moduli, voglio sentire il vostro input. Cosa possiamo fare ancora per rendere la HiTek un luogo migliore?
Eliminare le riunioni di staff, pensai, ma rimasi zitta. Forse non sono versata come Gina in Sopravvivenza Riunioni, ma sono abbastanza smaliziata da non alzare la mano. Chi ci casca riesce solo a farsi mettere in un comitato.
A quanto pareva, anche tutti gli altri erano abbastanza smaliziati.
— L’Input dello Staff è la pietra angolare della HiTek — disse Grancapo.
Ancora niente.
— Nessuno? — disse Grancapo, con aria torva come il suo GRIM. Poi si illuminò. — Ah, finalmente una persona che non teme di risaltare nella massa.
Tutti si girarono a guardare. Era Flip. — L’assistente interdipartimentale ha troppi compiti — disse, agitando il ciuffo di capelli.
— Ecco! — disse Grancapo, indicando Flip. — Questo è proprio il tipo di comportamento volto alla soluzione di problemi su cui GRIM si basa. Lei quale soluzione suggerisce?
— Una diversa qualifica — disse Flip. — E un’assistente.
Guardai dall’altra parte della stanza il dottor OHeilly: si teneva la testa fra le mani.
— Okay. Altre idee?
Quaranta mani si alzarono di scatto. Quell’agitare di mani mi fece pensare al Pifferaio magico e ai suoi topi. E ai capelli alla maschietta. Molte mode erano un chiaro caso di “seguire il Pifferaio”. Bo Derek, Dorothy Hamill, Jackie Kennedy avevano lanciato mode di acconciature e non erano state certamente le prime. Madame de Pompadour era responsabile di quelle enormi parrucche incipriate comprendenti navi a vela e famose battaglie d’artiglieria, e Veronica Lake era responsabile di milioni di donne americane che potevano guardare con un occhio solo.
Perciò era logico ritenere che il taglio alla maschietta fosse stato lanciato da qualcuna, ma da chi? Isadora Duncan si era tagliata i capelli nei primi del Novecento e, molto prima, diverse suffragette avevano portato il taglio alla maschietta (e abiti maschili), ma né l’una né le altre avevano attirato un consistente numero di seguaci. Le suffragette erano ovviamente in anticipo sui tempi (e formavano un gruppo piuttosto formidabile, con cui era meglio andarci piano). Isadora Duncan, che saltava scalza per il palcoscenico in striminzite vesti di chiffon, era troppo originale.
La candidata più ovvia era la ballerina da sala Irene Castle. Lei e il marito Vernon (altri miserandi figlioletti) avevano lanciato diverse mode di ballo: l’one-step, il valzer all’inglese, il tango, il “ballo del tacchino” e ovviamente il “passo alla Castle”.
Irene era graziosa e quasi tutto ciò che indossava aveva generato una moda, dalle scarpe di satin bianco alle cuffiette all’olandese. Nel 1913, al culmine della popolarità, mentre era in ospedale per una appendicite, si era tagliata i capelli e aveva continuato a tenerli corti anche dopo la convalescenza, accompagnandoli con un largo nastro che chiaramente preannunciava le ragazze spregiudicate degli anni Venti.
Irene Castle era una nota lanciatrice di mode e aveva le sue seguaci. Ma se era lei la fonte, perché la moda aveva impiegato tanto tempo ad attecchire? Quando nel 1979 comparve sugli schermi Bo Derek con i capelli divisi in file di treccine appiattite contro la testa, nel giro di una settimana si videro dappertutto donne con quella pettinatura. Se Irene era la fonte, perché il taglio alla maschietta non era venuto di moda nel 1913?
Forse i film erano la chiave. No, Mary Pickford si era tagliata i lunghi riccioli solo nel 1928. E se Irene e Vernon avessero per caso girato un film muto nel, diciamo, 1921?
Grancapo invitò di nuovo a parlare chi aveva alzato la mano.
— Penso che dovremmo avere in azienda un carrello col caffè espresso — disse il dottor Applegate.
— Penso che dovremmo avere una palestra d’allenamento — disse Elaine. — E qualche scala in più.
Poteva continuare così per tutto il giorno, e io volevo controllare quali film erano usciti nel 1922. Mi alzai, cercando di dare nell’occhio il meno possibile, presi un modulo da Flip (che aveva saltato il nostro tavolino) e me la svignai verso il fondo della sala, sfogliando il modulo per scoprire quanto era lungo.
Meraviglia delle meraviglie, era davvero più corto del precedente: solo ventidue pagine. E i caratteri erano in un corpo poco più piccolo del… Urtai qualcuno e alzai gli occhi.
Era il dottor O’Reilly, che di sicuro stava facendo la stessa cosa che facevo io. — Mi scusi — disse. — Pensavo alla ripetizione della richiesta di finanziamento. — Alzò le mani, tenendo ancora nella destra il modulo per i finanziamenti, e mi mostrò la palma della sinistra. — Dica al suo partner tre cose che non le piacciono di Grancapo.
— Non potrebbero essere più di tre? — replicai. — Con questa storia, immagino, non otterrà subito i macachi, dottor O’Reilly.
— Mi chiami Bennett. Flip è l’unica che abbia un titolo. Avrei dovuto averli questa settimana. Ora dovrò aspettare chissà quanto. E lei? Questa storia influisce sul suo progetto hula-hoop?
— Taglio alla maschietta — rettificai. — L’unico effetto è che non avrò tempo per lavorarci perché sarò impegnata a compilare questo stupido modulo. Quanto vorrei che Grancapo trovasse qualcos’altro a cui pensare, oltre a inventare nuovi moduli.
— Sst! — fece seccamente qualcuno dalla porta.
Ci spostammo più avanti nel corridoio, fuori portata.
— Riempire moduli è la pietra angolare di Grancapo — bisbigliò Bennett. — Quelli sono convinti che ridurre tutto a moduli sia la chiave della scoperta scientifica. Sfortunatamente la scienza non funziona a questo modo. Guardi Newton. Guardi Archimede.
— Grancapo non avrebbe mai approvato finanziamenti per un frutteto — convenni. — Né per una vasca da bagno.
— Né per un fiume — disse Bennett. — Ecco perché abbiamo perduto il finanziamento per la teoria del caos e io sono dovuto venire a lavorare per GRIM.
— Su cosa lavorava?
— Il Loue. È un fiume francese. Ha la sorgente in una grotta, e ciò significa che è un piccolo sistema delimitato, con un numero di variabili relativamente ridotto. I sistemi che in precedenza gli scienziati hanno cercato di studiare erano enormi: meteorologia, corpo umano, fiumi. Avevano migliaia, perfino milioni di variabili, cosa che rendeva impossibile fare predizioni, così abbiamo trovato…
Da vicino la sua cravatta era ancora più indefinibile che da lontano. Sembrava avere una sorta di disegno, ma non riuscivo a stabilire con esattezza quale. Non era di lana sottile a figure curve astratte (tessuto e disegno paisley erano stati di moda nel 1988), né a pois (1970). E non era neppure a tinta unita.
— …e misurato la temperatura dell’aria, dell’acqua, le dimensioni della grotta, la composizione dell’acqua, la vegetazione lungo le rive… — Si fermò. — Probabilmente ha da fare e non ha il tempo di ascoltare tutto questo.
— No, no, va bene. Devo tornare in ufficio, ma la accompagnerò fino alle scale.
— D’accordo. Be’, la mia idea era che misurando con precisione ogni fattore in un sistema caotico avrei potuto isolare le cause del caos.
— Flip — dissi. — La causa del caos.
Il dottor O’Reilly si mise a ridere. — L’altra causa del caos! So che parlare di cause del caos sembra una contraddizione in termini, poiché i sistemi caotici sono in teoria sistemi dove non vale il comune rapporto di causa ed effetto. Sono sistemi non lineari, ossia comprendono un numero elevato di fattori che operano in un modo così interconnesso da rendere impossibile la previsione.