Non so. Ce n’è più d’uno, tra noi, che ha avuto problemi coi suoi figli.
Caratteristiche secondarie della mutazione? Che emergono nella seconda generazione?
C’è quasi da pensarlo, fu la riposta di Shane, mentre si accigliava dentro la sua mente. Il concetto tremolò, si offuscò. Ci rifletterò più tardi. Devo andare.
Burkhalter sospirò e proseguì per la sua strada. Le case erano disposte tutt’intorno al centro produttivo di Modoc, perciò prese una scorciatoia attraverso il parco per arrivare prima a destinazione. Si trovò davanti a un edificio curvo che sembrava protendersi in tutte le direzioni, ma non c’era nessuno, così Burkhalter rimandò a dopo l’incontro con Reilly. Diede un’occhiata al cronometro e deviò in direzione della scuola, superando una collinetta. Come si era aspettato, era l’ora della ricreazione e trovò Al stravaccato sotto un albero, a una certa distanza dai suoi compagni che erano impegnati nel divertente e proibito gioco dello Scoppio.
I pensieri di Al l’investirono: L’Uomo Verde aveva quasi raggiunto la cima della montagna. Gli gnomi pelosi stavano bersagliando vigliaccamente la sua pista con sfrigolanti strisce di luce cercando di colpire la loro preda, ma l’Uomo Verde riusciva agilmente a schivarle. Le rocce sporgevano…
«Al».
«… sempre più all’esterno, spinte dagli gnomi, sul punto di…»
«Al!» Burkhalter accompagnò il pensiero con le parole, schizzando dentro la mente del ragazzo, un espediente di cui si serviva di rado, dal momento che i giovani erano incapaci di difendersi da simili invasioni.
«Ciao, papà», disse Al, per niente turbato. «Cosa c’è?»
«Un rapporto del tuo insegnante».
«Non ho fatto niente».
«Non è quello che tu hai fatto o non fatto… Ascolta, ragazzo. Non cominciare a metterti idee strane in testa».
«Non lo faccio».
«Pensi che un calvo sia migliore o peggiore di un non calvo?»
Al mosse i piedi a disagio. Non rispose.
«Bene», proseguì Burkhalter. «La risposta è: tutte e due le cose e nessuna delle due. Ed eccoti il perché. Un calvo può comunicare mentalmente, ma vive in un mondo in cui la maggior parte della gente non può farlo».
«Sono stupidi», dichiarò Al.
«Non così stupidi, se sono più adatti di te al loro mondo. Potresti anche dire, allo stesso modo, che una rana è migliore di un pesce perché è un anfibio?» Burkhalter gli forni una breve spiegazione telepatica dei termini da lui usati.
«Be’… oh, ho capito, d’accordo».
«Forse», disse ancora Burkhalter, misurando attentamente le parole, «quello di cui hai bisogno è un calcione nel sedere. Il tuo pensiero era tutt’altro che in accordo con le parole. Ripeti?»
Al cercò di nasconderlo, di velario così da renderlo irriconoscibile. Burkhalter cominciò a penetrare la barriera, una cosa facile per lui, ma si fermò. Al stava fissando suo padre in maniera assai poco filiale… In effetti, dava l’idea di giudicarlo una sorta di animale molliccio, senza spina dorsale. Un’immagine fin troppo chiara.
«Visto che sei tanto egocentrico», gli fece notare Burkhalter, «forse puoi anche vederla così. Sai perché non ci sono calvi in posizione-chiave?»
«Certo che lo so», sbottò Al. «Hanno paura».
«E di che cosa?»
«Dei…» L’immagine era strana, confusa e rimescolata, eppure familiare a Burkhalter. «… dei non-calvi».
«Be’, se occupassimo dei posti dove potessimo approfittare delle nostre facoltà telepatiche, i non-calvi sarebbero pieni d’invidia, soprattutto se avessimo successo. Se un calvo inventasse anche soltanto una trappola per topi di tipo migliore, un mucchio di gente salterebbe fuori a dire che ha rubato l’idea dal cervello di qualche non-calvo. Hai capito?»
«Sì, papà». Ma non aveva capito. Burkhalter sospirò e alzò lo sguardo. Riconobbe una delle figlie di Shane su una collinetta lì vicino, seduta tutta sola, le spalle appoggiate a un macigno. Qua e là c’erano altre figure isolate. Lontano a oriente gli innevati bastioni delle Montagne Rocciose formavano un profilo irregolare sullo sfondo del cielo azzurro.
«Al», riprese Burkhalter, «non voglio che tu covi rancori. Questo è un mondo splendido e la gente che lo abita nell’insieme è simpatica. Esiste una legge delle medie. Non sarebbe mostrarsi assennati se c’impadronissimo di troppe ricchezze o potere, poiché combatterebbero contro di noi… e in ogni caso non ne abbiamo bisogno. Nessuno è povero. Gli è facile trovare un lavoro adatto a noi, lo facciamo, e siamo ragionevolmente contenti. Abbiamo alcuni vantaggi che i non-calvi non possiedono; nel matrimonio, ad esempio. L’intimità mentale è importante quanto quella fisica. Ma non voglio che il fatto d’essere un calvo ti faccia sentire un dio. Non è così. Posso ancora», aggiunse, cambiando tono, «farti cambiare idea a sculacciate, nel caso in cui tu abbia in mente di seguire fino in fondo i concetti che stai accarezzando nella tua mente in questo momento».
Al deglutì e si affrettò a battere in ritirata. «Mi spiace. Non lo farò più». «E tienti in testa i capelli. Non toglierti la parrucca in classe. E quando fai la doccia, ricordati poi di riapplicarti l’adesivo».
«Sì, ma… il signor Vanner non porta la parrucca». «Ricordami di svolgere qualche ricerca storica insieme a te sugli esibizionisti d’ogni epoca e tipo», replicò Burkhalter. «L’assenza di parrucca sulla testa del signor Venner è con ogni probabilità la sua sola virtù, sempre che si possa considerare tale».
«Fa un sacco di soldi».
«Chiunque li farebbe, in quel suo emporio. Ma avrai notato che la gente non compera da lui, se soltanto può farne a meno. È questo che intendevo dire, parlando di rancore. Lui ne sta coltivando un bel po’ intorno a sé. Già, esistono calvi come Venner, Al, ma faresti bene a chiedergli, una volta o l’altra, se è felice. Per tua informazione, io lo sono, e comunque più di Venner. Hai afferrato?»
«Sì, papà». Al pareva remissivo. Ma niente affatto convinto. Burkhalter sempre turbato annui e si allontanò. Quando passò accanto al macigno dove sedeva la figlia di Shane, afferrò uno scampolo di pensiero… sulla vetta della Montagna di Vetro, facendo rotolare le rocce contro gli gnomi, finché…
Si ritrasse; era una sua abitudine inconscia toccare menti sensibili, ma coi bambini era decisamente sleale. Coi calvi adulti equivaleva al gesto istintivo di toccarsi il cappello: l’altro rispondeva, oppure no. Poteva venir eretta una barriera; poteva esserci un deliberato offuscamento; o anche poteva uscirne fuori, sparato, un pensiero di ripulsa, che invitava a non intromettersi.
Un elicottero che trainava una fila di alianti stava arrivando da sud: un trasporto carico di cibi congelati provenienti dal Sudamerica, a giudicare dai contrassegni. Burkhalter prese un appunto mentale di andarsi a comperare una bistecca argentina. Aveva una nuova ricetta che voleva provare: l’avrebbe cotta sulla brace, e condita con una salsa speciale. Un cambiamento più che benvenuto dopo tutti i pasti a microonde cui erano stati costretti per un’intera settimana. E poi, pomodori, chili, e… mmm. Che altro? Oh, sì. Il duello con Reilly. Burkhalter toccò con fare assente l’elsa del pugnale e produsse un lieve raschiamento di scherno con la gola. Forse era un pacifista innato. Gli riusciva difficile pensare seriamente a un duello anche se erano davvero tanti quelli che lo facevano… specialmente quando i prosaici dettagli d’una cena al barbecue gli si aggiravano nella mente.
Così andavano le cose. Le maree della civiltà spazzavano i continenti con onde lunghe secoli, e ogni singola onda, malgrado fosse ben conscia di far parte della marea, si preoccupava soprattutto per la cena. E, a meno di non essere alto mezzo chilometro, col cervello d’un dio, e la durata della vita d’un dio, cos’era la differenza? La gente perdeva tempo ed energie dietro a un bel po’ di sciocchezze: gente come Venner, certo uno spostato, anche se non matto abbastanza da qualificarsi per il manicomio, ma senza alcun dubbio il tipo potenziale del paranoico. Il rifiuto di quell’uomo di portare la parrucca l’etichettava d’individualismo, ma anche di esibizionismo. Anche se non si vergognava della sua mancanza di peli, che bisogno c’era che la sbandierasse così? Inoltre, Venner, aveva un pessimo carattere, e anche se la gente lo trattava male, era lui che se l’era cercata, cominciando per primo.