— Sì. Sì. Sì. Sì.
Lui esegue la serie di movimenti familiari, e la ragazza i contromovimenti familiari. I suoi occhi sono chiusi; il suo volto è premuto contro il collo di lei. Può sentire, ma solo debolmente, i commenti tranquilli di coloro che assistono dalla profondità delle polle: i paragoni, i contrasti, le critiche, i chiarimenti. Di tanto in tanto può sentire il freddo dell’acqua insinuarsi nel tepore del sudore della pelle delicata della ragazza. Il suo seme spruzza in avanti: i lamenti di piacere di lei crescono di intensità, fino a raggiungere il culmine, poi subito decrescono, e spariscono rapidamente. L’occhio scuro e lucente sul fondo ammicca. Una brezza soffia attraverso le pareti che si dissolvono. Il motel luccica, e inizia a dissolversi anch’esso. Lui combatte disperatamente per tenerlo insieme. Si aggrappa alla ragazza, la bacia, sussurra parole d’amore. Si congratulano reciprocamente per l’intensità delle emozioni che hanno vissuto insieme, o per la verità e la bellezza che hanno scoperto l’uno nell’altro. Questo è amore, dice Clay agli spettatori silenziosi. Gli occhi ammiccano di nuovo. Lui sta scivolando, la scena gli sta sfuggendo di mano. Continua a resistere. Si aggrappa alla realtà con frasi sonanti e autoritarie: Prodotto Nazionale Lordo, Accordo per il Commercio, Gerarchia Cattolica Romana, Repubblica Federale Tedesca, Ora Legale della Costa Orientale, Regolamento Postale degli Stati Uniti, Trattato di Pace nel Sudest Asiatico, Sindacati Americani dei Lavoratori. È tutto inutile. Il centro non regge più. La ragazza si offusca e svanisce davanti a lui, i suoi seni si afflosciano, gli organi interni diventano gassosi e fuoriescono dagli orifizi del suo corpo, fino a quando sul letto non rimane altro che un’immagine bidimensionale, una semplice fotografia a colori che si staglia sul copriletto. Poi scompare anche quella. Lui si aggrappa al materasso, cercando disperatamente di non lasciarsi trascinare di nuovo indietro, pur consapevole dell’inevitabile sconfitta dei suoi sforzi. L’edificio intorno scompare. Scorge la sua auto posteggiata accanto, e corre per raggiungerla, ma svanisce. Il cortile asfaltato non è più asfaltato. I pali del telefono, i conti d’albergo, le macchine automatiche dei giornali e i fiori ornamentali sono scomparsi. Il petto gli brucia. È in crisi profonda. Sta affondando sempre di più. Il suo corpo si sta di nuovo trasformando. Scivola verso gli strati più profondi della polla oscura, e trova Quoi, massiccio, pensieroso, riconoscente. Clay non ricorda più la forma del volto della ragazza. Il gusto di lei sulle sue labbra si sta dissolvendo rapidamente. I ricordi stanno scomparendo. La dimostrazione è finita.
7
Infine, abbandona la polla di Quoi. È stato un periodo tranquillo e istruttivo, quello passato laggiù, e tranne alcuni impulsi ribelli che si sono impadroniti di lui in momenti imprevisti si è adattato bene sia alla sua metamorfosi che alla natura statica dell’esistenza sommersa. Ha apprezzato moltissimo la comunione con l’essere acquatico, e le sue visioni, attraverso Quoi, degli altri membri della specie sparsi nel mondo. Ma adesso sa che è arrivato il momento di andare. Risale alla superficie e rimane indeciso per un momento, a testa in giù e con la schiena piegata, per riprendere le forze; e poi con un rapido movimento convulso si lancia fuori dall’acqua.
Giace annaspando sulla costa per quello che gli sembra un lungo momento, mentre l’acqua si ritira dal suo corpo. Poi decide di essere pronto a immettere l’aria nei suoi polmoni, ma quando l’aspira gli brucia terribilmente, e la espelle velocemente. Più cautamente, immagina che la sua testa sia protetta da un globo di vetro, e che le molecole si separino con grande precisione, cosicché entra prima una piccola particella d’aria, e poi un’altra, e poi un’altra, finché l’elmetto è pieno di fessure e il flusso è continuo, e lui sta respirando normalmente. Rimane immobile. Offre il corpo alla luce solare. Avanza di qualche centimetro nella polla e sbircia in giù, cercando di scorgere Quoi per salutarlo, ma tutto quello che riesce a vedere è una massa scura e indistinta sul fondo. Agita una mano, in segno di saluto.
Mentre si allontana vede Hanmer seduto in un fiore nero a coppa, di dimensioni gigantesche.
— Liberato dalla cattività — dice Hanmer. — Respiri di nuovo l’aria. Ti eri perso.
— Quanto tempo ci sono stato?
— Abbastanza a lungo. Stavi bene, là sotto.
— Quoi è stato gentile. Un ospite perfetto — dice Clay. — Se non ti avessimo chiamato, non saresti mai uscito — dice Hanmer, con tono risentito.
— Se tu non avessi lasciato che gli uomini-capra mi inseguissero, non sarei caduto nella polla, in primo luogo.
Hanmer sorride. — Vero. Touché, hai ragione.
— Dove hai preso questa frase?
— Da te, naturalmente — dice Hanmer, quieto.
— Entri ed esci dalla mia mente come meglio credi?
— Naturalmente. — Hanmer scende lievemente dalla coppa floreale. — Da un certo punto di vista, Clay, tu sei parte della mia immaginazione. Perché non dovrei invadere la tua testa? — Si avvicina a Clay, faccia a faccia, e dice: — Cosa ti stava facendo il vecchio Quoi?
— Mi insegnava molte cose sull’amore. E imparava da me.
— Tu potevi insegnargli qualcosa?
— L’amore com’era ai miei tempi, sì. Com’era per noi.
Il volto di Hanmer lampeggia di colori. Chiude gli occhi per un momento. — Sì — dice infine. — Gli hai detto tutto, non è così? E adesso tutto il mondo lo sa, ogni Respiratore sa tutto di te. Non avresti dovuto farlo.
— Perché?
— Non puoi andare in giro a raccontare i tuoi segreti. Abbi un po’ di discrezione, uomo. Hai un debito verso di me.
— Io?
— Come tua guida, qualifica che mi sono autoconferita — dice Hanmer — io ho certi diritti sulle rivelazioni che puoi o non puoi fare. Ricordatelo. Adesso vieni con me.
Hanmer si avvia, mostrando la sua irritazione nella rigidità dell’andatura. Clay, a sua volta irritato dalle maniere perentorie del compagno, è tentato di non seguirlo affatto. Ma troppe domande prive di risposta si affollano nella sua gola; si precipita dietro Hanmer, raggiungendolo in breve. Camminano silenziosi uno accanto all’altro. Davanti a loro si stende una doppia fila di piatte collinette rosse, in mezzo alle quali si apre una pianura ristretta. La vegetazione dominante della pianura è una pianta sinuosa, a nastro, che sorge dal suolo in una serie di fronde senza foglie alte un metro-un metro e mezzo; le fronde sono soffici, fluttuano nella brezza, e sono talmente trasparenti che Clay quasi non riesce a vederle se non in certe angolazioni particolari. Gli ricordano filari di bianca spuma marina provocata dalle onde. Quando si avvicina, le piante acquistano brevemente colore, assumendo una tonalità traslucida di rosso purpureo che poi torna altrettanto rapidamente alla trasparenza. Solo quando cammina direttamente in mezzo a esse, aprendosi la strada in mezzo alle fronde, Clay si accorge che Ninameen, Serifice, Bril, Angelon e Ti sono accampate in mezzo alle piante.
— È questo tutto quello che fate? — chiede Clay a Hanmer. — Oziare pigramente sotto il sole, vagare da una valle all’altra, danzare, cambiare sesso, osservare riti, catturare stranieri? Non studiate le cose? Non giocate, o recitate? Coltivate giardini? Componete musica formale? Speculate sulle grandi idee?
Hanmer ride.