Выбрать главу

Come un ragno, servendosi di dozzine di gambe laboriose, Serifice si arrampica sulla superficie levigata della collina rossa sulla sinistra. Perde la pazienza nell’ultima decina di metri della salita e semplicemente salta, fermandosi a nove metri dal suolo, sdraiata su un materasso invisibile fatto d’aria. Comincia a ruotare sul suo asse verticale. Gli altri sei cominciano a cantare, cosicché intorno a Serifice si forma una nuvola gialla di musica, punteggiata d’improvvisi punti rossi di dissonanza. Serifice spalanca le braccia. Il suo volto è trasfigurato dalla felicità. La sua velocità assiale aumenta. Il suo momento angolare cresce. Nel girare tesse una rete di vetro che la spinge inesorabilmente verso l’unità sestuplice di Sfioratori. Non si riesce quasi più a vederla, adesso, se non per brevi e strani momenti, quando lei intercetta la luce solare dell’angolazione precisa, ed esplode in una visibilità splendente, un vortice turbinante di coscienza estatica. Gira. Gira. Gira. Gira. Gira. Gira. Adesso, mentre gira sempre più vorticosamente, la realtà essenziale della sua condizione lo colpisce appieno. Vaga a caso dalla forma femminile a quella maschile, e così via. Lei! Lui! Lei! Lui! Lei! Lui! Lei! Lui! Lei! Lui! Lei! Lui! Lei! Lui! Lei! Lei! Lei! Lui! Lui! Lui! Noi! Loro!

— No, Serifice! — urla Clay.

Quelle sillabe, nel lasciare le sue labbra angosciate, si trasformano in filamenti di vetro sottile che riflettono raggi prismatici, e, volando via da lui, formano linee che attraversano l’abisso che lo separa da Serifice. Ma non riesce a comunicare con lei. La gialla canzone del gruppo è ora sommersa dagli azzurri sottotoni di una canzone che appartiene solo a Serifice. Lei! Lui! Lei! Lui!

Pop.

La struttura aerea si spezza e c’è un acuto rumore di risucchio, come se qualcosa venisse aspirato. Clay crolla a terra, sfregando la fronte sul suolo morbido e strappando, nel tentativo di sostenersi, due fronde trasparenti che ondeggiano delicatamente. Un pensiero insistente gli martella le tempie: Cinque. Cinque. Cinque. Cinque. Cinque. Dov’è Serifice? Serifice è andata a scoprire che cos’è la morte. Ninameen, Ti, Bril, Hanmer e Angelon rimangono. Il tuono romba. Il cielo diventa arancione. Serifice è scomparsa, e una risonanza arcana del suo viaggio d’annientamento lo trasporta con le sue oscillazioni selvagge, facendolo tuonare e tremare fino a quando la valle e le sue tenere pianticelle si fondono e lui si distacca da tutto, ritrovandosi su un deserto bruciacchiato, tutto rosso e arancione e bianco sotto il sole accecante, con crepitii sibilanti di energia statica che si innalzano dalle sabbie torturate. Lì rimane, confrontandosi con il suicidio di Serifice, fino a quando Hanmer, in forma femminile, lo trova e lo porta dolcemente indietro. — Che ne è di Serifice? — chiede, e Hanmer sussurra: — Serifice sta imparando cos’è la morte.

8

Clay è inconsolabile. Direttamente non è responsabile di niente, ma sente che la colpa è in parte sua, perché ha stimolato in Serifice l’irresistibile curiosità sulla morte, e trema al pensiero del danno che ha arrecato al gruppo. Si tiene quindi in disparte per tutta la giornata, dando calci nervosi al suolo, risvegliando gli alberi addormentati, gettando sassi verso l’orizzonte. Gli altri discutono concitatamente. Alla fine Ti gli si avvicina e dice: — Vuoi permettermi di farti di nuovo felice? — È nella sua forma femminile.

— Lasciami solo — mormora lui, pensando che ella gli stia offrendo il suo corpo.

Ti comprende subito. Si trasforma in un baleno nella forma maschile, e dice: — Posso mostrarti qualcosa di interessante.

— Mostrami Serifice.

— Serifice ci ha lasciati. Perché la rimpiangi tanto?

— Qualcuno deve rimpiangerla. In questo campo ho molta più pratica di voi.

— Ci hai resi infelici, con la tua tristezza. È così terribile la morte da riempire il cielo della tua tristezza?

— Aveva tutta l’eternità per vivere. Non doveva andarsene.

— Tutto questo rende la sua scomparsa ancora più bella — dice Ti. Stringe con intensità la mano di Clay tra le sue. — Vieni con me e permettimi di distrarti. Abbiamo fatto molti sforzi per trovare il modo di interessarti. Ci dispiacerebbe se li respingessi.

Clay si stringe nelle spalle, ancora sconvolto da questa nuova dimensione di colpa. — Di che si tratta?

— Libri.

— Davvero?

— E oggetti. Cose antiche, fatte dalle varie razze dell’umanità.

Clay è interessato: Serifice ha quasi perso ogni importanza. Guarda Ti con intensità, e domanda: — Dove? A che distanza?

— Vieni. Vieni!

Ti corre. Clay lo segue. Corrono accanto agli altri quattro Sfioratori, che sono distesi in maniera armoniosa per terra, a occhi chiusi, con gli arti distesi e rilassati. Nel correre, Ti fa piccoli balzi come se si trovasse su un trampolino invisibile, spostandosi così molto più velocemente che se si limitasse a camminare. Durante uno di questi salti, Ti riassume la forma femminile. È più voluttuosa degli altri, ha fianchi più larghi e un bacino dall’aspetto indiscutibilmente umano; ma naturalmente l’intera struttura del suo corpo rimane per Clay bizzarra e aliena. Immagina di poter vedere le ossa di fi, piccole e delicate strutture bianche che le attraversano la carne, più destinate a trasmettere colori e sensazioni che a sopportare un’effettiva funzione strutturale. Arrivano in una radura di gialli alberi contorti che crescono su un sottile crepaccio; la terra davanti a loro sale come se fosse spinta dal basso da una mano decisa, e striscie grigie di vegetazione costeggiano il percorso come i ciuffi di capelli di un gigante. Adesso il sole è basso e le ombre sono estremamente allungate. Il cielo ha assunto una tonalità rossiccia e tremolante. A metà strada lungo la salita, con l’accompagnamento di tromboni invisibili, bassotuba e sassofoni sfrenati, Ti comincia a fare strani gesti con le mani tese, e davanti a loro compare un’apertura. Imboccano l’uscio di un passaggio circolare, due volte più largo che alto, che conduce nelle profondità della terra. Ti avanza danzando. Lui la segue.

Le pareti del passaggio sono cristalline e rilucono di una luminosità interna che illumina i loro volti con un freddo bagliore verde. La galleria gira e gira più volte fino a portarli in una stanza dal soffitto basso e di forma ovale in cui gli echi dei loro passi scalzi risuonano e riecheggiano sollevando enormi nuvole di polvere. Clay vede scaffali, armadietti, contenitori, armadi e cassetti. Sconvolto dalla meraviglia, non osa avanzare ancora. Ti apre la porta a vetri di un armadietto e ne estrae un cubo rosso scintillante, delle dimensioni della sua mano. Lui lo prende con cura, sorpreso dalla sua leggerezza.

Il cubo gli parla in una lingua incomprensibile. La cadenza è strana: un ritmo liquido, ricco di strani accenti, reso più possente da impreviste tonalità gutturali che costellano le frasi casualmente. Indubbiamente sta ascoltando una poesia, ma non certo una poesia della sua epoca. La cascata di suoni continua a svolgersi. Clay si sforza di riconoscere ogni minimo suono familiare: alcuni hanno radici che gli sembrano vagamente note — ma no, ma no, sono suoni misteriosi e delicati, più ignoti dei mormoni di un finlandese che parla nel sonno. — Che cos’è? — chiede infine, e Ti risponde: — Un libro. — Clay annuisce, impaziente, avendolo già intuito: — Che libro? Cosa stanno dicendo?

— Un poema dei vecchi tempi, prima della caduta della luna.

— Quanto tempo fa?

— Prima dei Respiratori. Prima degli Aspettatori. Forse è un poema degli Intercessori, ma la lingua non è quella degli Intercessori.