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Il suo colore fondamentale è il blu, ma è striato da tonalità di rosso, giallo, e verde, come se contenesse una miriade di particelle colorate che raggiungono a malapena la soglia della visibilità. L’effetto è di un cambiamento continuo e stupefacente, di arcobaleni che mutano e si fondono continuamente. Dove spuntoni di roccia spuntano dall’acqua, nell’aria si scorgono spruzzi fantasmagorici di minute goccioline.

Si inginocchia sulla riva, sporgendosi per vedere meglio. Sì, particelle colorate, discrete e distinte, non c’è alcun dubbio; questa potrà essere acqua, ma dentro ci sono degli inquilini. Un torrente di pesci microscopici e variopinti. Piega le mani a coppa e raccoglie una piccola quantità d’acqua. Luci scintillanti ci giocano dentro, lampeggiano. Poi, rapidamente, i colori sbiadiscono. L’acqua che adesso scivola tra le dita serrate ha il normale colore dell’acqua, e niente di più. Svuota del tutto le mani e riprova. Ancora una volta la stessa scena: raccoglie qualcosa, ma quel qualcosa non rimane.

Stringendo con le mani una roccia che affiora, avvicina la faccia all’acqua. Adesso riesce a sentire un chiacchierìo continuo, come se il fiume stesse parlando a se stesso con tono monotono e costante. E i suoi colori sono brillanti. Non sembrano provenire da particelle esistenti nel fiume, ma invece sembrano componenti del fiume, segmenti della sua struttura attuale. C’è uno scambio di identità tra i pezzettini colorati e la loro carriera. Improvvisamente vede il fiume come una cosa viva, sul confine tra l’animato e l’inanimato; queste sono le sue cellule, i suoi corpuscoli, i suoi homuncoli.

Deve entrarci?

Trova un punto sabbioso da cui il fiume è facilmente accessibile, e ci entra. Giunto al livello dei fianchi, osserva i colori scintillanti corruscarsi intorno ai suoi piedi. Sente un invito a procedere.

Più a fondo. Al petto, adesso. Si spruzza l’acqua sul seno e sulle spalle. Si sciacqua la faccia. Fa un altro passo; il fondo è duro e liscio. L’acqua continua lentamente a salire lungo il suo corpo. Vieni, gli dice il fiume, entra completamente in me. Lo scuro triangolo pubico è reso luminoso dai colori del fiume. Qualcosa di strano sta succedendo ai suoi piedi, ma lui non riesce più a vederli. Va più a fondo. Al mento. Rabbrividisce. Viene sollevato e trasportato. Con un tuffo si butta a faccia in avanti nella corrente, e l’acqua si frange fieramente contro i suoi seni. Clay piega le gambe; nuota. Poi si rilassa. Perché faticare? Sta andando incontrollatamente verso il basso. Si distende. Il suo umore migliora. Sente una forma di sottile rimpianto, adesso, per il troppo frettoloso rifiuto della sua femminilità. Perché quel panico? Perché l’affanno? Non dovrebbe prima imparare cosa significa vivere in un corpo del genere? È sempre stato ricettivo alle nuove esperienze; ne è sempre stato orgoglioso. Non è stato solo poco tempo fa che ha tentato di effettuare volontariamente la trasformazione, solo per vedere se la cosa era possibile? E adesso c’è riuscito. E la sta combattendo. Stravolto dall’orrore perché Ti ha infilato qualcosa dentro di lui! Sfuggito da Hanmer. Sgarbatamente, egoisticamente, aridamente. Una fuga. Il terrore. È pieno di rimorsi, improvvisamente. Non ha nemmeno cominciato a esplorare le possibilità del suo nuovo corpo. Essere posseduti è davvero molto più ripugnante che possedere? Ti sconvolge tanto un momento di passività dopo una vita di attività? Sei così condizionato? Perché non sdraiarti, a gambe aperte, e lasciarli entrare? Espandi la tua coscienza. Arriva a comprendere l’Altro Lato. Abbandonati. Abbandonati. Abbandonati. Un giorno o l’altro ritroverai il tuo simbolo di virilità.

Tenta di uscire dal fiume.

Ma non riesce a raggiungere la costa. Sbatte le gambe con tutte le sue forze, muove ritmicamente le braccia, taglia l’acqua con le mani a coppa, eppure continua tranquillamente a seguire la corrente. Le splendenti rive rocciose non si avvicinano minimamente. Cerca il fondo con i piedi, non lo trova. Si allunga. Combatte con maggior decisione, ma il risultato è sempre lo stesso. La stanchezza comincia a penetrare in lui. Beve oceani d’acqua. I corpuscoli luminosi del fiume permeano i suoi intestini.

È intrappolato in una fantasmagoria vorticosa di luminosità. Le sue cosce sono incatenate. Il fiume non lo lascerà andare. Ma davanti a lui scorge una possibilità di fuga: una guglia acuta e grigia di roccia che sorge nel mezzo del canale. Si lascerà trascinare fino a quel punto, e in qualche modo riuscirà ad afferrarla e ci si riposerà fino a quando avrà ritrovato le forze necessarie a combattere la corrente. Sì. Lo scoglio si avvicina. Si prepara per l’impatto. Colpiscilo prima con le spalle, decide. Proteggi i seni sensibili. Si vede scaraventato in alto, un vorticare scomposto di arti, carne bianca, capelli neri, capezzoli rosa, fessura in mezzo alle cosce. Aggrappati. Aggrappati. Ma le cose non vanno così. Punta verso la massa rocciosa e prepara il corpo; senza provare dolore viene diviso esattamente in due, una parte fluisce a sinistra dell’ostacolo, una parte a destra; si riunisce dopo la roccia e continua il suo viaggio forzoso.

Adesso capisce.

Il fiume l’ha mangiato. Questo corpo, questo insieme di organi e carne e muscoli e ossa, questo ammasso di calcio e fosforo e idrogeno e azoto, è un’illusione. Questi seni sono un’illusione. Questo sedere piatto e sodo è un’illusione. Questo triangolo peloso è un’illusione. È diventato una cosa sola con il flusso scintillante. Ha arricchito il suo corpo; adesso è composto delle stesse particelle scintillanti, sta oscillando sul confine incerto tra vita e non vita, che ha tanto ammirato appena giunto sulla riva del fiume. Né riesce a distinguere le particelle che fanno parte di lui dalle altre. Tutte appartengono a questo torrente di vita.

È possibile la fuga?

La fuga non è possibile.

Continuerà ad andare sempre più avanti, trascinato dalla corrente veloce, fino a quando raggiungerà il mare, che solo poco tempo prima ha contribuito a sollevare. E uscirà dal fiume e si disperderà sui vasti fondali. Rimarrà ancora intatta la sua coscienza, quando sarà disperso come un milione di milioni di punti colorati in quei tremendi abissi? Sta già perdendosi. Già troppi piccoli punti di fuoco alieno si sono fusi con la sua sostanza disciolta. È diluito. Si sta dissolvendo. Ha abbandonato ogni sentimento di se stesso come femmina o come maschio, ricorda a malapena di essere stato un organismo metabolico; sono scomparsi i seni, i testicoli, gli occhi, i piedi; rimangono solo particelle corpuscolari scintillanti. Morire di una morte multiforme: com’è etereo! Perdersi in un turbinìo di luci splendenti! L’universo risplende. È come un moto browniano dell’anima. È vagamente consapevole della migrazione dei suoi componenti attraverso il corpo del fiume, e qui una corrente impetuosa tutto spinge in avanti, qui si affonda, qui si rimane intrappolati in un mulinello improvviso. È anche consapevole del terreno attraverso il quale passa il fiume. Le rocce sono scomparse, e sta viaggiando in una zona piatta, alluvionale, attraversando pianure vaste e sconfinate, perduto in meandri imprevedibili. Sorpassa isolette fatte di fanghiglia, e intanto sta scendendo la notte: l’acqua aumenta di velocità. È sempre più smembrato, disintegrato, disperso, sezionato, disunito, dissociato, scollegato, distrutto, distaccato, diviso. Con l’oscurità il fiume prende una luminosità vigorosa; la sua luce illumina tutta la zona circostante. Lui continua a scendere. Il mare è vicino. Il fiume è entrato nel delta. Quale deposito lascerà qui? Quale terriccio si fermerà? Davanti si aprono molti canali; il suo flusso si apre la strada imperterrito verso Madre Mare. Sarà ulteriormente suddiviso. Sarà completamente disperso. L’acqua canta. Rabbrividisce con furia luminosa, e una luminosità furibonda. I corpuscoli che lo costituiscono cantano un osanna per lui. Destino, eccomi. Pace, avanti. Diviso, sconnesso, solo, trascinato. Vai, adesso. Nunc dimittis. Fine del viaggio, qui inizia un nuovo viaggio. Ai figli dell’uomo, addio. Vai. Vai. Separazione. Luminosità scende dall’aria. Luci ovunque. Luci! Un bagliore meraviglioso. Questi colori sono la mia personalità. Questo rosso, questo verde, questo giallo, questo blu, questo viola. Facile, facile, facile, aprirmi la strada attraverso la notte, giù, giù, senza resistere, un ultimo bagliore luminoso prima di andare. Cos’è questo? Un rallentamento? La pesantezza di me. La massa. L’inerzia. Io sono sedimento. Devo essere il delta. Può essere così? Sì. Sì. Sì. Sì. Sì. Aderisco qui. Mi attacco. Mi aggrappo. Coagulo. Conglomero. Fondo. Qui. Qui. Qui. Mi ispessisco. Accumulo. Consolido. Amalgamo. Incorporo.