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Adesso comprende di trovarsi in un deserto in cui le allucinazioni sorgono come onde di calore dalle rocce. La sua mente è limpida e chiara, e le sue percezioni sono esatte; le imprecisioni che esperimenta appartengono all’ambiente, non a lui. Ma la distinzione è molto sottile. Cammina lentamente in avanti, cercando di anticipare le trappole.

Le rocce sono diventate noduli luminosi di energia pura le cui superfici rosse dalla ricca struttura vibrano in schemi che mutano continuamente. Su un lato di ogni masso pietroso vede luci dorate che roteano graziosamente. Sul lato opposto sfere blu pallido si creano incessantemente e avanzano ribollendo nell’aria, risalendo silenziosamente a un’altezza di almeno tre metri per poi svanire. Tutto brilla. Tutto splende di una luce interiore. Il suolo desertico e riarso è adesso vivo e pieno di fiori, che crescono istantaneamente, come si trovassero in sintonia con un flusso di respiro cosmico. L’incandescenza regna.

La sua epidermide è un labirinto. Le sue mani sono martelli. Una massa blu pulsante pende tra le sue gambe. I suoi piedi sono pesanti clave. Le sue ginocchia hanno occhi, ma non ciglia. La sua lingua è di metallo. La saliva è vetro. Il sangue è bile e la bile è sangue.

Il respiro è appassionatamente vivo, ed esplode ogni volta che tocca il terreno, sollevando sbuffi di pulviscolo rosso turbinante.

Il tempo è elastico; un secondo si allunga in termini talmente incommensurabili ed evanescenti che sembra ridicolo cercare di computarne il senso, e allora un secolo scivola con un debole, piccolo risucchio in un singolo raggio di luce solare. Analogamente anche lo spazio è sottoposto a estensioni e compressioni. Il cielo è livido e gonfio, si spinge aggressivamente in dimensioni adiacenti, costringendo gli abitanti dei continuum paralleli in piccole sacche di realtà distorta. Poi tutto torna alla normalità, riportando dal turbine cascate di nebulose distrutte e comete sfiancate.

Attraverso tutto questo, Clay si spinge testardamente in avanti. La maggior parte di quello che vede è bellissimo, ispirante, anche se sa che dovrebbe terrorizzarlo. Lui grida in mezzo alla tempesta e rimane impavido. Ma ci sono altri momenti terrorizzanti: parabole verdi balzano dall’orizzonte come araldi del Giorno del Giudizio, emanando spaventosi crescendo di suoni limacciosi. Una foresta di funghi ostili si disvela, uno squarcio si apre nel cielo e ne fuoriescono lame d’argento. Il terreno geme, si lamenta. Lui persevera. Il deserto lascia il posto a fango nero e a sensazioni sussurranti: viene baciato da coccodrilli, accarezzato da cose fangose. Un senso di castigo imminente lo assale. Uccelli scheletrici con un’allucinante peluria gracchiano e ridacchiano rivolti a lui. Si apre la strada attraverso un lago di aborti e una duna di mostri. Sente che il sole gli brucia la pelle e gli divora la schiena. Viene sepolto sotto piramidi oscure. È aggredito da granchi che si dirigono verso di lui in formazioni compatte deridendo la sua virilità. Creature fatte di strutture verticali di cartilagine grigia emettono suoni rombanti al suo indirizzo: Clay entra in una stanza e trova qualcosa di verde e serpentiforme che lo aspetta pazientemente in un angolo oscuro, respirando e sibilando.

Vede una gigantesca faccia ridente che riempie mezzo cielo. Questi sogni mancano di bellezza, e sospetta che non si tratti di sogni.

Ma continua.

Con l’accompagnamento di un coro di rumori raspanti, una voce tenera gli sussurra: — Ti scoraggeremo. Ti faremo a pezzi, se necessario. Sappiamo come turbare la tua anima, e non abbiamo limiti. Né inibizioni. Non esiteremo… — Mani invisibili manipolano gli organi sessuali di Clay, lasciando impronte digitali verdi. Un catetere scivola dentro di lui cinque volte nel giro di tre minuti. Le dita dei suoi piedi si confondono… Clay risponde alla sfida di quegli esseri con la forza delle sue ghiandole endogene, dei suoi vasi seminali, e quelli lo trasformano per tutta risposta in una semplice conchiglia, minacciata di essere annichilita dalla spada distruttrice del sole in qualsiasi momento. Lui si adatta alla mutazione, e l’accoglie perfino con piacere, e istantaneamente gli viene restituita la consueta solidità e diventa una massa di ferro, col gusto dell’acciaio in bocca: sa che se qualcuno lo colpisse ora, emetterebbe un suono metallico. Sfugge a questa condizione schermando il suo corpo. — Quindi ti illuderemo con splendidi miraggi — lo informano i suoi tormentatori, e Clay sente una musica debole. Nel dolce crescere e decrescere delle note si diffonde un’armonia stimolante. Ecco, un organo risuona, con pause di zaffiro e un diapason di opale, e spande ottave interminabili da una stella all’altra. Raggi di luna sono le corde che intonano l’accordo perfetto, e questo trascinante unisono si riversa nelle sue orecchie incantate. Sotto un tale incantesimo, come potrà resistere loro? La magia di una tale melodia gli turba l’anima. Comincia a sollevarsi nell’aria. La musica diventa via via costantemente più dolce; lo porta sempre più in alto, e lui fluttua in sintonia con l’infinito… sotto i cieli turchesi in cui scintillano globuli di mercurio. Gira. Rotea. Si fonde. Si dissolve. Scompare. Recita brani delle sue poesie preferite, declamando:

Suona via il vecchio, suona qui il nuovo, Suonate, felici campane, attraverso la neve: L’anno se ne sta andando, lasciatelo andare. Suona via il falso, suona qui il vero.

E:

Rendi aride le nostre vite. E matrimonio e morte e divisione I nostri amori in cadaveri o mogli; Il tempo trasmuta i vecchi giorni in derisione, E l’amore è più crudele della passione. Nessuna spina va a fondo come quella di una rosa, È oscurità, il frutto della polvere; La corona della vita quando si chiude.

E:

Navi che passano nella notte, e si parlano nel passare: Così sull’oceano della vita passiamo e ci parliamo, Solo un segnale mostrato e una voce lontana nell’oscurità: Solo uno sguardo e una voce; poi ancora oscurità, e silenzio.

Vede una luce chiara. Sente i sintomi della terra che affonda nell’acqua. Esperimenta una visione fuggente della Pura Verità, sottile, scintillante, luminosa, inquietante, gloriosa e radiosamente rispettosa, in apparenza simile a un miraggio che si sposta su uno scenario in un flusso continuo di vibrazioni. Vede una divina luce blu. Vede una pigra luce bianca. Vede un’inquietante luce bianca. Vede una luce pigra, color fumo dell’Inferno. Vede un’inquietante luce gialla. Vede la pigra luce giallo-bluastra del mondo umano. Vede una luce rossa. Vede un alone di luce iridescente. Vede una pigra luce rossa. Vede un’inquietante luce rossa.

Entra in un mondo di oscurità, un’oscurità che gradualmente si ispessisce mentre sogna una luce polare e un inverno perenne.

Passa quindi a una foresta tropicale mai esplorata. La sua anima si trasforma in un’essenza vegetale; è una quercia gigante, e allarga le sue ampie foglie stormendo e frusciando ai soffi della brezza. È ormai nei pressi della fine del passaggio attraverso la confusione, adesso. Si libera dallo scuro suolo della foresta e continua, attraverso un vuoto assoluto di suoni e sospiri. Tre intensi punti luminosi campeggiano su un triplo muro di oscurità, verso il quale si dirige silenziosamente. Adesso riesce a distinguere chiaramente tre archi colossali che salgono dal fondo di un mare immoto. L’arco mediano è il più alto; i due che lo fiancheggiano sono uguali tra loro. Riesce a stabilire che formano il portale di un’enorme caverna, il cui soffitto si slancia altissimo su di lui, nascosto da un sipario di nubi. Su ciascun lato intorno a lui corre un muro di roccia glabra e scabrosa, dai cui punti superiori, a un’altezza a malapena raggiungibile dalla sua vista, si dipartono stalattiti di ogni forma immaginabile che ammantano la scena di bellezza. Terribili accordi rombanti si riverberano attraverso l’universo mentre lui prosegue il suo cammino verso l’imboccatura della caverna.