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E cos’è che viene avanti adesso?

Sferoidi in gabbie, puzzolenti uomini-capro, e cose con le branchie, esseri che sono tutto occhi, e molte altre, e anche loro sono umanità. Urla. Gli sembra di bruciare, e ardere, in mezzo alla storia della razza umana. — Noi siamo le mutazioni — gli dicono. — Abbiamo determinato il nostro destino. Chi porta testimonianza di noi? Chi si assume la responsabilità?

— Io sarò il vostro testimone — risponde Clay. — Io mi assumo la responsabilità.

Gli passano davanti interminabilmente, un milione di milioni di forme, e tutti dichiarano la loro umanità. Che cosa può fare? Piange. Allarga le braccia. Li benedice. Come è possibile che una simile prodigalità di forme sia stata concessa a una sola razza? Perché queste trasformazioni sono state tollerate? — Ci perdonerai le nostre metamorfosi? — gli chiedono urlando, e lui li perdona, e le legioni di mutanti si perdono nella luce.

— E noi siamo i figli dell’uomo — dichiarano quelli che emergono in seguito.

Respiratori. Mangiatori. Distruttori. Aspettatoli. Intercessori. Sfioratori. Tutti i superstiti dell’era attuale. Clay guarda da vicino gli Sfioratori, sperando di riconoscerne qualcuno, ma non gli sono familiari, e gli passano accanto. Un mostruoso Intercessore passa subito dopo, perso in sogni fangosi. Una falange di Distruttori. Tre Aspettatoli immobili. Clay intuisce, come non aveva mai intuito prima, il pieno svolgersi del tempo attraverso il quale è passato; infatti adesso si ritrova prigioniero in un mare di forme, preumane e umane e postumane, che vanno e vengono, implorandolo, chiedendogli conforto, cercando redenzione, chiacchierando, ridendo, piangendo…

— Hanmer? — chiama. — Serifice? Ti? Bril? Angelon? Ninameen?

Li vede. Sono ammucchiati alla base della colonna, inseriti profondamente nel terreno. Non riesce a raggiungerli. Sono avvolti in colori evanescenti, e le loro immagini sono indistinte. Si precipita verso il basso, ma viene sospinto di continuo verso l’alto. Dopo un po’ svaniscono. Sono morti? Possono essere salvati? Capisce che cosa deve fare. Vivrà la storia intera della sua razza. Prenderà su di sé tutte le angosce del mondo. Si abbandonerà completamente, sacrificandosi perché i suoi Sfioratori non muoiano. Fluttua liberamente attraverso la colonna, passando senza difficoltà da un’epoca all’altra, ora trovandosi di fronte a un tormentato Neanderthal, ora a un impassibile Distruttore, ora a uno sferoide, infine a un capro. — Datemi le vostre angosce — sussurra. — Datemi i vostri fallimenti e i vostri errori e le vostre paure. Datemi le vostre noie. Datemi la vostra solitudine. — Glieli danno. Lui avvizzisce. Non aveva mai conosciuto un tale dolore. La sua anima è un bianco sudario di agonia. Eppure c’è un nucleo di forza dentro di lui di cui non aveva mai sospettato l’esistenza. Assorbe le sofferenze dei millenni; dispensa redenzione in nuvole cremisi. Procedendo in questo modo verso il basso, offrendosi liberamente agli uomini di tutte le specie, raggiunge la barriera che lo separa dai sei Sfioratori, e preme gentilmente per superarla, rimbalzando, ritornando, rimbalzando, ritornando, per penetrarla, finalmente. Leggero come un fiocco di luce discende su di loro. — Guardatemi — mormora. — Come sono imperfetto, eh? Come sono volgare. Come sono vile. Ma considerate le potenzialità. Vi rendete conto che io sono voi, vero? Esattamente come queste scimmie pelose sono me. E gli Intercessori, i Neanderthal, gli sferoidi, i Distruttori… tutti uno, tutti ruscelli dello stesso fiume. Perché negarlo? Perché distogliere lo sguardo? Guardatemi. Guardatemi. Sono Clay. Sono amore. — Li prende per mano. Sorridono, gli si avvicinano. Lui percepisce le loro vere forme, né femminili né maschili; vede la luce dentro di loro. — Abbiamo viaggiato per molto tempo insieme — dice. — Ma il vostro viaggio non finisce qui. — Indica verso l’alto nella colonna di fuoco freddo, mostrando loro le forme non ancora nate che attendono, i figli dei figli dell’uomo. — Datemi le vostre paure. Datemi il vostro odio. Datemi i vostri dubbi. E andate. E tornate al vostro mondo. E andate. E andate. — Li abbraccia. — Sono Clay. Sono amore. — Il dolore cresce dentro di lui; sente una punta rovente di angoscia in mezzo al cranio. — Sono Hanmer — gli dicono. — Sono Ninameen. — Sono Ti. — Sono Bril. — Sono Angelon. — Sono Serifice. — E lui: — Avete bisogno della morte? Cosa può insegnarvi? Lasciatemi. Lasciatemi. Il mio tempo è finito; il vostro sta appena cominciando. — Si mette in sintonia con loro e vede che traboccano di comprensione e amore. Bene, bene. Fa un gesto, si alzano: in alto sopra di lui, girano, danzano nella luce intensa, gli mandano baci. — Addio. Addio. Ti amiamo. — "I sogni finiscono" gli ha detto una volta Ti. Bene, finiscono adesso. Terminano su un’onda di amore. Gli Sfioratori non moriranno. Sopra di lui roteano spirali di colore, e Clay vede le gloriose nebulose, vede le galassie in collisione, vede il dorato arco dell’umanità che esce dal passato per scomparire, splendente, nel tempo a venire. E tutti gli uomini e i figli dell’uomo percorrono quel sentiero. Mangiatori, Distruttori, sferoidi, capri, Hanmer, Ninameen, Ti, Intercessori, Neanderthal, Bril, Serifice, Angelon, tutti, i delegati degli eoni, avanzano verso quello spettro splendente che proprio lui dopo tutto non raggiungerà. Non adesso. Né mai. I sogni finiscono. Lui porta i loro pesi. Fluttua al di sopra dell’abisso, ed è arrivato all’orlo del Pozzo. Qui si ferma, guardando in basso allo splendore della potenza della creazione, contemplando una visione di quello che ne emergerà un giorno, di cui questo non è che un semplice prologo. Adesso il dolore è completamente scomparso. Porta il suo peso bene. È uomo, ed è Figlio dell’uomo, e il sogno è finito. Risale dal basso. Cammina lentamente verso l’esterno del bordo di porcellana. Le bestie si sono raccolte nella pianura deserta e spoglia, e così hanno fatto i suoi amici. Sorride. Si sdraia. Finalmente dorme. Finalmente. Dorme.

Tenetevi all’erta, vegliate e pregate: infatti non sapete quando è il momento.

Perché il Figlio dell’Uomo è come un uomo che fa un lungo viaggio, che ha abbandonato la sua casa, e ha lasciato autorità ai servitori, e a ogni uomo alle sue dipendenze, e ha ordinato al portiere di vegliare.