«Davvero, Will», bisbigliò. «Ti prego!»
Il rombo dei motori le coprì la voce.
2.
Due inservienti dell’aeroporto attendevano con una passerella a ruote per la discesa dei passeggeri. Ma il grosso apparecchio, nero e incombente nella luce dei riflettori, s’era fermato a un centinaio di metri almeno. I possenti motori tacquero, e nel silenzio, tutti parvero tenere il fiato sospeso.
«Marck!» In quell’improvviso silenzio, la voce della signora Mondrick echeggiò come un grido di terrore. «Nessuno riesce a vedere Marck?»
Il gruppetto dei suoi amici corse avanti, verso la massa lontana dell’apparecchio immobile. Barbee si fece vicino alla cieca.
«L’aereo si è fermato a una certa distanza», le spiegò, «non so perché; ma tuo marito e gli altri saranno qui da un minuto all’altro.»
«Grazie, Will.» Lei gli sorrise riconoscente, ma la sua ansia non pareva averla abbandonata. «Ho tanta paura per Marck! Conosco le sue teorie e so quello che Sam Quain ha trovato, scavando sotto la sua direzione in quell’antichissimo sepolcreto dell’Ala-shan, durante l’altra spedizione. Ecco perché ho cercato in ogni modo di non lasciarlo ritornare in Mongolia.»
Si volse bruscamente, tendendo l’orecchio.
«Ma dove sono, Will?», sussurrò. «Perché non vengono?»
«Non riesco a capire», rispose Barbee, anche lui preoccupato. «L’aereo è fermo laggiù, in attesa. Hanno messo la passerella, e si è aperta la porta, ma non scende nessuno. Ora c’è il dottor Bennett, dell’Istituto, che sale a bordo.»
Tenendosi il cane vicino il più possibile, la cieca si volse ancora verso l’edificio della stazione, tendendo l’orecchio.
«Dov’è quella tua amica?», domandò, sempre con voce tesa dall’ansia. «Quella che Turk ha allontanato?»
«Dentro l’edificio. Mi spiace che possa essere accaduto qualche cosa di spiacevole, Rowena. April è una ragazza deliziosa, ed ero sicuro che ti sarebbe piaciuta. Davvero, non riesco a vedere una ragione...»
«Ma una ragione c’è di sicuro. Altrimenti, Turk non l’avrebbe attaccata a quel modo. Turk sa...»
«Andiamo, Rowena, non ti sembra di esagerare nella tua fiducia in Turk?»
Le lenti nere della cieca parvero fissarlo con ostilità.
«Marck ha addestrato Turk a proteggermi», insistette in tono solenne. «E se Turk ha attaccato quella donna, è perché l’ha sentita ostile.» Le dita della cieca accarezzarono ancora una volta le borchie d’argento del collare del cane. «Ricordatene, Will. Non dubito che quella ragazza possa essere affascinante... certo! Ma Turk non si lascia mai ingannare!»
Barbee fece un passo indietro, a disagio. Si chiese se gli artigli del leopardo nero, strappandole gli occhi, non le avessero anche parzialmente leso il cervello. Le ansie di Rowena andavano molto al di là d’ogni ragionevolezza.
«Ecco Bennett», le fece con un sospiro di sollievo. «Ora anche gli altri scenderanno con lui.»
Rowena trattenne il fiato, e attesero in silenzio. Solo Barbee, tuttavia, poteva vedere Bennett: e se la sua voce era tranquillizzante, il viso rabbuiato pareva smentirla, quando l’uomo li ebbe raggiunti.
«Stanno tutti bene, signora Mondrick», disse. «Si stanno preparando a scendere, ma credo che dovremo attendere ancora un po’.»
«Ma perché?»
«Suo marito, a quanto pare, ha scoperto cose di straordinaria importanza, e vuole fare una dichiarazione pubblica sui risultati della sua spedizione prima ancora di uscire dall’aeroporto.»
«Oh, no!», esclamò Rowena, al massimo dell’angoscia. «Non deve!», singhiozzò. «Non glielo permetteranno.»
Bennett aggrottò la fronte lievemente stupito.
«Non vedo che cosa ci sia di preoccupante in una dichiarazione sui risultati d’una spedizione scientifica», disse. «Le assicuro, signora Mondrick, che non c’è il minimo pericolo. Il professore mi è parso forse un po’ troppo sollecito riguardo a non so quale intoppo, tanto che mi ha pregato di chiamare la polizia, per proteggere i membri della spedizione e i reperti fino a quando la dichiarazione non abbia avuto luogo.»
Rowena scosse la fiera testa candida, come dubitando della protezione di cui poteva essere capace la polizia.
«Cosa potrà mai fare la polizia!», disse con voce esasperata. «La prego, vada a dire a Marck...»
«Abbia pazienza, signora», la interruppe il signor Bennett, «ma debbo eseguire immediatamente gli ordini di suo marito. Mi ha detto di far molto presto... come se il minimo ritardo possa rappresentare un pericolo.»
«E ha ragione!» La cieca assentì cupamente. «Corra, allora.»
Barbee si mise a passeggiare lentamente nella sala d’aspetto, e a un tratto vide i capelli di fiamma di April Bell all’interno d’una cabina telefonica. Ma per quanto si guardasse intorno, non riuscì a scorgere alcuna vecchia signora che potesse ricordargli una zia Agatha qualunque. Bevve allora due tazze di caffè, senza riuscire a togliersi il freddo che aveva dentro, un gelo ben più molesto del vento tagliente. E quando udì il gracidio degli altoparlanti che annunciavano l’arrivo dell’aereo di linea, corse fuori per non lasciarsi sfuggire Walraven.
L’uomo politico si mise in posa come un imperatore romano davanti al fotografo dello Star,ma non volle fare dichiarazioni di sorta, quando Barbee cercò d’intervistarlo sul suo programma. In confidenza, e non per il giornale, disse a Barbee che intendeva studiare un programma di azione col suo vecchio e grande amico Preston Troy. Invitò il giornalista a passare qualche volta nel suo studio d’avvocato a bere un bicchierino, ma per il momento non voleva fare dichiarazioni. Puntò ancora una volta in aria per il fotografo il mento appena abbozzato, e salì su un tassi.
Sarebbe stato Preston Troy a tracciare il piano d’azione, come Barbee sapeva benissimo, e a pagare il giornalista che avrebbe dovuto organizzare la campagna di stampa. La verità su Walraven, uomo di paglia nell’ambizioso programma politico di Preston Troy, sarebbe stata materia per una serie di articoli e rivelazioni sensazionali. Ma non per lo Star. Barbee tornò presso l’aereo di Mondrick.
Erano arrivate tre auto della polizia, e una mezza dozzina di uomini in uniforme stava scortando cronisti e fotografi verso il grosso velivolo. Due poliziotti si fermarono e si volsero per far indietreggiare la turba dei parenti e amici angosciati.
«Vi prego», stava quasi urlando Rowena Mondrick a un agente, «lasciatemi restare qui. Mondrick è mio marito ed è in pericolo. Devo restare qui, vicino a lui, per aiutarlo!»
«Mi dispiace, signora, ma è compito nostro proteggere suo marito, anche se non vedo quale pericolo possa minacciarlo. Tutti, meno la stampa, devono tornare davanti all’edificio della stazione.»
«Ma voi non potete sapere!», insistette la cieca in una specie di roco sussurro. «Voi non potete essergli di alcun aiuto...»
Senza ascoltarla, il poliziotto la condusse verso la stazione.
Pallida come una morta, Nora Quain riportò la sua piccola, che piangeva perché non le lasciavano vedere il papà, nella sala d’aspetto. Mamma Spivak emise un piccolo gemito e abbandonò la testa sulla spalla del piccolo marito. Il vecchio Ben Chittum sbatté la pipetta annerita quasi in faccia al poliziotto che lo andava sospingendo indietro:
«Mi stia a sentire, agente. Sono due anni che prego il Cielo che mio nipote torni vivo da quel maledetto deserto. E gli Spivak, qui, hanno speso più di quanto potessero permettersi per venire fin qua da New York in aeroplano. Per la miseria, sergente...».
Barbee gli strinse a mezz’aria il braccio tremante d’indignazione.
«Meglio aspettare con calma, Ben», gli disse. E il vecchietto zoppicò via dietro gli altri, brontolando e minacciando tra i denti.