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La maggior parte dei presenti emise un grido d’orrore. Burton grugnì. Monat rimase a fissare, sbalordito.

I grossi denti di Kazz affondarono nell’organo sanguinolento, staccandone un’ampia porzione. Le sue mascelle dalle grandi ossa e dai muscoli potenti presero a masticare, ed egli socchiuse gli occhi con espressione estatica. Burton gli si avvicinò e tese la mano, con un gesto che voleva significare protesta. Kazz fece un largo sogghigno: tagliò via un pezzo dal fegato e lo offrì a Burton. Quando questi lo rifiutò rimase molto stupito.

— Un cannibale! — esclamò Alice Hargreaves. — Oh, mio Dio, un cannibale insanguinato e puzzolente! È questo è l’aldilà che ci era stato promesso!

— Non è peggiore dei nostri stessi antenati — osservò Burton. Si era ripreso dall’emozione, e si stava perfino divertendo, almeno un poco, davanti alla reazione degli altri. — In una terra dove il cibo sembra essere un pochino scarso, la sua azione è eminentemente pratica. Bene, il nostro problema di seppellire un cadavere senza gli opportuni attrezzi di scavo è risolto. D’altra parte se i graal, contrariamente a quanto pensiamo, non sono una fonte di cibo, prima o poi finiremo con l’imitare Kazz.

— Mai! — esclamò Alice. — Prima morirei!

— Questo è esattamente quello che lei vorrebbe fare — replicò Burton con voce glaciale. — Suggerisco di allontanarci, lasciando che Kazz mangi in pace. Il mio appetito non si calma vedendo lui, e inoltre io trovo il suo comportamento a tavola abominevole almeno come quello di uno yankee delle frontiere. O di un curato di campagna — aggiunse a beneficio di Alice.

Andarono a mettersi dietro a uno dei grandi alberi nodosi, dove Kazz non poteva vederli. Alice disse: — Non voglio averlo d’attorno. È un animale, una cosa repellente! Ecco, non mi sentirei al sicuro neppure per un secondo con lui vicino!

— Lei ha chiesto la mia protezione — replicò Burton. — Io gliela darò finché lei farà parte di questo gruppo. Ma lei dovrà anche accettare le mie decisioni. Una delle quali è che l’uomo scimmia rimane con noi. Abbiamo bisogno della sua forza e della sua abilità, che sembrano molto appropriate a questa regione. Siamo diventati dei primitivi, perciò abbiamo tutto da imparare da un primitivo. Kazz rimane.

Alice guardò gli altri senza parlare, come per chiedere il loro intervento. Le sopracciglie di Monat fremettero. Frigate si strinse nelle spalle e disse: — Signora Hargreaves, se le è possibile dimentichi le sue abitudini, le sue convenzioni. Non siamo esattamente in un paradiso vittoriano di prima classe. E neppure, in verità, in alcun tipo di paradiso mai sperato. Non può pensare a comportarsi come faceva sulla Terra. Tanto per darle un esempio, lei viene da una società in cui le donne si coprivano dal collo ai piedi con pesanti indumenti e la vista di un ginocchio femminile era eccitante al massimo. Tuttavia non sembra che lei provi il benché minimo imbarazzo ad essere nuda: ha ugualmente un portamento nobile e solenne, come se indossasse un abito da suora.

— A me la cosa non piace — replicò Alice. — Ma perché dovrei esserne imbarazzata? Dove tutti sono nudi, nessuno è nudo. Non si può pensare altrimenti. Anche se un angelo mi desse un corredo completo, non lo metterei. Sarei fuori moda. Inoltre ho un bel personale. Se non l’avessi, sì che sarei imbarazzata.

I due uomini risero, e Frigate disse: — Lei è fantastica, Alice. Assolutamente. Posso chiamarla Alice? «Signora Hargreaves» sembra così formale, adesso che è nuda.

Alice non rispose; si allontanò e scomparve dietro un grosso albero. Burton disse: — Bisognerà stabilire qualche regola igienica nell’immediato futuro. Il che significa che qualcuno dovrà stabilire le norme sanitarie, e avere il potere di emettere leggi e farle rispettare. Ma come si fa a formare il corpo legislativo, il giudiziario, l’esecutivo, dall’attuale stato di anarchia?

— Passiamo a problemi più immediati — propose Frigate. — Cosa facciamo del morto?

Frigate era solo un po’ meno pallido di un momento prima, quando Kazz aveva sventrato il cadavere col suo coltello di selce.

Burton disse: — Sono sicuro che la pelle umana, opportunamente conciata, o le budella umane, opportunamente trattate, sono di gran lunga superiori all’erba per confezionare funi o lacci. È mia intenzione tagliarne via dei pezzi. Vuole aiutarmi?

Il silenzio era rotto solo dal vento che faceva stormire le foglie e gli steli d’erba. Il sole picchiava forte, tanto da far sudare, ma il sudore asciugava rapidamente alla brezza. Nessun uccello strideva, nessun insetto ronzava. Ed ecco d’un tratto la stridula voce della bambina lacerare la calma. La voce di Alice le rispose, e la bimba corse da lei dietro l’albero.

— Ci proverò — disse l’americano. — Ma non garantisco. Ne ho già viste troppe, tutte in un solo giorno.

— Faccia come crede, allora — replicò Burton. — Ma chi mi aiuterà si assicurerà un pezzo di pelle. Anche a lei potrebbe far comodo averne un po’ per legare una testa d’ascia ad un manico.

Si sentì distintamente Frigate inghiottire. Poi disse: — Ci sto.

Kazz era ancora accucciato nell’erba accanto al cadavere, e teneva in una mano il fegato sanguinolento e nell’altra il coltello di pietra, chiazzato di sangue. Vedendo avvicinarsi Burton, gli indirizzò un sogghigno, con le labbra tutte sbrodolate, e tagliò via un pezzo dal fegato. Burton fece segno di no col capo. Gli altri (Galeazzi, Brontich, Maria Tucci, Filippo Rocco, Rosa Malini, Caterina Capone, Fiorenza Fiorri, Babich, Giunta) si erano allontanati dall’orribile spettacolo. Si erano messi dietro il grosso tronco di un pino, e parlavano sommessamente in italiano.

Burton si accovacciò accanto al cadavere e premette la punta del coltello, partendo proprio sopra il ginocchio destro e finendo alla clavicola. Frigate gli si era messo al fianco, guardando con occhi sbarrati. Divenne ancora più pallido, e il suo tremito aumentò. Ma non si mosse finché due lunghe strisce di pelle furono tolte dal corpo.

— Vuole provare lei? — disse Burton. Girò il corpo sul fianco, in modo da poter levare altre strisce anche più lunghe. Frigate prese il coltello spruzzato di sangue e si mise al lavoro serrando i denti.

— Non prema troppo — consigliò Burton; e un attimo dopo continuò: — Ora il taglio non è abbastanza profondo. Qua, mi dia il coltello. Guardi.

— Un mio vicino — mormorò Frigate — aveva l’abitudine di appendere i suoi conigli dietro il garage e tagliargli la gola subito dopo avergli spezzato il collo. Rimasi a guardare una volta sola. E mi bastò.

— Non può permettersi di essere schizzinoso o di avere lo stomaco delicato — disse Burton. — Ora vive nelle condizioni più primitive. Per sopravvivere deve comportarsi da primitivo, che le piaccia o no.

Brontich, un alto e magro sloveno che in vita aveva fatto l’albergatore, sopraggiunse di corsa. — Abbiamo appena scoperto — disse — un’altra di quelle grosse pietre a forma di fungo. A una quarantina di metri da qui. Era nascosta dietro alcuni alberi, in una valletta.

A Burton stava passando l’iniziale piacere di tormentare Frigate. Ora cominciava a provare compassione per il poveraccio. — Senta, Peter, perché non va a esaminare quella pietra? — gli disse. — Se qui ce n’è una possiamo risparmiarci di tornare di nuovo al fiume.

Tese a Frigate il proprio graal. — Lo infili in una delle cavità della pietra, ma si ricordi esattamente in quale. Dica agli altri di fare altrettanto, e si assicuri che nessuno dimentichi in che punto ha messo il cilindro. Non vorrei che sorgessero liti al proposito, capisce.

Frigate, cosa strana, era riluttante ad andare. Sembrava che avesse la sensazione di essersi messo in cattiva luce a causa della propria debolezza. Rimase piantato lì per un po’, appoggiandosi ora su una gamba ora sull’altra e sospirando parecchie volte. Alla fine, vedendo che Burton continuava a raschiare la faccia inferiore delle strisce di pelle, s’incamminò. Con una mano portava i due graal, e nell’altra la sua ascia di selce.