Ululando, fra vortici di gocce che roteavano via in tutte le direzioni, il veicolo si fermò a mezzo metro sopra la superficie della palude. Il grosso raggio trattore, un modello usato anche per i lavori nello spazio, fu puntato in basso. Fango, pezzi di radici e ghiaccio esplosero fuori come un geyser, con un ruggito. Da lì a due minuti il raggio aveva scavato un cratere largo tre metri e fondo almeno cinque, percorso da vibranti ondulazioni color caffellatte lungo le pareti. La fossa cominciò a chiudersi appena il raggio invertì la polarità, ma il manovratore fu svelto a restringerlo e con un gorgogliante risucchio la motopulce fu tirata fuori dalla sua tomba di melma. Sotto di essa, appesi alla catena, penzolavano miseramente i resti contorti della tenda-bolla. Il veicolo indietreggiò fuori dalla palude, spense il cuscino d'aria e si appoggiò al suolo accanto al suo carico.
Bonn e Miles andarono a esaminare la motopulce coperta di fango. Il tenente toccò con un piede la plastica afflosciata lì accanto. — Lei non era in questa tenda-bolla, no, alfiere?
— Temo di sì, signore. Aspettavo che facesse giorno. Purtroppo… mi ero addormentato.
— Ma è uscito prima che affondasse.
— Be', non proprio. Quando mi sono svegliato ero già un bel pezzo sotto.
Bonn inarcò le sopracciglia. — Sotto di quanto?
Miles si portò una mano all'altezza del mento.
Il tenente lo guardò stupito. — E come diavolo ha fatto a tornare in superficie?
— Mi sembra che non sia stato facile. Adrenalina, suppongo. Sono arrivato su senza i pantaloni e le scarpe. Ripensandoci, anzi, posso andare a vedere se ritrovo almeno le scarpe, signore?
Bonn annuì in silenzio, e Miles tornò nella palude. Girò intorno alla buca prodotta dal raggio trattore, tenendosi a distanza di sicurezza dall'acqua marroncina che ora la riempiva, e dopo aver frugato nel fango più solido che era stato proiettato attorno trovò infine una scarpa, ma non l'altra. Valeva la pena di tenerla, nel caso che un giorno gli avessero amputato un piede? Probabilmente sarebbe stato il piede sbagliato. Fece un sospiro e risalì fino al veicolo.
Bonn guardò la scarpa malconcia e scosse il capo. — Avrebbe potuto lasciarci la pelle.
— Tre volte. Schiacciato nella tenda-bolla, affogato nel fango, e congelato sotto la grandine in attesa dei soccorsi.
Il tenente gli diede un'occhiata penetrante. — Proprio così. — Si allontanò a passi lenti dal veicolo, guardandosi attorno come in cerca di una vista migliore della zona. Miles lo seguì. Quando furono fuori portata d'udito dei due tecnici Bonn si fermò a osservare la palude, e con aria spassionata gli comunicò: — Ho sentito dire… ufficiosamente, che un certo tecnico motorista di nome Pattas si è vantato con un collega di averle fatto un brutto scherzo, dicendo che lei è stato così stupido da cascarci. Questa vanteria potrebbe esser stata… poco intelligente, se lei fosse rimasto ucciso.
— Se fossi rimasto ucciso, importerebbe poco che se ne sia vantato o meno. — Miles scrollò le spalle. — Quello che sfuggirebbe alla polizia militare della Base, stia pure certo che non resterebbe ignoto alla Sicurezza Imperiale dopo un'indagine approfondita.
— Lei si è reso conto d'esser stato vittima di un atto deliberato? — Bonn studiò l'orizzonte.
— Sì.
— Allora mi sorprende che non abbia subito informato la Sicurezza Imperiale.
— Oh, ammetto di averci pensato, signore.
Lo sguardo di Bonn tornò su di lui, come prendendo visione di tutte le sue deformità. — Non reciti la parte del Lord sportivo con me, Vorkosigan. Perché l'hanno accolto nel servizio?
— Lei che ne pensa?
— Privilegi dei Vor.
— E io ne ho approfittato.
— Allora perché è finito qui? Lei avrebbe potuto fare la bella vita al Quartier Generale.
— Vorbarr Sultana è deliziosa in questa stagione — annuì lui con un sospiro, e pensò a come se la stesse cavando suo cugino Ivan. — Ma io volevo fare servizio su un'astronave.
— E non poteva imbarcarsi, in qualche modo? — lo interrogò Bonn, scettico.
— Mi è stato detto che dovevo meritarmelo. Ecco perché sono qui. Per dimostrare che sono adatto al Servizio oppure… oppure no. Chiamare la Sicurezza Imperiale dopo una settimana dal mio arrivo, e far mettere a soqquadro la Base e tutti quanti da investigatori alla ricerca di una cospirazione, magari politica… dove io so che non c'è stato niente del genere… per quanto forse sarebbe divertente, non mi porterebbe più vicino al mio obiettivo. — Prove confuse, voci, la sua parola contro quella di due uomini… anche se lui avesse chiesto un'indagine completa e la macchina della verità gli avesse dato ragione, alla lunga le ripercussioni di quell'episodio l'avrebbero soltanto danneggiato. No, il Principe Serg valeva la rinuncia a una vendetta.
— Il reparto veicoli è sotto il comando del reparto ingegneria. Se la Sicurezza Imperiale venisse a indagare, io sarei tenuto a dire quello che so. — Gli occhi scuri di Bonn ebbero uno scintillio.
— Sì, signore, le sarebbe richiesta una testimonianza. Ma le voci restano voci, e possono circolare come esser smentite. Rischiare di compromettersi non le gioverebbe. E per quello che è successo qui, lei ha soltanto la mia parola. — Miles soppesò la scarpa, poi la scaraventò di nuovo nella palude.
Bonn la seguì pensosamente con lo sguardo mentre piombava nella poltiglia marroncina semiliquida. — La parola di un Lord Vor?
— Non ha molto valore, in questi tempi degenerati. — Miles scoprì i denti in un sogghigno. — Lo domandi a chiunque.
— Mmh. — Bonn scosse il capo, poi si avviò di nuovo verso il veicolo.
Il mattino dopo Miles si presentò al reparto manutenzione per la seconda parte del suo incarico: pulire e rimettere in efficienza l'equipaggiamento recuperato. Il sole brillava alto da ore, ma il suo corpo gli diceva che erano solo le 0500. Dopo un'ora di lavoro sulla motopulce, tuttavia, cominciava a scaldarsi e si sentiva meglio disposto.
Alle 0630 il tenente Bonn arrivò, inatteso, da uno dei corridoi seminterrati e mise a sua disposizione due aiutanti.
— Ehilà, caporale Olney. Salve, Pattas. Ci rivediamo, eh? — Miles sorrise acidamente. I due si scambiarono un'occhiata, a disagio. Lui esibì un atteggiamento del tutto illeggibile.
Alle vasche di lavaggio tenne in movimento i due uomini e si diede da fare quanto loro. La conversazione si limitò a frasi sintetiche su argomenti tecnici. Alle otto e mezzo, l'ora in cui Miles doveva mettersi a rapporto dal luogotenente Ahn, il veicolo e quasi tutti gli altri oggetti in dotazione erano di nuovo funzionanti e puliti come quando gli erano stati consegnati.
Augurò ai due aiutanti un cortese buongiorno e uscì, seguito dai loro sguardi più che mai perplessi e sconcertati. Be', se ormai non avevano capito erano proprio senza speranza. Aeremente Miles si chiese perché gli riuscisse facile avere rapporti solo con gente dall'intelligenza sveglia, come Bonn. Il maggiore Cecil aveva ragione: se non fosse riuscito a farsi ascoltare e rispettare dai sottoposti non sarebbe mai stato utile al Servizio. Non a Campo Cessofreddo, comunque.
Il giorno successivo, il terzo dei sette di punizione prescritti, Miles si presentò dal sergente Neuve. A sua volta il sergente gli presentò una motopulce da carico piena di attrezzature, un disco coi manuali per l'uso di ciascuna, e il programma di manutenzione delle condutture e degli scarichi della Base Lazkowski. Senza dubbio gli si preparava un'altra esperienza istruttiva. C'era da chiedersi se fosse stato Metzov, personalmente, a stilare l'elenco delle cloache e dei sifoni in cui avrebbe dovuto andare a insozzarsi.
La buona notizia era che avrebbe potuto disporre ancora dei due aiutanti. Quei particolari incarichi di ingegneria civile non erano, così sembrava, mai ricaduti sulle spalle di Olney e Pattas, perciò i due non avevano nessuna superiore conoscenza da sfruttare per approfittarsi di lui. A ogni tappa dovettero fermarsi e leggere i manuali prima di procedere. Miles s'impadronì alla svelta delle procedure e diresse il lavoro con un energico buonumore che avrebbe destato l'approvazione di uno stakanovista, mentre i due aiutanti si facevano sempre più cupi.