Il più acuto stratega di quell'ultimo secolo si passò una mano sulla fronte, come se avesse mal di capo. — Già… più o meno.
— E ora — chiese Miles, — cosa succederà, signore? Sarò accusato di alto tradimento?
— Per la seconda volta in quattro anni? — disse Illyan. — Diavolo, no. Non ho affatto voglia di sopportare le stesse seccature. Ti farò sparire finché si saranno calmate le acque. In quanto al dove, ancora non ci ho pensato. Non sull'isola Kyril, comunque.
— Lieto di saperlo. — Miles si accigliò. — E gli altri?
— Le reclute del plotone? — domandò Illyan.
— Gli… uh, ammutinati. I miei compagni, signore.
L'uso di quel termine non piacque a Illyan.
— Sarebbe gravemente ingiusto se io me la cavassi per la solita scappatoia privilegiata dei Vor, lasciandoli soli di fronte a un'accusa di quel genere.
— Lo scandalo di un processo pubblico danneggerebbe tuo padre e tutto il Partito Centrista. Io apprezzo i tuoi scrupoli morali, Miles, ma non posso permetterti di averne troppi.
Lui strinse i denti e si volse al Primo Ministro Conte Vorkosigan. — Signore?
Il Conte Vorkosigan si mordicchiava pensosamente un labbro. — Sì, potrei far ritirare l'accusa contro di loro ottenendo un decreto imperiale. Ma sfortunatamente questo avrebbe degli strascichi assai sgradevoli. Anche per te, intendo. — Si piegò in avanti, guardandolo dritto negli occhi. — Non potresti più prestare servizio. Le voci si spargono anche senza bisogno di un processo. Nessuno vorrebbe più averti alle sue dipendenze, perché un comandante non vedrebbe in te un vero ufficiale bensì un elemento protetto da privilegi speciali. E io non potrei certo suggerirgli di chiudere un occhio se ti vedesse coinvolto in altre questioni disciplinari.
Miles lasciò uscire lentamente il fiato. — In un certo senso quelli sono i miei uomini. Ti chiedo di far cadere l'accusa, ufficialmente, per loro come per me.
— Ti rendi conto che questo significa rinunciare all'uniforme? — domandò Illyan, con espressione addolorata.
Miles provò un freddo senso di nausea. — Me ne rendo conto — disse, con voce sottile.
Illyan meditò cupamente per qualche secondo, fissando uno schermo spento della sua consolle. — Miles — chiese poi, — come hai saputo che il generale Metzov ha passato dei guai durante la Rivolta di Komarr? La Sicurezza Imperiale ha tenuto segreto quell'episodio.
— Ah… Ivan non le ha detto della piccola falla nelle misure di sicurezza degli archivi, signore?
— Cosa?
Dannazione anche a Ivan. — Posso sedermi, signore? — sospirò debolmente Miles. La stanza stava ondeggiando, il sangue gli pulsava negli orecchi. Senza aspettare il permesso si mise a sedere sul pavimento, stralunando gli occhi. Suo padre fece l'atto di alzarsi, preoccupato; poi si trattenne. — Ho cercato informazioni sul passato di Metzov dopo che il tenente Ahn mi aveva accennato alla cosa. Fra l'altro, quando vi occuperete di Metzov, sarà meglio interrogare prima Ahn. Sa molto più di quello che mi ha detto. Lo troverete da qualche parte sull'equatore, suppongo.
— I miei archivi, Miles.
— Uh, sì. Be', è venuto fuori che se lei gira una consolle del sistema interno verso una collegata all'esterno, e chiama i file sulla prima, li può leggere da qualsiasi punto della rete video su Barrayar e fuori, via satellite. Ovviamente deve avere un complice al Quartier Generale che fa passare le schermate per lei, dato che non è possibile la trasmissione rapida codificata.
— Sistema impenetrabile! — mormorò il Conte Vorkosigan con voce chioccia. Stupito Miles s'accorse che stava ridacchiando.
Illyan aveva l'espressione di chi sta succhiando un limone. — E tu come… — S'interruppe e gettò un'occhiata al Conte, poi parve scartare irosamente quell'ipotesi. — Tu come ci sei arrivato?
— Ivan mi ha detto che le due consolle erano nello stesso ufficio. La soluzione era ovvia.
— Il tuo nuovo sistema di sicurezza, eh? — Il Conte Vorkosigan scosse il capo, rinunciando a mascherare il suo divertimento. — Il più costoso mai messo in atto. Collaudato contro i virus più astuti e i sistemi di spionaggio più sofisticati. E due alfieri ci frugano dentro a loro piacimento.
— Non ho mai detto che era anche a prova di idioti! — sbottò Illyan, seccato.
Il Conte Vorkosigan tornò serio con uno sforzo. — Già, il fattore umano. Correggeremo il difetto, Miles. Grazie.
— Tu sei peggio di una mina vagante, ragazzo. Vai sempre a scoppiare dove uno meno se l'aspetta — borbottò Illyan, sporgendosi da sopra la scrivania per arrivare con lo sguardo nel punto dove lui s'era seduto. — Questo fatto, dopo la tua scappata con quei dannati mercenari… gli arresti domiciliari non sono abbastanza per te. Non riuscirei a dormire la notte, se non sapessi che sei chiuso in una cella con le mani legate dietro la schiena.
Miles, che in quel momento avrebbe potuto uccidere per una sola ora di sonno, si strinse nelle spalle. Che Illyan lo spedisse in una cella o altrove era lo stesso, purché ci fosse una branda.
Il Conte Vorkosigan taceva, con una strana luce pensosa nello sguardo. Illyan notò la sua espressione e si accigliò.
— Simon — disse il Conte Vorkosigan, — non c'è dubbio che la Sicurezza Imperiale dovrà tener d'occhio Miles. Per il suo bene quanto per il mio.
— E per quello dell'Imperatore — aggiunse seccamente Illyan, — e per quello dell'ultimo accattone di Barrayar, e di tutti gli innocenti che stanno fra l'uno e l'altro.
— Ma per farlo sorvegliare dalla Sicurezza Imperiale c'è forse un modo migliore, e più efficiente e diretto, che farlo assegnare alla Sicurezza Imperiale?
— Cosa? — dissero insieme Illyan e Miles, nello stesso tono aspro e inorridito. — Non stai parlando sul serio — commentò il primo, e il secondo aggiunse: — La Sicurezza non è mai stata nella High Parade delle mie scelte preferite.
— Non parlo di scelte, ma di attitudini. Ricordo di averne già discusso col maggiore Cecil. Certo, ammetto che in effetti Miles non ha mai menzionato la Sicurezza fra le sue preferenze.
Non aveva neppure menzionato gli Uffici Meteorologici del Circolo Polare Artico, quanto a questo, pensò Miles.
— Una cosa giusta l'hai detta — brontolò Illyan. — Nessun comandante del Servizio lo vorrebbe sotto di sé, ora come ora. E non vedo perché io dovrei costituire la sfortunata eccezione.
— Non ce n'è uno a cui potrei onestamente chiederlo, lo riconosco. Eccetto te. Perché tu sei il solo — disse il Conte Vorkosigan con un sorriso franco, — a cui ho sempre potuto appoggiarmi, Simon.
Illyan lo fissò con stupore, come un esperto in strategia umana che cominciasse a capire d'esser stato manovrato da un altro esperto.
— La cosa funzionerebbe sotto più di un aspetto — continuò il Conte Vorkosigan nello stesso tono persuasivo. — Potremmo chiarire che non si tratta di una specie di esilio interno per un giovanotto caduto in disgrazia. Questo tapperebbe la bocca ai miei avversari politici, che altrimenti saprebbero come approfittarne. E cercherò di non far pronunciare la parola «ammutinamento», che non fa bene a nessun servizio militare.