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Cavilo tornò nella stanza di controllo e si rivolse alla donna in uniforme che si occupava dei monitor. — Togli dall'archivio di bordo la registrazione della cabina del generale Metzov nell'ultima mezz'ora, e dalla a me. Poi reinserisci la sorveglianza. No, non farla passare a schermo! — Attese che la donna trasferisse la registrazione su un microdisco e se lo fece consegnare, mettendoselo con cura in un taschino. — Questo chiudetelo nella Cella Quattordici — ordinò, accennando a Miles col capo. — Anzi, mmh… se è libera, portatelo nella Tredici. — I suoi denti lampeggiarono un istante.

Le guardie fecero spogliare Miles, lo perquisirono di nuovo e gli passarono addosso uno scanner. In tono blando Cavilo disse loro di registrarlo col nome di Victor Rotha.

Mentre si rivestiva, arrivarono due infermieri con una barella per rimuovere il corpo del capitano. Con faccia del tutto inespressiva Cavilo apostrofò stancamente Miles: — Hai voluto farmi gettare via un utile doppio agente. Un atto vandalico. Avrebbe potuto servire a qualcosa di meglio che di lezione a uno sciocco. Devi ringraziare Metzov se ha deciso di proteggerti per i suoi scopi, ma queste celle non sono destinate ad alloggiare individui inservibili. Ti consiglio di pensare a un modo di renderti utile a me. — Ebbe un sorrisetto vago, distaccato. — È singolare l'affetto che Metzov rivela nei tuoi confronti. Dovrò scoprirne il motivo.

— E il caro Stanis a cosa le serve? — Miles osò assumere un tono di sfida, irritato da quel modo di vedere le cose. Essere grato a Metzov per la sua protezione? Pensiero rivoltante.

— È un esperto comandante, nei combattimenti di superficie.

— E perché una flotta di astronavi assoldata per sorvegliare i corridoi di transito sente il bisogno di un esperto in tattiche di superficie?

— Be', diciamo allora che sa essere piacevole, a suo modo — rispose lei con un sorriso divertito, voltandogli le spalle.

Poteva perfino essere la verità. — A suo modo come, con le braghe di cuoio e una frusta in mano? — borbottò lui, ma sottovoce e stando attento a non farsi sentire. Chissà se quei due conoscevano le rispettive inclinazioni? Gli sarebbe convenuto mettere Cavilo sull'avviso riguardo al passato di Metzov? O, ripensandoci, gli sarebbe convenuto mettere sull'avviso Metzov riguardo a lei?

La sua mente era ancora occupata a speculare su quelle possibilità quando la porta della cella si chiuse dietro di lui.

A Miles non occorse molto per stancarsi delle novità offerte dal suo alloggio, uno spazio di circa due metri per due ammobiliato solo con un paio di brande imbottite e un cesso-lavandino. Nessun visore per libri, nessun sollievo dal circolo chiuso dei suoi pensieri centrati sugli errori che non avrebbe dovuto commettere e sul senso di colpa per averli commessi.

Una razione da campo dei Rangers, infilata qualche tempo dopo in un passavivande con apertura a campo di forza, risultò ancor meno appetitosa di quelle che, propinate alle reclute barrayarane, le costringevano a nascondere in una tubatura poche semplici paste spedite da casa. Sembrava cibo per cani pressato in cubetti duri, che potevano essere masticati e ammorbiditi da chi disponeva di un'abbondante salivazione. Miles si chiese cos'avesse servito Cavilo a Gregor per cena. Di certo qualcosa non altrettanto equilibrato e vitaminico, ma più commestibile.

Erano giunti così vicino al loro obiettivo. Il consolato di Barrayar si trovava a pochi livelli da lì, distante meno di un chilometro. Se soltanto fosse riuscito a scendere da quella nave… D'altra parte, forse Cavilo non avrebbe esitato a farlo inseguire fin là, violando l'immunità territoriale del consolato, se ne avesse visto l'utile. Dal modo in cui s'era liberata del capitano del mercantile, c'era da dubitare che i suoi scrupoli in questioni come le norme diplomatiche fossero eccezionali. Poteva benissimo ordinare ai suoi mercenari di distruggere il consolato ed eliminare tutti i cittadini barrayarani residenti su quella stazione. Miles si tolse di bocca un pezzo di carne che non riusciva a masticare e lo gettò nel cesso.

Alcuni bip-bip fuori dalla porta lo informarono che qualcuno stava premendo i pulsanti della sua serratura. Venivano a interrogarlo così presto? S'era aspettato che Cavilo si prendesse almeno il tempo di cenare e valutare ciò che poteva ottenere da Gregor, prima di occuparsi di lui. O aveva deciso di lasciare a qualche subordinato il compito di torchiarlo? Deglutì in fretta un ultimo boccone e si alzò in piedi, cercando di apparire stoico. O almeno non troppo spaventato.

Ma quando la porta scivolò di lato, sulla soglia apparve il generale Metzov, militaresco ed efficiente anche nell'uniforme da fatica nera e ocra dei Randall Rangers.

— Penso che non abbia bisogno di me, signore. O vuole che resti? — disse la guardia al suo fianco, mentre Metzov entrava.

L'uomo considerò con uno sguardo l'aspetto di Miles, la spiegazzata camicia di seta verde, i pantaloni malconci, i piedi nudi (dopo la perquisizione i sandali non gli erano stati restituiti) ed ebbe una smorfia sprezzante. — Non è necessario. Non credo che lui potrebbe farmi del male.

Vero, purtroppo, dovette dargli ragione Miles.

Metzov diede un colpetto al suo comunicatore da polso. — Ti chiamerò quando avrò finito.

— Come vuole, signore. — La porta si chiuse con un fruscio, e d'un tratto la cella sembrò molto più piccola di prima. Miles si accovacciò sulla branda e tirò su le ginocchia in posizione difensiva, preparandosi a scalciare. Metzov lo contemplò senza nascondere la sua soddisfazione per alcuni lunghi secondi, poi sedette comodamente sulla branda di fronte.

— Bene, bene — si compiacque, con un sogghigno duro. — Che strani scherzi fa il destino, eh?

— Credevo che lei fosse a cena con l'Imperatore — disse Miles.

— La comandante Cavilo, come tutte le femmine, perde la bussola per ogni sciocchezza. Quando si sarà calmata s'accorgerà che per tutto ciò che riguarda Barrayar ha bisogno della mia esperienza — affermò Metzov con sicurezza.

In altre parole, non ti ha invitato. - Vuol dire che ha lasciato l'Imperatore da solo con lei? — Gregor, bada ai tuoi passi.

— Gregor Vorbarra non mi preoccupa. Gli agi della vita di Palazzo rammolliscono il corpo e annacquano la tempra di un uomo.

Miles non si sprecò a dargli torto.

Metzov accavallò le gambe e tamburellò con le dita su un ginocchio. — Allora vediamo un po', alfiere Vorkosigan… sempreché sia ancora un alfiere. Ma con la giustizia che c'è su Barrayar, suppongo che nessuno le abbia rubato il suo grado e la sua paga. Che cosa sta facendo qui? Con lui?

Miles fu tentato di rispondere solo con nome, grado e numero di matricola, salvo che l'altro li conosceva già. Doveva considerare Metzov un nemico? Di Barrayar, se non suo personale? O le due cose erano separate, nella mente di quell'individuo? — L'Imperatore ha dovuto precedere il suo staff e gli uomini della scorta. Contavamo di rimetterci in contatto con loro tramite il consolato di Barrayar, qui sulla stazione. — Era abbastanza vero perché la mente contorta di Metzov potesse crederlo abbastanza falso.

— E da dove siete venuti qui?

— Da Aslund.

— Non giochi a rimpiattino con me, Vorkosigan. Io conosco Aslund. E prima di tutto, chi vi ha mandato qui? Non perda tempo a mentire, posso sempre farmelo confermare dal capitano della nave.

— No, non può. Cavilo lo ha ammazzato.

— Ah. — Un fremito di sorpresa, subito celata. — Ha fatto bene. Era il solo testimone a sapere dove siete.

C'era stato questo calcolo in Cavilo, quando aveva sfoderato il distruttore neuronico? Non era da escludersi. E tuttavia… il capitano del mercantile era il solo che avrebbe potuto dirle da dove venivano e chi li aveva mandati. Forse Cavilo non era così sottile come sembrava.