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— Buona idea. Se i vervani non hanno ancora mangiato la foglia, potrebbero essere i cetagandani a fornire loro qualche sgradevole informazione. Ti consiglio di non indugiare da queste parti.

— Non intendo farlo. Se il Mozzo Hegen sparisse dalla galassia stai cerio che non sentirei la sua mancanza. E questo vale ancor di più per te, piccolo rettile mutante. Se non fosse stato per te… — Scosse il capo, a denti stretti.

— Spero che ti rallegrerà sapere che i Dendarii sono stati pagati tre volte per questa operazione — disse Miles. — Una volta da Aslund, secondo il contratto originale, una volta da Barrayar, e una volta dai vervani grati e commossi. Sottratte le spese, questo ci lascia un discreto utile netto.

— Prega piuttosto di non incontrarmi mai più sviila tua strada! — ringhiò lei.

— Terrò caro questo augurio.

Il personale li fece entrare in sala, e furono indirizzati verso la scaletta a destra del palco. Miles si chiese se fosse possibile che Cavilo avesse la sfacciataggine di accettare un'onorificenza a nome dei Rangers, dopo aver complottato per distruggere chi gliela stava dando. Era possibile, come risultò subito dopo.

La prima medaglia che ho meritato, pensò, mentre il comandante della stazione gliela appuntava sul petto e si voltava verso le telecamere per motivarne la concessione, con imbarazzanti parole di elogio. E non posso neanche portarla in patria. La medaglia, l'uniforme e lo stesso ammiraglio Naismith erano destinati a essere messi in naftalina. Per sempre? Il futuro dell'alfiere Vorkosigan non era molto attraente, al confronto. E tuttavia… la vita di un militare era all'incirca la stessa ovunque. Se fra lui e Cavilo c'era una differenza, stava in quello che ciascuno aveva scelto di servire. E nel modo di farlo. Non tutte le strade, ma una sola strada…

Quando Miles tornò su Barrayar in licenza, qualche settimana più tardi, Gregor lo invitò a pranzo al Palazzo Imperiale. Andarono a sedersi a un vecchio tavolo d'acciaio nel Giardino Settentrionale, noto per esser stato disegnato e curato dall'Imperatore Ezar, nonno di Gregor. D'estate il tavolo sarebbe stato immerso in un'ombra fresca e profonda; quel mattino, sprazzi di sole filtravano fra le tenere foglie di una primavera alquanto precoce. Le guardie erano di sentinella al di là delle piante; i servi si tenevano fuori portata d'orecchio, pronti a scattare se nell'aria si fossero sparse le note argentine del campanello. Dopo tre portate, sazio, Miles sorseggiò il caffè e progettò un assalto al secondo vassoio di paste, che sull'altro lato del tavolo attendevano coraggiosamente il loro destino trincerate dietro i resti dilaniati delle bistecche. O era troppo per le capacità d'attacco dei suoi succhi gastrici? I soli avanzi di quel pranzo avrebbero dato dei punti alle razioni vervane dei lavoratori a contratto, per non parlare delle specialità canine servite nelle celle di Cavilo. Anche Gregor sembrava osservare quel panorama culinario con occhi nuovi. — Le stazioni spaziali sono posti noiosi, dopotutto, non trovi? Tutti quei corridoi così stretti — disse, contemplando una fontana da cui un ruscello serpeggiava via fra le aiuole. — Avevo smesso di vedere la bellezza di Barrayar, trovandomela sotto gli occhi ogni giorno. Per ricordare ho dovuto dimenticare. Strano.

— Ci sono stati momenti in cui io non riuscivo neppure a ricordare in che stazione fossi — fu d'accordo Miles, allungando una mano verso le paste alla crema. — Viaggiare in prima classe è un'altra cosa, ma le stazioni del Mozzo Hegen non offrono molte distrazioni ai turisti. Non è parso anche a te? — osservò, sogghignando.

La conversazione deviò sui fatti accaduti nello spazio territoriale vervano. Gregor fu divertito nel sapere che nella sala tattica della Triumph Miles non s'era occupato concretamente della battaglia né di altro, salvo che seguire le attività della sicurezza di bordo dopo l'evasione dei prigionieri.

— Buona parte degli ufficiali finiscono il loro lavoro proprio quando comincia una battaglia, perché lo svolgimento degli scontri spaziali riguarda una ristretta minoranza di tecnici — disse Miles. — Quando uno ha un buon computer tattico (e un esperto con una certa dose di intuito che sappia usarlo) può mettersi le mani in tasca e aspettare come finiscono le cose. Io avevo Tung, mentre sul Principe Serg tu… ahem.

— Io avevo due tasche molto profonde — annuì Gregor. — Ci sto ancora pensando. Mi sembrava tutto irreale, finché non andai a visitare l'infermeria, più tardi. E allora compresi che un punto di luce significava che quell'uomo aveva perso un braccio, e che quello accanto stava respirando una nebbia radioattiva…

— Quelle dannate luci sugli schermi ti danno gli incubi, dopo. Per il modo in cui mentivano sulla realtà — disse Miles. Si versò un altro po' di caffè e lasciò trascorrere una pausa di silenzio. — Non hai detto a Illyan la verità sul motivo per cui sei scappato, vero? — chiese poi, immaginando benissimo la risposta.

— Gli ho raccontato che sono sceso da quel balcone perché ero ubriaco — Gregor lasciò vagare lo sguardo sui fiori. — Come lo sai?

— Quando parla di te non gli vedo nessuna gelida ombra di terrore in fondo agli occhi.

— Gli ho detto solo… il minimo indispensabile. Non voglio che si preoccupi di queste cose. Anche tu sei stato molto riservato nel tuo rapporto… e te ne ringrazio.

— Di niente. — Miles sorseggiò il caffè. — Fammi un favore, in cambio. Parlane con qualcuno.

— E con chi? Non certo Illyan, né tuo padre.

— Che ne diresti di mia madre?

— Mmh. — Gregor rinunciò alla forchetta con cui stava goffamente torturando una fetta della torta al cioccolato e usò le mani, immergendo le dita nella tenera crosta.

— Probabilmente è l'unica persona di Barrayar che quando ti parla vede davanti a sé Gregor l'uomo, invece di Gregor l'Imperatore. Le nostre qualifiche sociali continuano a sembrarle illusioni ottiche, credo. E tu sai che non ti consiglierebbe nulla che non farebbe lei stessa, al tuo posto.

— Ci penserò.

— Non voglio essere io il solo che… il solo. So benissimo quando una cosa è troppo profonda per me.

— Lo sai? — Gregor inarcò un sopracciglio, togliendosi un pezzo di torta dall'angolo della bocca.

— Sicuro. E di norma evito di farla. Se posso.

— Be', appena avrò l'occasione… — disse Gregor.

Miles attese.

— Le parlerò, va bene.

Miles si rilassò, con un sospiro d'approvazione. — Mi fa piacere che tu l'abbia detto. — Il suo sguardo stava soppesando un'altra pasta alla crema. Era un delitto lasciare che perdesse la sua freschezza ammosciandosi su quel vassoio. — E in questi giorni va meglio?

— Molto meglio, grazie. — Gregor prese la pasta che lui stava fissando e se la portò alla bocca. A Miles parve di aver perso un'amica.

— Sul serio?

In due bocconi la pasta sparì. — Non lo so. A differenza di quel povero diavolo che hanno fatto andare in giro coi miei vestiti addosso, io non mi sono offerto volontario per questo.

— Tutti i Vor sono volontari. Appena tagliato il cordone ombelicale ci mettono in fila, e noi facciamo un passo avanti.

— Qualunque altro Vor potrebbe andarsene all'altro capo della galassia, e nessuno sentirebbe la sua mancanza.

— Tu non sentiresti la mia, un po'? — chiese Miles con indifferenza studiata. Gregor sbuffò. Lui si volse a guardare le aiuole. — Non è un posto malvagio qui, in confronto all'isola Kyril.

— Prova a svegliarti di notte in una camera vuota e buia, larga trenta passi, e a chiederti se dai tuoi cromosomi non verrà fuori qualcuno come mio zio Yuri, il Grande Folle Visionario, o uno come il Principe Serg. — Gregor gli diede un'occhiata tagliente. — E allora comincerai a vedere mostri anche tu, dietro le tende.

— Io… so dei problemi che aveva il Principe Serg — disse Miles, cautamente.

— Sembra che tutti lo sapessero, salvo io.