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Così questo era uno degli elementi che avevano innescato la fuga di Gregor da quel palazzo, una fuga dietro cui poteva esserci stato un inconscio desiderio di morte. La notte in cui s'era ubriacato. La notte in cui quel meccanismo era scattato. — Quando hai saputo di lui?

— Durante la conferenza su Komarr, fra una riunione e l'altra. Fino ad allora avevo captato solo qualche accenno… ma la propaganda anti-barrayarana era più esplicita.

Dunque l'impulso di gettarsi da quel balcone, razionalizzato con la decisione di scendere, era stata la sua prima reazione allo shock. Gregor non era stato preparato da nessuno.

— Dimmi, è vero che ha torturato…

— Non tutto ciò che si dice del Principe Serg è vero — si affrettò a interromperlo Miles. — Anche se i fatti reali sono… già abbastanza sgradevoli. Mia madre li conosce. Lei è stata testimone di parecchie cose che io non saprò mai, durante l'invasione di Escobar. Ma forse con te ne parlerà. Se glielo chiedi francamente, a te risponderà altrettanto francamente.

— Neppure tu e tuo padre parlate per enigmi, se è per questo — concesse Gregor.

— Lei può dimostrarti quanto tu sia diverso da lui. Comunque, nell'eredità genetica di tua madre non c'era niente che non andasse, a quanto ne so. È probabile che io abbia tanti cromosomi di Yuri il Folle quanti ne hai tu, ereditati dall'una o dall'altra linea di antenati.

Gregor fece un sogghigno. — E questo dovrebbe essere rassicurante per me?

— Mmh. Se i miei modesti cromosomi ti spaventano, puoi sempre spararmi.

— Quello che mi spaventa è il potere… — L'espressione di Gregor si fece contemplativa.

— Tu non hai paura del potere. Hai paura del male che potresti fare a molta gente… se rinunciassi al potere — disse Miles, in un lampo d'ispirazione.

— Uh. Ci sei andato vicino.

— Non dritto al nocciolo della questione?

— Ho paura che ci proverei gusto. A fare del male. Come lui.

Si riferiva al Principe Serg. Suo padre.

— Sciocchezze — disse Miles. — lo ho visto mio nonno cercare di farti appassionare alla caccia, per anni. Eri bravo, suppongo perché lo ritenevi un dovere per un Vor. Ma non tiravi mai il grilletto se l'animale era fermo o non s'era accorto di te, ed eri sempre tu quello che s'infognava dietro una bestia ferita per finirla. Quali che siano le tue perversioni, non sei un sadico.

— Ciò che ho letto e sentito dire… è impressionante — mormorò Gregor. — Sono cose troppo orribili per fingere d'ignorarle. Non posso fare a meno di pensarci.

— Se la tua testa è piena di cose orribili, è perché il mondo ne è pieno. Pensa alle sventure che Cavilo ha causato al Mozzo Hegen.

— Se l'avessi strangolata nel sonno (e avrei avuto occasione di farlo) quelle mostruosità non sarebbero accadute.

— Se strangolandola le avessi impedito di compierle, non avrebbe meritato d'essere strangolata. Inutile tormentarsi col senno di poi; lo strale della giustizia non può essere scagliato verso il passato. Perciò non devi rimpiangere di non averla strangolata prima. Anche se ammetto che tu possa rimpiangere di non averlo fatto dopo.

— No… no… preferisco lasciarla al suo destino. I cetagandani la stanno già cercando, anche se ha un buon vantaggio su di loro.

— Gregor, scusa ma Yuri il Folle qui non c'entra. Oggi quelli che rischiano di diventare matti sono i tuoi consiglieri.

Gregor guardò la torta al cioccolato, ancora quasi intera, e sospirò. — Se ti spiaccicassi questa torta in faccia, le guardie potrebbero allarmarsi.

— Decisamente. Avresti potuto farlo a otto anni, o a dodici, ma oggi no. La torta della giustizia non può essere scagliata verso il passato — scherzò Miles.

Alcune battute sulla possibilità di modificare la legge, e su certi personaggi che avrebbero meritato d'essere fucilati a raffiche di pasticceria alla crema, rasserenarono l'atmosfera e li fecero ridere. Gregor, decise Miles, aveva davvero bisogno di una battaglia a torte in faccia ogni tanto, anche se solo verbale e immaginaria. Quando si furono ormai rilassati, e il caffè fu freddo, versandosi un bicchierino di brandy Miles disse: — So che i complimenti ti fanno sentire con le spalle al muro, ma dannazione, il tuo lavoro lo sai fare. Dovrai pur avere questa consapevolezza, da qualche parte dentro di te, dopo la grossa parte che hai recitato a Vervain. Resta nei panni di quel personaggio. D'accordo?

— Credo che dovrò farlo — annuì lui, attaccando con la forchetta gli avanzi del dessert. — Ma anche tu dovrai adattarti ai tuoi.

— Qualunque siano, eh? È proprio a questo proposito che Simon Illyan vuole vedermi, oggi pomeriggio. — Miles decise che non si sarebbe appesantito lo stomaco con altre paste.

— Non sembri molto eccitato all'idea.

— Be', che non sarò degradato è sicuro. Non c'è un grado inferiore a quello di alfiere.

— Penso che sia soddisfatto di te. Perché non dovrebbe?

— Non aveva un'aria molto allegra quando sono andato a mettermi a rapporto. Sembrava che avesse acidità di stomaco. Non ha quasi detto parola. — Si accigliò, colpito da un improvviso sospetto. — Tu sai qualcosa, è così? Parla!

— L'Imperatore non deve interferire con le faccende interne del Servizio — sentenziò verbosamente Gregor. — Forse sarai promosso. Mi risulta che ci sia un posto di comando disponibile, all'isola Kyril.

Miles rabbrividì.

La primavera, nella città di Vorbarr Sultana, era gradevole come l'autunno. Sul marciapiede di fronte al Quartier Generale della Sicurezza Imperiale, Miles si fermò un momento a guardare l'acero terrestre, visìbile anche da lì, quasi dietro l'angolo del grande edificio. Le sue foglie erano di un tenero verde pallido anche nella luce dorata del sole pomeridiano. La vegetazione indigena di Barrayar aveva per lo più colori rosati o marroncini. Sarebbe mai andato a visitare la Vecchia Terra? Forse. Chi c'era stato aveva un certo successo nei salotti mondani.

All'ingresso principale esibì i suoi documenti. Pura formalità, poiché gli uomini di guardia erano sempre gli stessi con cui aveva lavorato per un interminabile periodo… possibile che fossero trascorsi solo pochi mesi? Avrebbe potuto ancora recitare a mente i dati delle loro buste paga. Scambiarono qualche battuta scherzosa con lui, ma essendo uomini della Sicurezza si guardarono bene dal fargli quella domanda che pure avevano negli occhi: «E dov'è stato di recente, signore?». Non gli fu assegnata una scorta per l'ufficio di Illyan. Buon segno. Non che qualcuno rischiasse di dimenticarsi quel percorso, comunque.

Prese un ascensore di servizio e seguì il ben noto intreccio di corridoi fino all'angolo opposto dell'edificio. Nell'anticamera del sancta sanctorum il capitano, indaffarato davanti a uno schermo, si limitò a fargli cenno di proseguire. L'ufficio interno era sempre lo stesso, l'aspetto della grande scrivania era lo stesso, Simon Illyan era… più stanco, più pallido del solito. Forse avrebbe fatto meglio a uscire a godersi un po' di quel sole primaverile. L'inverno tuttavia non gli aveva messo più grigio nei capelli; che li tingesse? Improbabile, visto lo stile neutro e spersonalizzato con cui si vestiva.

Illyan gli indicò una sedia (altro buon segno) di cui Miles approfittò prontamente, e prima di dedicarsi a lui terminò quello che stava facendo. Poi appoggiò i gomiti sulla scrivania, intrecciò le dita e lo scrutò con una sorta di cinica disapprovazione, come se fosse un esemplare biologico sperimentale che con alcune modifiche avrebbe potuto essere trasferito su qualche scaffale del magazzino, invece che gettato fra gli scarti di laboratorio.

— Alfiere Vorkosigan — sospirò infine, — sembra che tu abbia ancora difficoltà nel riconoscere d'essere un subordinato rispetto a chi ha un grado più elevato del tuo.

— Lo so, signore. Mi rattrista doverlo ammettere.

— E hai intenzione di fare qualcosa in merito, oltreché rattristarti?

— Signore, se qualcuno mi dà un ordine sbagliato io faccio sempre qualcosa in merito, oltreché rattristarmi.