— Avrei dovuto saperlo che non mi chiamavi qui al Quartier Generale solo per fare due chiacchiere. Allora, cos'è che ti serve?
— Senti… hai l'ufficio tutto per te, in questo momento?
— Proprio così. Il vecchio è in riunione da due ore. Abbiamo una patata bollente per le mani. Una nave mercantile iscritta al nostro registro di navigazione bloccata al Mozzo Hegen, alla Stazione Vervain, sotto l'accusa di spionaggio.
— Possiamo tirarla fuori? O minacciare un intervento armato?
— Non oltre Pol. Nessuna astronave militare barrayarana può balzare oltre le loro distorsioni, in questo periodo.
— Credevo che avessimo rapporti abbastanza distesi con Pol.
— Più o meno. Ma i vervani stanno facendo il gioco duro con Pol, minacciano di rompere le relazioni diplomatiche, così i polani hanno tirato i remi in barca. Particolare divertente: il mercantile in questione non è di quelli usati dal nostro servizio segreto. Sembra che l'accusa vervana sia stata montata ad arte.
Politica delle distorsioni galattiche. Strategia da stazioni di balzo. Proprio il genere di situazioni che l'Accademia Imperiale aveva addestrato Miles ad affrontare. Su quelle astronavi e quelle stazioni doveva esserci un'atmosfera arroventata. Miles sospirò, invidiando chi se ne occupava.
Ivan strinse sospettosamente le palpebre. — Perché mi hai chiesto se sono solo?
— Voglio che tu tiri fuori un file per me. Storia antica, nulla di attuale — lo rassicurò Miles, e gli diede la sigla.
— Bene. … — Ivan cominciò a batterla sulla sua consolle, poi s'interruppe. — Ehi, ma sei impazzito? Questo file è negli archivi della Sicurezza Imperiale. Non posso farlo!
— Certo che puoi. Tu hai accesso agli archivi, no?
Ivan scosse il capo, immusonito. — Non più. L'accesso agli archivi della Sicurezza è stato ristrutturato. Si possono inviare dati ma non trasmetterli a terzi, salvo che con un filtro a codice e via cavo. E il cavo uno deve attaccarlo di persona dopo aver firmato per ottenerlo. Se io lo richiedessi dovrei spiegare il perché ed esibire l'autorizzazione. Tu hai l'autorizzazione per questo? Ah. Penso proprio di no.
Miles si accigliò, contrariato. — Però sono certo che puoi chiamare l'archivio col sistema interno.
— Sicuro, posso chiamare il file, sicuro. Ma non spedirlo fuori. Tutto quello che posso fare è di collegare il sistema interno alle fonti esterne, per la registrazione di dati in arrivo. Perciò non sei fortunato, ragazzo.
— In quell'ufficio hai una consolle del sistema interno?
— Naturale che ce l'ho.
— Allora — disse Miles, impaziente, — chiama il file, gira la tua scrivania e lascia che i due video si parlino a vicenda.
Ivan si grattò la testa. — E funzionerebbe?
— Provaci! — Miles tamburellò con le dita sulla tastiera, intanto che Ivan girava la sua scrivania e si dava da fare con la messa a fuoco. Il segnale aveva scarsa definizione ma era leggibile. — Sì, penso che vada bene così. Fai scorrere il file per me, vuoi?
Affascinante, e sempre più affascinante. Il file conteneva alcuni rapporti segreti della Sicurezza Imperiale fatti durante un'indagine sulla morte misteriosa di un prigioniero affidato a Metzov, un ribelle komarriano che aveva ammazzato un secondino e poi era stato ucciso mentre tentava di fuggire. Quando la Sicurezza aveva chiesto il corpo del komarriano per l'autopsia, Metzov aveva esibito solo un'urna di ceneri e delle scuse: se soltanto l'avessero informato prima che mandasse il corpo alla cremazione, ecc. ecc. L'ufficiale incaricato dell'indagine aveva sentito puzza di tortura illegale — forse per vendicare la morte della guardia? — ma non aveva potuto sommare abbastanza prove da richiedere la macchina della verità per diversi testimoni barrayarani, fra i quali un certo alfiere-tecnico Ahn. L'investigatore aveva registrato una protesta formale contro la decisione dei suoi superiori di chiudere il caso, e la faccenda era finita lì. Evidentemente. Se esistevano altri particolari oscuri erano solo nella testa di Simon Illyan, un archivio a cui Miles per il momento non intendeva chiedere accesso. Tuttavia la carriera di Metzov s'era fermata lì, all'improvviso e definitivamente.
— Miles — lo interruppe Ivan per la quarta volta, — sul serio, non credo che dovresti farlo. Questa è roba da leggere a occhi chiusi, da dimenticarsi prima di averla saputa.
— Certo. Tuttavia l'obbligo del cavo per la trasmissione istantanea non mi sembra un granché come precauzione. Aggirarla è stato facile, anche se nessun agente nemico se la sentirebbe di stare lì un'ora a far passare un file schermata dopo schermata, col pericolo d'essere sorpreso e fucilato.
— Non parlare di fucilazione! — Ivan spense l'altro schermo con una mano umida di sudore. L'immagine ondeggiò selvaggiamente quando trascinò la scrivania al suo posto, poi ci fu il fruscio dei suoi stivali che cancellavano freneticamente le tracce dalla moquette. — Tu non mi hai chiesto niente e io non ho fatto niente. Chiaro?
— Non essere sciocco. Noi non siamo agenti nemici. — Miles rifletté un momento. — Però… suppongo che qualcuno dovrebbe dire a Illyan che nelle sue misure di sicurezza c'è questo buco.
— Non io!
— Perché no? Presentala come una tua brillante scoperta puramente teorica. Magari ti guadagni un encomio. Non c'è bisogno di raccontare che l'abbiamo messa in pratica. Oppure puoi dire che l'abbiamo fatto per controllare se l'ipotesi funzionava. Eh?
— Tu sei veleno per la mia carriera, ragazzo — disse severamente Ivan. — Non ingombrare più il video del mio telefono. Salvo che a casa. D'accordo?
Miles annuì con un sogghigno e permise al cugino di tornare al suo lavoro. Per un po' rimase seduto davanti ai display collegati ai satelliti, su cui le immagini colorate delle nuvole e dei fronti di pressione si distorcevano lentamente, pensando al comandante della Base e al genere di incidenti che potevano accadere ai prigionieri poco tranquilli.
Be', era successo molto tempo prima. Metzov sarebbe scomparso di scena da lì a cinque anni, con la sostanziosa pensione dei suoi quarant'anni di servizio, dileguandosi fra altre migliaia di vecchi militari pieni solo di vecchi ricordi. Non era tanto un problema da risolvere quanto uno a cui sopravvivere, per quanto riguardava Miles. Il suo scopo ultimo alla Base Lazkowski, si ripeté, era di svanire dalla Base Lazkowski, silenzioso come un refolo di fumo. A suo tempo si sarebbe lasciato alle spalle anche Metzov.
Nelle settimane che seguirono, Miles riuscì a sistemarsi in una routine sopportabile. La sola vera novità fu che arrivarono le reclute. Tutte e cinquemila. Il rango di Miles fece un balzo e si spostò al disopra delle loro teste, ovvero a livello di quasi-umano. La Base Lazkowski fu investita dalla prima neve, mentre i giorni si accorciavano, più un wha-wha di media entità che durò poche ore, eventi che lui previde entrambi con soddisfacente precisione.
Cosa ancor più positiva, fu decisamente scalzato dal rango di Idiota dell'Isola (spiacevole titolo che deteneva dal giorno dell'incidente con la motopulce) ad opera di un gruppo di reclute che una notte diedero fuoco a due alloggiamenti contigui durante un esperimento scientifico: avevano scommesso che le loro ventosità naturali contenevano gas metano infiammabile. Il giorno dopo, alla riunione degli ufficiali dove si discusse dell'inefficienza degli impianti antincendio, il suggerimento di Miles circa la possibilità di disarmare gli eventuali incendiari abolendo lo stufato di fagioli rossi dal menu fu scartato dal generale Metzov con un'occhiata gelida. Anche se in corridoio, uscendo, un capitano del reparto sussistenza si complimentò con lui per il rigore logico con cui aveva aggredito la causa prima dell'incidente.
CAPITOLO QUINTO
Miles era già fuori dal letto e vestito a metà quando nella sua mente stordita penetrò la constatazione che quel clacson non era l'avvertimento del wha-wha. Si fermò, con uno stivale in mano. Neppure l'allarme antincendio o quello per attacco nemico, decise. Allora non erano fatti suoi, qualunque cosa fosse. Il ritmico strombazzare tacque. Ah, la saggezza dei vecchi proverbi: il silenzio era d'oro.