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Lo sguardo della ragazza incrociò quello affascinato di Miles. Alzò sdegnosamente la testa e gli elargì un'occhiata fredda.

— Victor Rotha? — La voce al suo fianco lo fece sobbalzare.

— Ah… il signor Liga? — azzardò Miles, a bassa voce. Pallidi lineamenti da coniglio, labbra sporgenti, capelli neri: questo era l'uomo il cui casto desiderio era migliorare gli armamenti delle guardie che sorvegliavano i suoi impianti minerari, su un asteroide. O così diceva. Dove, e come, Ungari era riuscito a pescarlo? Miles non era sicuro di volerlo sapere.

— Ho prenotato una stanza dove potremo parlare in privato. — Liga sorrise, inclinando la testa in direzione dell'ingresso di un albergo poco distante. Eh, sì — aggiunse. — Sembra che tutti siano in giro per affari, questa mattina. — E la sua testa s'inclinò verso il terzetto dall'altra parte della strada, che giusto allora era diventato un quartetto e si stava allontanando. I capi della sottile sciarpa rossa fluttuavano dietro le spalle della bionda, al ritmo flessuoso e veloce dei suoi passi.

— Chi è quella donna? — domandò Miles.

— Non saprei — rispose Liga. — Ma l'uomo che sta seguendo è il suo principale concorrente da queste parti. L'agente della House Fell, del Gruppo Jackson. Forniture belliche.

Sembrava un qualsiasi uomo d'affari di mezz'età, visto da dietro. — Pol permette che i jacksoniani operino qui? — borbottò Miles. — Strano, con la tensione che c'è fra loro da un po' di tempo.

— C'è tensione fra Pol, Aslund e Vervain — disse Liga. — A quanto ne so io, i jacksoniani dichiarano d'essere neutrali. Sperano di trarre profitto da tutte le parti in causa. Ma questo non è il posto migliore per parlare di politica, eh? Venga.

Come Miles s'era aspettato, Liga li introdusse in una stanza d'albergo dove non risiedeva nessuno, affittata per l'occasione. Aprì subito la valigia e cominciò il suo discorsetto professionale, intercalato dalle battute che un buon venditore non avrebbe mai risparmiato al cliente. Gli presentò le armi, gliele fece soppesare, descrisse le quantità che poteva procurarsi e accennò ai prezzi e alle modalità di consegna.

— Sì, sì — disse Liga. — Ma non le nascondo che contavo su qualcosa di più… autoritario.

— Ho un'altra scelta di campioni a bordo della mia nave — annuì Miles. — Non volevo guai con la dogana di Pol. Ma posso dargliene un'idea precisa con questi video.

Miles lasciò che fosse il visore a parlare per lui, intervenendo ogni tanto con qualche spiegazione. — Questo che vede è soltanto un documentario educativo, ovviamente, dato che tratta di armi di cui è proibita la detenzione ai privati nello spazio di Pol.

— Nello spazio di Pol, sì — assentì Liga. — Ma le leggi di Pol non riguardano il Mozzo Hegen. Non ancora. Tutto quello che un onesto commerciante deve fare è di salpare dalla Stazione Sei, portarsi oltre il limite di diecimila chilometri del controllotraffico e svolgere i suoi affari in perfetta legalità. Il problema sta nel far rientrare il materiale nello spazio di Pol.

— Le difficoltà dello… uh, sdoganamento sono la mia specialità — gli assicurò Miles. — Finché si tratta di carichi di dimensioni più o meno ridotte, diciamo.

— Ah. Bene. — Liga lesse in fretta l'elenco del videocatalogo. — Questi proiettori a plasma di grosso calibro… che differenza c'è, in pratica, coi distruttori neuronici a lunga gittata?

Miles scrollò le spalle. — Dipende dal fatto se lei vuole eliminare la persona, oppure la persona e tutto ciò che ha con sé. Potrei farle un ottimo prezzo per questi cannoncini neuronici. Semplici da istallare su una postazione, puntamento manuale e automatico, batterie facili da sostituire, completi di tutti gli accessori. — Consultò il listino e gli propose una cifra in crediti di Pol.

— Mi è stato fatto un prezzo migliore per un modello con lo stesso kilovoltaggio, tempo fa — commentò Liga, spassionatamente.

— Sì, posso crederci — sogghignò Miles. — Veleno un credito, antidoto cento crediti, eh?

— Con questo che vorrebbe dire? — chiese Liga, sospettosamente.

Miles girò il bordo della giacca, fece scorrere un pollice lungo il risvolto e ne tirò fuori un minidisco. — Dia un'occhiata — suggerì, infilandolo nel visore. Sul piccolo schermo apparve un uomo a figura intera, che alzò le braccia e girò lentamente su se stesso. Era coperto da capo a piedi, mani comprese, con quello che sembrava un secondo strato di pelle lucida e fibrosa.

— Un tantino pesante come sotto-tuta — disse Liga, scettico. — Si occupa anche di maglieria?

Miles ebbe un sorrisetto sofferente. — A volte lo preferirei. Ciò che ha appena visto, signor Liga, è qualcosa su cui ogni forza armata della galassia vorrebbe poter mettere le mani. Il perfetto scudo personale anti-distruttore neuronico. L'ultimo gioiello della tecnologia di Colonia Beta.

Gli occhi di Liga si dilatarono. — È la prima volta che vedo sul mercato roba simile.

— E non la vedrà ancora per un pezzo. Sul mercato aperto, almeno. I neuroscudi sono già in dotazione alle forze di polizia di Beta. Ma in via molto privata è possibile… stornare alcuni di questi articoli verso altra destinazione. — In effetti i betani non davano pubblicità agli ultimi ritrovati della tecnologia. Portarsi un passo avanti agli altri nel settore Ricerche e Sviluppo era costato loro due generazioni di duro lavoro. Al momento giusto Colonia Beta avrebbe immesso sull'intero mercato galattico anche quel nuovo ritrovato. Nel frattempo…

Liga si leccò il voluminoso labbro inferiore. — Noi facciamo un largo uso di distruttori neuronici.

In un impianto minerario, eh? Sicuro. — Ho una disponibilità limitata di neuroscudi. Primo arrivato, primo servito.

— E il prezzo?

Miles gli fece una cifra, in dollari betani.

— Ma è assurdo! — Seduto davanti al visore Liga si agitò, scuotendo la testa energicamente.

Miles si strinse nelle spalle. — Ci sono degli ingranaggi da ungere. Ma lei consideri le possibilità: questo equipaggiamento può dare un vantaggio determinante alla sua… azienda, in fatto di misure difensive. Suppongo che lei possa ben immaginarlo.

— Dovrò… rifletterci sopra. Mmh… potrei avere questo disco, per mostrarlo al mio, uh, sovrintendente?

Miles si accigliò. — Non se lo faccia trovare addosso.

— Non c'è pericolo. — Liga fece ripassare il video un'altra volta e osservò come affascinato la figura avvolta nel neuroscudo, poi intascò il minidisco.

Fatto. L'esca era ben salda sull'amo, e la lenza affondava in acque torbide. Sarebbe stato interessante vedere se avrebbe tirato in superficie un pesciolino o un mostruoso leviatano. Liga comunque, giudicò Miles, apparteneva a una sottoclasse che nuotava in acque basse. Be', da qualche parte doveva pur cominciare.

Tornati in strada, Miles gettò uno sguardo preoccupato a Keller. — Sono stato convincente? — domandò, sottovoce.

— Molto convincente, signore — lo tranquillizzò lui.

Be', forse. Spiattellare il copione e i sorrisetti untuosi provati davanti allo specchio era stato divertente. S'era quasi sentito sommergere nell'obliqua personalità di Victor Rotha.

All'ora di pranzo Miles condusse Keller in un bar-ristorante che aveva i tavolini in strada, fra lunghi vasi di felci nane, il posto migliore per farsi osservare come voleva Ungari. Ordinò un sandwich di carne proteica artificiale e lasciò rilassare i nervi. Mangiare non richiedeva falsi atteggiamenti, né era sovreccitante come…

— Ammiraglio Naismith!

Per poco Miles non si strangolò con il boccone, girandosi di scatto per vedere da dove veniva quell'esclamazione stupefatta. Keller era già sul chi vive e stava faticando per impedirsi di tirar fuori il suo storditore.