Due uomini s'erano fermati oltre il divisorio di felci. Quello di sinistra non gli parve di averlo mai visto. L'altro… dannazione! Conosceva quella faccia. Mascella quadrata, pelle bruna, un volto giovane ma già troppo duro per non essere quello di un soldato malgrado gli abiti civili polani. Il suo nome, il suo nome…! Uno dei commandos di Tung, un caposquadra delle navette da sbarco. L'ultima volta che Miles l'aveva visto si stavano vestendo insieme nell'armeria della Triumph, in previsione di una battaglia a bordo. Clive Chodak, ecco come si chiamava.
— Mi spiace, lei si sbaglia — fu tutto quello che seppe dirgli, per puro riflesso nervoso. — Il mio nome è Rotha. Victor Rotha.
Chodak sbatté le palpebre. — Cosa? Oh, allora scusi. È che… lei somiglia a una persona che conosco. — Considerò l'aspetto di Keller, poi nei suoi occhi apparve una luce ansiosa. — Senta, uh, Rotha, che ne dice se ci uniamo a voi?
— No! — lo fermò subito Miles, spaventato. Ma, un momento: non aveva senso rinunciare a un possibile contatto. Quella era una complicazione a cui avrebbe dovuto prepararsi meglio. Anche se attivare Naismith prematuramente, senza il permesso di Ungari… — Non qui, comunque — si corresse in fretta.
— Ah… capisco, signore. — Dopo un breve cenno del capo Chodak riprese immediatamente il cammino, facendosi capire a colpi di gomito dal suo riluttante compagno. Riuscì a gettare un'occhiata dietro di sé una volta sola. Miles represse un'imprecazione e si nascose la faccia col sandwich. I due uomini s'allontanarono fra la gente. Dai loro gesti era chiaro che stavano discutendo animatamente.
— Stavolta è andata liscia? — domandò a mezza bocca.
Keller aveva l'aria scontenta. — Non molto — borbottò accigliato, continuando a guardare nella direzione in cui Chodak e l'altro erano scomparsi.
A Chodak bastò un'ora per rintracciare Miles, a bordo della nave betana ormeggiata al Molo 6-A. Ungari era ancora fuori.
— Ha detto che vuole parlarle — ruminò Keller. Gli indicò l'immagine sul monitor del portello, fuori del quale Chodak si stava guardando attorno con aria impaziente. — Secondo lei cosa cerca, in realtà?
— Probabilmente fare due chiacchiere e basta — rispose Miles. — Ma il fatto è che anch'io gli voglio parlare.
— Lo conosce bene? — domandò Keller, sospettosamente, studiando la faccia e il vestito di Chodak.
— Bene no — ammise lui. — Era un graduato di una certa competenza; conosceva le attrezzature, teneva i suoi uomini in movimento, sapeva come comportarsi sotto il fuoco. — A dire il vero non aveva avuto che brevissimi contatti con quell'uomo, tutti nel corso di altre faccende… ma un paio di volte era stato in momenti critici, nella selvaggia incertezza di un combattimento a bordo della nave. Le sue sensazioni viscerali erano una garanzia adeguata per un uomo che dopotutto non vedeva da quasi quattro anni? — Guarda che sia pulito, sì. Ma fallo entrare e sentiamo cos'ha da dire.
— Se è questo che ordina, signore — bofonchiò Keller.
— È questo.
Chodak non fu offeso dal detector con cui la guardia del corpo gli spazzolò il vestito. Aveva solo uno storditore con regolare porto d'armi, benché fosse, come Miles ricordava, un esperto nel combattimento a mani nude, armi queste che nessuno gli poteva confiscare. Keller lo scortò nella piccola mensa/soggiorno della nave, che i betani avrebbero chiamato spazio-ricreazione.
— Signor Rotha. — Chodak annuì. — Speravo che, uhm… potessimo parlare in privato. — Guardò Keller, incerto. — O ha sostituito il sergente Bothari?
— Nessuno potrebbe sostituirlo. — Miles accennò a Keller di seguirlo in corridoio, e prima di parlare aspettò che la porta si richiudesse. — Credo che la sua presenza disturberebbe, sergente. Non le importa di aspettare fuori? — Non specificò chi era ad esserne disturbato. — Può controllare sul monitor, naturalmente.
— Non è una buona idea. — Keller si accigliò. — E se quello le salta addosso?
Lui tamburellò nervosamente con le dita sulla cucitura dei pantaloni. — È una possibilità. Ma siamo diretti ad Aslund, dove Ungari dice che sono di stanza i Dendarii. Potrei riuscire ad avere qualche informazione utile.
— Solo se quello le dice la verità.
— Anche le menzogne possono essere rivelatrici. — Con quella dubbia affermazione Miles rientrò nel soggiorno/mensa, lasciando fuori Keller.
Rivolse un allegro cenno di saluto al visitatore, che s'era seduto al tavolo centrale. — Ehilà, caporale Chodak!
Lui s'illuminò in viso. — Allora si ricorda.
— Potrei dimenticare? Be'… ah, sei ancora con i Dendarii?
— Sì, signore. Sono sergente, adesso.
— Ottimo. Non ne sono sorpreso.
— E, uh… i Mercenari Oserani.
— Già, l'ho saputo. Se sia un miglioramento o no, resta da vedere.
— Chi stava fingendo d'essere, signore?
— Victor Rotha è un commerciante d'armi.
— Buona copertura — annuì Chodak, con serietà.
Miles cercò di mettere una maschera di casualità sulla sua domanda, mentre serviva due caffè, — Allora, che stai facendo di bello su Pol Sei? Mi sembrava che i Den… che la flotta fosse stata ingaggiata su Aslund.
— A Stazione Aslund, qui sul Mozzo — lo corresse Chodak. — Sono solo un paio di giorni di volo, attraverso il sistema. Se sistema si può chiamare. Contratto governativo.
— Ordini come grandine e paghe ridotte all'osso?
— L'ha detto, signore. — Chodak accettò il caffè senza esitazioni e prese la tazzina con entrambe le mani, assaggiandone subito un sorso. — Non posso trattenermi molto. — Rigirò la tazza fra le dita e la depose sul tavolo. — Sa, non vorrei averle fatto uno sgambetto, prima. Sono rimasto di sasso nel vederla seduto li, e… comunque volevo… metterla sull'avviso, suppongo. Lei sta tornando alla flotta?
— Ahimè, ho l'ordine di non parlare dei miei piani. Con nessuno.
Gli occhi neri di Chodak lo scrutarono con attenzione. — Lei è sempre stato dannatamente complicato.
— Come soldato esperto del combattimento, tu preferisci un assalto frontale se puoi scegliere?
— Direi di no, signore — Chodak ebbe un sorrisetto.
— Per l'appunto. Bene… devo presumere che tu sia l'agente, o uno degli agenti, che la flotta ha scaglionato nel Mozzo in cerca di informazioni. E spero che ci sia anche qualcuno più specializzato di te in questi giochetti, altrimenti vuol dire che la flotta è declinata molto in mia assenza. — In effetti, metà degli individui che si trovavano al momento su Pol Sei dovevano essere spie della più diversa provenienza, considerato il numero dei sistemi solari interessati. Per non parlare dei doppi-agenti… o non era lecito contarli per due?
— Perché è stato lontano tutto questo tempo, signore? — Il tono di Chodak era quasi accusatorio.
— Non è dipeso completamente da me — spiegò Miles. — Per un lungo periodo sono stato prigioniero in… un posto che preferisco non nominare. Sono evaso soltanto tre mesi fa. — Be', posto innominabile era una definizione che si addiceva all'isola Kyril.
— Prigioniero! Signore, avremmo potuto liberarla, se…
— No, non avreste potuto — disse in fretta lui. — La situazione era estremamente delicata. E si è risolta in modo soddisfacente. Ho dovuto modificare alquanto il mio settore di attività, comunque, ampliare gli orizzonti. Mi spiace dover dire che voialtri, gente, non siete più la mia sola preoccupazione. Tuttavia sono preoccupato. Mi sarei aspettato di sapere qualcosa dal commodoro Jesek, per dirne una. — In effetti non aveva avuto nessuna notizia.
— Il commodoro Jesek non è più al comando. Circa un anno fa c'è stata una ristrutturazione finanziaria, e dei cambiamenti nel quadro ufficiali, per decisione dei capitani-proprietari e dell'ammiraglio Oser. Ora il comandante è l'ammiraglio Oser.