— A parlare col maggiore Cecil.
Ivan si accigliò ancor di più. — Ah, sì? Buona fortuna.
Era un sorrisetto quello che il sergente nascose dietro la busta successiva, sollevandola con la punta delle dita come se fosse contaminata? — Alfiere Draut — chiamò. La fila si spostò avanti di un altro posto.
Il maggiore Cecil era seduto sul bordo della scrivania di un suo impiegato e stava consultando qualcosa su uno schermo, quando Miles apparve sulla soglia dell'ufficio e salutò facendo sbattere i tacchi per richiamare la sua attenzione.
L'uomo si girò e lo vide; guardò il suo orologio. — Ah, meno di dieci minuti. Ho vinto la scommessa. Pagami — disse, restituendogli il saluto. L'impiegato tolse di tasca un portafoglio sottile, lo rese ancor più sottile estraendone una banconota da un marco, piegò gli angoli della bocca in un triste sorriso e la consegnò al superiore senza commenti. L'espressione dell'ufficiale era divertita soltanto in superficie; accennò col capo verso la porta; l'impiegato raccolse la striscia di plastica che il computer aveva stampato e uscì dalla stanza.
Il maggiore Cecil era sulla cinquantina, snello, equilibrato e con due occhi attenti. Molto attenti. Benché non fosse il Capo del Personale, titolo che spettava a un ufficiale di grado superiore, Miles aveva capito già molto tempo addietro che lì era solo lui a prendere le decisioni. Dalle sue mani passavano anche praticamente tutti gli incarichi a cui erano destinati gli allievi una volta usciti dalla scuola. Miles lo considerava aperto e disponibile, un insegnante e uno studioso prima ancora che un militare. Un'intelligenza arguta, il buonsenso e la dedizione al suo lavoro erano doti che lo avevano sempre indotto a fidarsi di lui. Fino a quel momento.
— Signore… — disse. Poi agitò il foglio degli ordini con un gesto vibrante di frustrazione. — Che cosa significa questo?
Negli occhi di Cecil c'era ancora una luce divertila mentre ripiegava e intascava la banconota da un marco. — Mi sta chiedendo di leggerlo per lei, Vorkosigan?
— Signore, io chiedo di… — Miles s'interruppe, strinse i denti e moderò il tono della voce. — Signore, avrei alcune domande circa la mia destinazione.
— Ufficio Meteorologico, Base Lazkowski — recitò il maggiore Cecil.
— Non è un… uno sbaglio, allora? Non mi è stato consegnato il foglio di qualcun altro?
— Se sopra c'è il suo nome, è sua anche la destinazione.
— Lei è… voglio dire, si rende conto che di meteorologia non ne so niente, a parte il corso sul clima del primo anno?
— Me ne rendo conto — annuì il maggiore, imperturbabile.
Miles tacque qualche istante. Ma se Cecil aveva fatto uscire l'impiegato, era un chiaro segno che la discussione poteva essere franca. — È una specie di punizione? Di cosa mi sono reso colpevole, signore?
— Via, via, alfiere — disse Cecil, con ostentata flemma, — a me sembra un incarico del tutto normale. Si aspettava forse qualcosa di straordinario? Il mio lavoro consiste nel soddisfare, coi candidati a nostra disposizione, le attuali richieste di personale. Tutte le richieste, ovviamente.
— Questa avrebbe potuto essere soddisfatta da qualsiasi scuola per l'addestramento professionale. — Miles fece uno sforzo per non inasprire il tono, ma aveva stretto i pugni. — E ancora meglio. Non è necessario un cadetto dell'Accademia per quel posto.
— Sì, è vero — fu d'accordo il maggiore.
— E allora perché io? — sbottò Miles. Stavolta la voce gli uscì più alta di quel che avrebbe voluto.
Cecil sospirò, massaggiandosi la schiena. — Perché ho notato, Vorkosigan, tenendo un occhio su di lei… e lei è il più tenuto d'occhio fra i cadetti passati fra queste mura, a parte l'Imperatore Gregor…
Miles rispose al suo sguardo annuendo seccamente.
— … che malgrado le brillanti capacità dimostrate in alcune cose, in altre lei ha confermato una debolezza cronica. E non mi riferisco ai suoi problemi fisici che tutti, a parte me, ritenevano tali da impedirle di portare a termine perfino il primo anno di studi. Devo dire che è stato sorprendentemente abile nell'evitare le conseguenze dei più pesanti corsi di addestramento…
Miles scrollò le spalle. — La sofferenza è sofferenza, signore. Io non me la vado a cercare.
— Già. Ma le debolezze di cui sto parlando si localizzano… come potrei dire… fra i problemi della subordinazione. Lei tende a discutere il parere dei superiori.
— Nossignore, non è vero! — esclamò Miles, indignato. Poi chiuse la bocca.
Cecil lasciò balenare un sogghigno. — Come volevasi dimostrare. Inoltre lei ha l'irritante abitudine di rivolgersi agli ufficiali di grado elevato quasi che fossero, uh… — Fece una pausa, di nuovo alla ricerca della parola giusta.
— Uguali? — azzardò Miles.
— Bestiame — lo corresse seccamente Cecil, — bestiame che lei mira a pungolare e dirigere a suo piacimento. Lei è un manipolatore di natura, Vorkosigan. Da ormai tre anni la osservo, e ho avuto modo di vederle mettere in atto delle dinamiche di gruppo affascinanti. Che lei sia o no al comando, in qualche modo alla fine è sempre la sua idea che viene presa e portata avanti.
— Vuol dire che sono stato… irrispettoso, signore? — Miles sentì un vuoto allo stomaco.
— Al contrario. Data la sua provenienza, è anzi notevole che lei sopprima così bene quella certa, uh, vena di arroganza. Tuttavia, Vorkosigan — e qui Cecil divenne finalmente serio, — l'Accademia Imperiale non è il Servizio Imperiale. Lei è riuscito a ottenere la stima dei suoi compagni perché qui si apprezza puramente l'ingegno. Ed è stato prescelto da ogni squadra a cui servisse uno stratega per la stessa ragione grazie a cui viene lasciato fuori quando occorrono doti fisiche: questi giovani bramano onori e vittorie. Ogni volta possibile. Costi quel che costi.
— Se non usassi il cervello non potrei sopravvivere, signore!
Cecil si strinse nelle spalle. — Non le do torto. Ciò malgrado dovrà imparare anche a dare ordini a uomini che non usano molto il cervello. E a ricevere ordini da loro!
«Questa non è una punizione, Vorkosigan, e non corrisponde alla mia idea di uno scherzo. Da una mia scelta può dipendere non solo la vita di un ufficiale alla prima esperienza, ma anche quelle degli innocenti sottoposti a cui lo infliggo. Se sbaglio i calcoli e sopravvaluto le capacità di un uomo, metto in pericolo sia lui che quanti gli stanno accanto. Ora, fra sei mesi il Cantiere Imperiale Orbitale dovrebbe varare, salvo ritardi e imprevisti, il Principe Serg.
Miles trattenne il fiato.
— Vedo che afferra l'idea — annuì Cecil. — La più aggiornata, veloce e micidiale astronave che Sua Maestà Imperiale abbia mai mandato nello spazio. E quella col maggiore raggio d'azione. Andrà lontano. E resterà lontano, in crociere più lunghe di quante ne siano mai state fatte. Di conseguenza quelli che faranno servizio a bordo si staranno sui piedi a vicenda per periodi più lunghi che in passato. L'Alto Comando, in effetti, sta prestando molta attenzione ai profili psicologici del personale in lista d'imbarco.
«Adesso mi ascolti bene. — Cecil si protese avanti. Miles fece lo stesso, d'istinto. — Se lei tiene pulito il suo fascicolo personale per almeno sei mesi in un posto così scomodo e isolato… in altre parole, se riesce a farcela con Campo Cessofreddo, io darò per scontato che saprà cavarsela in tutte le altre normali difficoltà del Servizio. E sosterrò la sua domanda d'imbarco sul Principe. Ma se fa tanto di sgarrare, né io né altri potremo fare niente per lei. È nuotare o affogare, alfiere.
Volare, pensò Miles. Io voglio volare. - Signore… fino a che punto è davvero un cesso questa base?
— Sciocchezze. Non si lasci fuorviare da un soprannome scherzoso, alfiere Vorkosigan — disse Cecil, pietosamente.