Alcuni bip-bip fuori dalla porta lo informarono che qualcuno stava premendo i pulsanti della sua serratura. Venivano a interrogarlo così presto? S'era aspettato che Cavilo si prendesse almeno il tempo di cenare e valutare ciò che poteva ottenere da Gregor, prima di occuparsi di lui. O aveva deciso di lasciare a qualche subordinato il compito di torchiarlo? Deglutì in fretta un ultimo boccone e si alzò in piedi, cercando di apparire stoico. O almeno non troppo spaventato.
Ma quando la porta scivolò di lato, sulla soglia apparve il generale Metzov, militaresco ed efficiente anche nell'uniforme da fatica nera e ocra dei Randall Rangers.
— Penso che non abbia bisogno di me, signore. O vuole che resti? — disse la guardia al suo fianco, mentre Metzov entrava.
L'uomo considerò con uno sguardo l'aspetto di Miles, la spiegazzata camicia di seta verde, i pantaloni malconci, i piedi nudi (dopo la perquisizione i sandali non gli erano stati restituiti) ed ebbe una smorfia sprezzante. — Non è necessario. Non credo che lui potrebbe farmi del male.
Vero, purtroppo, dovette dargli ragione Miles.
Metzov diede un colpetto al suo comunicatore da polso. — Ti chiamerò quando avrò finito.
— Come vuole, signore. — La porta si chiuse con un fruscio, e d'un tratto la cella sembrò molto più piccola di prima. Miles si accovacciò sulla branda e tirò su le ginocchia in posizione difensiva, preparandosi a scalciare. Metzov lo contemplò senza nascondere la sua soddisfazione per alcuni lunghi secondi, poi sedette comodamente sulla branda di fronte.
— Bene, bene — si compiacque, con un sogghigno duro. — Che strani scherzi fa il destino, eh?
— Credevo che lei fosse a cena con l'Imperatore — disse Miles.
— La comandante Cavilo, come tutte le femmine, perde la bussola per ogni sciocchezza. Quando si sarà calmata s'accorgerà che per tutto ciò che riguarda Barrayar ha bisogno della mia esperienza — affermò Metzov con sicurezza.
In altre parole, non ti ha invitato. - Vuol dire che ha lasciato l'Imperatore da solo con lei? — Gregor, bada ai tuoi passi.
— Gregor Vorbarra non mi preoccupa. Gli agi della vita di Palazzo rammolliscono il corpo e annacquano la tempra di un uomo.
Miles non si sprecò a dargli torto.
Metzov accavallò le gambe e tamburellò con le dita su un ginocchio. — Allora vediamo un po', alfiere Vorkosigan… sempreché sia ancora un alfiere. Ma con la giustizia che c'è su Barrayar, suppongo che nessuno le abbia rubato il suo grado e la sua paga. Che cosa sta facendo qui? Con lui?
Miles fu tentato di rispondere solo con nome, grado e numero di matricola, salvo che l'altro li conosceva già. Doveva considerare Metzov un nemico? Di Barrayar, se non suo personale? O le due cose erano separate, nella mente di quell'individuo? — L'Imperatore ha dovuto precedere il suo staff e gli uomini della scorta. Contavamo di rimetterci in contatto con loro tramite il consolato di Barrayar, qui sulla stazione. — Era abbastanza vero perché la mente contorta di Metzov potesse crederlo abbastanza falso.
— E da dove siete venuti qui?
— Da Aslund.
— Non giochi a rimpiattino con me, Vorkosigan. Io conosco Aslund. E prima di tutto, chi vi ha mandato qui? Non perda tempo a mentire, posso sempre farmelo confermare dal capitano della nave.
— No, non può. Cavilo lo ha ammazzato.
— Ah. — Un fremito di sorpresa, subito celata. — Ha fatto bene. Era il solo testimone a sapere dove siete.
C'era stato questo calcolo in Cavilo, quando aveva sfoderato il distruttore neuronico? Non era da escludersi. E tuttavia… il capitano del mercantile era il solo che avrebbe potuto dirle da dove venivano e chi li aveva mandati. Forse Cavilo non era così sottile come sembrava.
— Glielo ripeto — disse pazientemente Metzov, come se sapesse di avere tutto il tempo del mondo. — Perché lei si trova qui in compagnia dell'Imperatore?
— Lei che ne pensa? — replicò Miles, dicendosi che di tempo ne aveva parecchio anche lui.
— Un complotto politico, ovviamente. — Metzov scrollò le spalle.
Miles sbuffò. — Ovviamente? Ma non mi faccia ridere! — Fece un gesto sprezzante. — E secondo lei quale folle complotto politico potrebbe esserci dietro il nostro arrivo qui, noi due soli, da Aslund? Lei ci vede forse una manovra occulta? — Un paranoico di professione sì, ce la vede eccome. - Se è così mi dica pure quale, mi piacerebbe saperlo.
— Mmh… — ponderò Metzov, suo malgrado coinvolto. — Lei è riuscito a separare l'Imperatore dalla sua scorta, eh? Lei stava progettando un assassinio piuttosto elaborato, oppure aveva in programma una forma di lavaggio cerebrale per il controllo della personalità.
— Questo è il primo logico sospetto che le viene in mente, eh? Molto intuitivo. — Miles si appoggiò con le spalle alla paratia e scosse il capo.
— O forse state svolgendo una segreta… e quindi disonorevole, missione diplomatica. L'Imperatore si sta vendendo.
— In questo caso, dov'è la sua scorta? — disse Miles.
— Già. Allora la mia prima ipotesi è quella giusta.
— In questo caso, dov'è la mia scorta? — ribatté lui.
— Un complotto dei Vorkosigan… no, l'ammiraglio è da escludersi. Ha sempre controllato Gregor fin da bambino, in casa sua…
— Grazie. Speravo che questo fatto le fosse evidente.
— Allora il complotto segreto di una piccola mente malata. Lei sta sognando di diventare Imperatore di Barrayar, mutante?
— A volte ho quest'incubo, infatti. Perché non chiede a Gregor cosa ne pensa?
— Non importa. In infermeria basterà un'iniezione a farle sputare tutti i suoi segreti, appena Cavilo autorizzerà l'interrogatorio. È una vergogna che il penta-rapido sia stato inventato. Mi sarebbe piaciuto spezzarle un osso dopo l'altro fino a farla parlare. O magari urlare. Disteso su un tavolaccio non avrebbe suo padre dietro cui nascondersi. — Sogghignò. — Qui non è nella sua ricca tenuta sul lago, eh, Vorkosigan? — Poi assunse un'aria pensosa. — Forse lo farò lo stesso. Un osso al giorno, finché non ne avrà più uno intero.
In un corpo umano ci sono 206 ossa. 206 giorni. Illyan dovrebbe riuscire a rintracciarci, in 206 giorni. Miles ebbe un sorrisetto melenso.
Metzov sembrava però troppo pigro e rilassato per alzarsi e cominciare subito col primo osso. Quella conversazione speculativa non poteva considerarsi un vero interrogatorio. Ma se non intendeva interrogarlo, né vendicarsi con un po' di tortura, perché era venuto lì?
La sua amante lo ha scaricato, si sente solo e fuori posto qui, e vuole qualche faccia nota con cui parlare. Anche la faccia di un nemico. Era sgradevolmente comprensibile. Dal tempo della conquista di Komarr l'uomo non doveva esser mai uscito da Barrayar; una vita spesa nel limitato ambiente militare, sicuro, prevedibile, dove la meccanica dei regolamenti non consentiva sorprese. E ora quell'uomo così rigido era alla deriva, di fronte a scelte più libere di quanto avesse mai immaginato. Dio, il maniaco ha nostalgia. Intuirlo gli diede un brivido.
— Sto cominciando a pensare di averle accidentalmente procurato delle ottime occasioni professionali — disse. Se Metzov era di umore discorsivo, perché non incoraggiarlo? — La comandante Cavilo è assai più attraente dei suoi vecchi colleghi.
— Così pare.
— E il suo stipendio è più alto?
— Chiunque paga meglio del Servizio Imperiale — sbuffò Metzov.
— Senza contare che sull'isola Kyril ogni giorno era uguale al precedente. Qui lei non si annoia di certo, senza mai sapere cosa le porterà il domani. Oppure la comandante si confida con lei?