Miles restò a bocca aperta. — Chi lo minaccia? — ansimò. — Lei?
— Niente affatto! Greg mi è molto caro… è l'uomo della mia vita. Io lo amo, e farei qualsiasi cosa per lui. Rinuncerei perfino alla mia carriera. — Annuì fra sé, appoggiandosi all'indietro. Miles piegò gli angoli della bocca, ma più per controllare il prurito che per sorridere. — Se lei scegliesse una linea di condotta che non fosse quella di seguire le mie istruzioni alla lettera, be'… questo causerebbe immediatamente a Greg dei guai inimmaginabili. Da parte dei suoi peggiori nemici.
Peggiori di te? E chi sarebbero? - Perché vuole che io torni al comando dei Mercenari Dendarii?
— Non posso dirglielo. — Ebbe un sorrisetto, divertita per un motivo che capiva lei sola. — Sarà una sorpresa.
— Che genere di assistenza può darmi in questa missione?
— Un passaggio fino alla Stazione Aslund.
— E cos'altro? Truppe, armi, astronavi, denaro?
— Mi è stato detto che lei sa cavarsela soltanto con le sue brillanti doti. Vedremo se questo è vero.
— Oser mi farà uccidere. Ci ha già provato una volta.
— È un rischio che io devo correre.
Davvero generoso questo «io», signora. - Si direbbe che lei voglia farmi eliminare — la accusò Miles. — E se invece riuscissi nell'impresa?
— La chiave di ogni strategia, caro signore — spiegò con pazienza lei, — non è di scegliere un percorso vincente, ma di predisporre in modo che tutti i percorsi possibili siano vincenti. Teoricamente la sua morte può avere un utile, e così anche il suo successo. Voglio sottolineare che un suo tentativo di contattare Barrayar sarebbe considerato molto controproducente. Molto.
Grazioso, come concetto di strategia. Miles si propose di tenerlo a mente. — Lasci che a darmi il via per questa missione sia il mio comandante supremo, allora. Mi permetta di parlare con Gregor.
— Questo, diciamo, sarà il suo premio se avrà successo.
— L'ultima persona a cui lei ha promesso questo genere di premio si è preso un colpo alla nuca per la sua credulità. Che ne dice di risparmiare tempo e ammazzarmi fin d'ora? — Sbatté le palpebre. Il prurito al naso era così insopportabile da fargli lacrimare gli occhi, ma grattarselo apertamente non era dignitoso.
— Non voglio spararle, stia tranquillo. — Cavilo inclinò la testa, stupita e accigliata. Poi si alzò in piedi. — Santo cielo, Lord Vorkosigan, non mi aspettavo che lei si mettesse a piangere.
Lui storse il naso e fece per sollevare una mano, in un vago gesto d'impotenza. Con una smorfia sprezzante Cavilo tolse un fazzoletto di tasca e glielo gettò. Il tessuto era impregnato dello stesso pungente profumo, ma Miles aveva il fiato mozzo: lo afferrò e se lo premette sulla faccia prima ancora di accorgersene.
— La smetta di frignare, razza di codardo. Non ha un minimo… — La sua disgustata osservazione fu interrotta dal rumore con cui lui si soffiava il naso, in cinque o sei energiche riprese.
— Non sto piangendo, stupida puttana! Sono allergico al suo maledetto profumo! — ansimò Miles scaraventando via il fazzoletto, e continuò a sfregarsi il naso su una manica della tuta.
Lei si portò una mano alla fronte e scoppiò a ridere; una risata genuina, non uno dei suoi soliti manierismi. Finalmente quella era la vera, spontanea Cavilo. Miles aveva visto giusto: il suo senso dell'umorismo era alquanto distorto. — Oh, caro — cinguettò. — Non immaginavo che lei fosse così delicato. In effetti c'è chi apprezza questo, uh… be', non importa. È sicuro di sentirsi bene?
Miles non rispose. I suoi seni paranasali erano saturi di muco, e ora se lo sentiva anche scendere in gola. La bionda scosse il capo e andò a battere qualcosa sulla sua consolle.
— Meglio che lei cominci ad avviarsi, Lord Vorkosigan, prima che la sua crisi si aggravi — gli disse. — Può partire subito.
Lui si passò una mano sulla faccia, e il suo sguardo annebbiato di lacrime cadde sulle pantofole che aveva ai piedi. — Posso almeno avere un paio di scarpe decenti per questo viaggio?
Lei lo esaminò, con un sogghigno. — Sciocchezze — decise. — Credo che lei starà più comodo con la roba che ha indosso.
— Su Stazione Aslund questa uniforme mi procurerà un'accoglienza più ostile di quella di un gatto in un canile — protestò lui. — C'è il rischio che mi sparino a vista, per errore.
— Loro per errore, io di proposito… cielo, con con facilità lei s'immagina protagonista di scene emozionanti. — Gli passò davanti e andò ad aprire la porta.
Lui stava ancora sbuffando dal naso quando la sua scorta lo condusse via. Cavilo non aveva smesso di ridacchiare.
Occorse mezz'ora perché gli ultimi effetti di quel profumo si dissolvessero, e per allora Miles aveva già lasciato la Mano di Kurin lungo un tubolare di collegamento, passando a bordo di una piccola nave da carico. Partirono senza fargli rimettere piede su Stazione Vervain; neppure una possibilità di sfuggire al loro controllo.
Osservò la cabina che gli era stata assegnata. La cuccetta e il cesso-lavandino non erano molto diversi da quelli della Cella 13. La vita di bordo… bah. L'immenso panorama dell'universo, bah. La gloria del Servizio Imperiale, doppio-bah. Aveva perduto Gregor. Può darsi che io sia piccolo, ma faccio errori grossi perché sono seduto sulle spalle dei giganti. Cercò di aprire la porta e gridò qualche parola nell'intercom. Nessuno gli rispose.
Non è una sorpresa.
Poteva essere lui a sorprenderli, facendosi trovare impiccato. Non che fosse la soluzione ideale per rovinare i piani di Cavilo. Ma non c'era niente di abbastanza alto a cui legare la cintura.
Si rassegnò. Quella nave era più veloce del mercantile in cui lui e Gregor avevano trascorso tre giorni, ma attraversare il sistema del Mozzo Hegen richiedeva tempo. Davanti a lui c'era un giorno e mezzo che avrebbe potuto impiegare per riflettere all'imprevisto sviluppo della situazione. Lui e l'ammiraglio Naismith.
Be', che ne pensa, ammiraglio? Oh, Dio.
Un sottufficiale e una guardia vennero a prelevarlo trentasei ore più tardi, quando stimava d'essere già entro i confini del perimetro difensivo della Stazione Aslund. Ma non abbiamo ancora attraccato. Perché questo anticipo? La stanchezza nervosa non gli aveva impedito di reagire con un flusso di adrenalina. Respirò a fondo e cercò di scuotersi via la nebbia dal cervello. Ancora un po' di detenzione, pensò, e non ci sarebbe stata adrenalina capace di farlo tornare a contatto col mondo. Il sottufficiale lo scortò nel breve corridoio centrale fino in plancia e lo fece fermare a qualche passo dal comandante. L'uomo, nella sua uniforme dei Randall Rangers, era appoggiato alla consolle delle comunicazioni, a cui stava lavorando il secondo ufficiale. Il pilota e l'ingegnere di macchina erano indaffarati sul resto della strumentazione.
— Se salgono a bordo lo arresteranno, e così sarà automaticamente portato a destinazione — stava dicendo il secondo ufficiale.
— Se salissero a bordo potrebbero arrestare anche noi. Lei ha ordinato di scaricarlo alla stazione o dove capita e tornare indietro. Non le piacerebbe sentirsi dire che ci siamo fatti internare — replicò il comandante.
— Volo C6-WG — disse una voce dalla consolle. — Qui è la Ariel, nave a contratto con mansioni di sorveglianza per conto della Flotta di Aslund. Chiamo il Volo C6-WG da Stazione Vervain. Rallentate a velocità d'ingresso e preparate il compartimento stagno per ricevere un'ispezione a bordo. La Stazione Aslund si riserva il diritto di negarvi l'attracco qualora non vi fermiate per un'ispezione preliminare. — Poi proseguì, in tono meno ufficiale: — E noi ci riserviamo il diritto di aprire il fuoco se voialtri, gente, non ubbidite maledettamente subito. Chiaro, questo? — Assumendo una nota sarcastica la voce aveva fatto scattare un interruttore nella memoria di Miles. Bel?