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— La Speranza! Potrei chiedere di meglio? — Thorne s'illuminò in volto mentre veniva verso di lui. Lo abbracciò e lo strinse a sé con entusiasmo. — Miles! — Scostandosi continuò a tenerlo per le spalle, e nei suoi occhi c'era una luce quasi avida. — Ma che stai facendo qui? E…

— Sapevo che me lo avresti chiesto — sospirò Miles.

— … e perché hai addosso una tuta dei Rangers?

— Dio, sono felice che tu non sia di quelli che prima sparano e poi fanno domande. — Miles scalciò via la plastica sgonfia fra cui si impigliavano le sue pantofole e vide che i mercenari, per quanto un po' incerti, continuavano a tenerlo sotto mira. — Ah… — Fece un gesto verso di loro.

— Riposo, uomini — ordinò Thorne. — È tutto a posto.

— Vorrei che fosse vero — disse lui. — Bel, dobbiamo parlare.

La cabina di Thorne a bordo della Ariel era lo stesso miscuglio di cose familiari e novità che Miles stava trovando in tutto ciò che riguardava i mercenari. I rumori, gli odori e le attività nei locali dell'astronave gli risvegliavano cascate di ricordi. Bel aveva riempito il suo alloggio con una gran quantità di oggetti personali: videolibri, armi, ricordi accumulati nelle campagne belliche, un casco semifuso alla cui robustezza doveva la vita e che era stato trasformato in una lampada, e una piccola gabbia contenente un animaletto di origine terrestre che Thorne chiamava «criceto».

Fra una tazza e l'altra di tè non sintetico, proveniente dalla riserva privata del comandante, Miles riferì a Thorne una versione in stile ammiraglio Naismith dei fatti accaduti, molto vicina a quella che aveva dato a Oser ed a Tung: l'incarico di valutare la situazione politica del Mozzo, e il governo al cui servizio agiva e del quale non poteva fare il nome. Gregor, naturalmente, restò fuori dal resoconto, e così anche ogni accenno a Barrayar. Miles Naismith parlava con puro accento betano. Per il resto rimase aderente a ciò che gli era successo davvero, compresi molti particolari del suo soggiorno fra i Randall Rangers.

— Così il tenente Lake è stato catturato dai nostri concorrenti — commentò Thorne, dopo che lui gli ebbe riferito di come lo aveva incontrato nel reparto detenzione della Mano di Kurin. - Non posso dire di amarlo svisceratamente… ma è chiaro che nelle procedure della nostra sicurezza c'è una falla.

— Lo penso anch'io. — Miles depose la tazza e si piegò in avanti. — Il mio datore di lavoro mi ha autorizzato non soltanto a osservare ma anche a impedire che scoppi un conflitto nel Mozzo Hegen, se possibile. — Sì chiese fino a che punto Ungari gli avrebbe dato ragione. — Però credo che ormai la situazione sia ingovernabile. Dal vostro punto di vista come sembra?

Thorne si accigliò. — Abbiamo attraccato alla stazione cinque giorni fa, per l'ultima volta. È stato allora che gli aslundiani hanno ordinato le ispezioni preliminari obbligatorie. Tutte le navi di stazza inferiore sono state adibite a questo servizio. Con la loro stazione militare ormai quasi completata, i nostri datori di lavoro cominciano a temere gli atti di sabotaggio, bombe fra le merci, missili dall'esterno, contaminazioni batteriologiche…

— Sì, ma non intendevo questo. Cosa puoi dirmi della situazione interna della Flotta?

— Ti riferisci alle voci sulla tua vita/morte/resurrezione? Circolano dappertutto, in quindici o venti versioni diverse. Io avevo deciso di non credere a niente… ma poi, all'improvviso, Oser ha fatto arrestare Tung.

— Cosa? — Miles si morse un labbro. — Solo Tung? Non Elena, o Mayhew, o Chodak?

— Soltanto Tung.

— Questo non ha senso. Se ha arrestato Tung deve averlo interrogato col penta-rapido, quindi sa anche di Elena. A meno che non l'abbia lasciata libera come esca.

— C'è stato un brutto momento quando hanno arrestato Tung. E credo che se Oser avesse osato fare lo stesso a Elena e Baz, la situazione sarebbe esplosa fin da allora. Malgrado questo, Tung non è stato rilasciato. Siamo sul filo del rasoio. Oser ha fatto in modo di tener separati quelli di cui non si può fidare, e l'ordinanza degli aslundiani gli ha fatto comodo; ecco perché siamo di servizio qui fuori da quasi una settimana senza interruzioni. Ma l'ultima volta che ho visto Baz era dannatamente vicino a impugnare un'arma e scatenare una rivolta. E tu sai che ce ne vuole per condurlo a quel punto.

Miles lasciò uscire lentamente il fiato. — Una rivolta… proprio quello che la comandante Cavilo vuole. È per questo che mi ha fatto portare fin qui e scaricare sulla vostra tavola: il pomo della discordia. Desidera che io prenda il potere. Non le importa che io vinca o perda: mira a seminare lo scompiglio fra le forze avversarie per poi saltar fuori con la sua mossa a sorpresa.

— E tu hai già capito di che sorpresa si tratta?

— No. Fino a poco tempo fa i Rangers si stavano preparando per un attacco in superficie da qualche parte. Il fatto che mi abbiano spedito qui fa pensare che mirino ad Aslund, contro ogni logica. Ma forse la manovra di quella donna è molto più sottile. Ha una mente contorta, da autentica intrigante. Mah! — Si batté un pugno sul palmo dell'altra mano. — Bisogna che parli con Oser. E stavolta mi dovrà ascoltare. Una collaborazione fra noi è l'unico sviluppo strategico che Cavilo non si aspetta, il solo ramo sano fra tutti quelli segati a metà su cui sta cercando di farmi sedere… te la senti di darmi una base d'appoggio, Bel?

Thorne si grattò pensosamente una guancia. — A bordo di questa nave, sì. La Ariel è la più veloce della Flotta. Potrò stare alla larga dalla gratifica di Oser, se la prossima busta paga sarà quella che penso. — E fece un sogghigno.

Converrebbe fuggire verso Barrayar? No… Cavilo aveva ancora Gregor. Meglio fingere di seguire le sue istruzioni. Per un po' di tempo, almeno.

Miles trasse un lungo respiro e sedette con fermezza alla consolle di comunicazione nella plancia della Ariel. S'era fatto una doccia, e aveva avuto in prestito un'uniforme bianca e grigia dalla donna di più bassa statura a bordo della nave. Gli orli dei pantaloni erario ripiegati in un paio di stivali che gli andavano quasi a misura. La blusa mancava della protesi imbottita che avrebbe dato un taglio più regolare alle sue spalle, ma per farla modificare c'era tempo. Fece un cenno a Thorne. — Siamo in linea? D'accordo, passamelo su un videotelefono.

Uno sfarfallio di scariche, un ronzio, e il volto aquilino dell'ammiraglio Oser si materializzò su uno schermo bidimensionale. — Pronto? Cosa c'è di tanto… lei! — I suoi denti si chiusero con uno scatto quasi udibile. La sua mano destra, una chiazza sfocata quasi fuori campo, armeggiò con i controlli del video e batté qualcosa su una tastiera.

Stavolta non può tagliar corto ordinando di buttarmi nello spazio. Ma potrebbe non aver voglia di ascoltarmi. Meglio parlare in fretta.

Miles esibì un sorriso cordiale. — Buongiorno, ammiraglio Oser. Ho completato la valutazione delle forze di Vervain sul Mozzo Hegen, come le ho detto che intendevo fare. E la mia conclusione è che lei si trova in un brutto guaio.

— Com'è riuscito a mettersi in contatto? Questo canale è riservato — sbottò Oser. — Raggio ristretto, doppi codici… — Si volse a qualcun altro. — Ufficiale alle comunicazioni, rintracci l'origine di questa chiamata!

— Non si preoccupi, non avrà difficoltà a localizzarmi. Può tenermi in linea quanto vuole — disse Miles. — Ma il suo vero nemico è alla Stazione Vervain, non qui. Non su Pol, non nel Gruppo Jackson. E di certo non sono io. Noti che ho detto Stazione Vervain, non Vervain. Lei conosce la comandante Cavilo, la sua collega, dall'altra parte del sistema?

— Mi sembra di averla incontrata, una volta o due. — Nell'attesa che la sua squadra tecnica localizzasse la chiamata, Oser si mostrava guardingo.