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— Un volto d'angelo e gli scrupoli di un tagliagole da strada?

Oser contrasse la bocca. — Vedo che anche lei l'ha incontrata.

— Oh, sì. Lei e io abbiamo avuto alcuni colloqui a cuore aperto. Li ho trovati… istruttivi. In questo momento la merce più importante che circola al Mozzo Hegen sono le informazioni. Le mie, comunque, lo sono. Desidero trattare un affare con lei.

Oser chiese una pausa alzando una mano e spense lo schermo. Quando riattivò la comunicazione era pallido di rabbia. — Comandante Thorne, questo è un ammutinamento!

Bel Thorne si spostò nel raggio delle telecamera e gli rivolse un sorriso smagliante. — Niente affatto, signore. Non è così. Stiamo solo tentando di salvarle il collo, sempreché lei ci permetta di farle questo favore. La invito ad ascoltare l'ammiraglio Naismith. Lui ha dei contatti che noi non abbiamo.

— Dei contatti, sicuro — ringhiò l'altro. — Maledetti betani, buoni solo a complottare insieme e…

— Se io combattessi contro di lei, ammiraglio Oser, o lei contro di me, perderemmo entrambi — disse in fretta Miles.

— Lei non può vincere — replicò l'uomo. — Non può portarmi via la Flotta. Non con la Ariel.

— La Ariel sarebbe solo la prima, se arrivassimo a questo. Ma voglio darle ragione, probabilmente non avrei la meglio. Ciò che io posso fare è rovinarla e niente più… dividere le sue truppe, renderla inutilizzabile per i suoi datori di lavoro. Ma in una battaglia di questo genere ogni mercenario ucciso, ogni astronave danneggiata, ogni pezzo d'equipaggiamento sprecato sarebbe una pura perdita. E nessuno vincerebbe davvero, a eccezione di Cavilo, la quale non spenderebbe nulla. Ed è precisamente per questo che lei mi ha mandato qui. Ora mi dica: quale profitto prevede di avere facendo esattamente ciò che il suo nemico desidera di più?

Miles aspettò, e riprese fiato. Le palpebre di Oser si stringevano e si riaprivano, come mandibole che ruminassero i suoi pensieri. — E lei che profitto ci trova? — domandò alla fine.

— Ah. Temo d'essere una pericolosa variabile in un calcolo di questo genere, ammiraglio. Io non ci sono dentro per profitto. — Miles sorrise. — Perciò non m'importa dei vantaggi e delle perdite altrui.

— Ogni informazione che lei abbia avuto da Cavilo è spazzatura — disse Oser.

Sta cominciando a trattare… l'ho agganciato. Miles mascherò la sua esultanza dietro un'espressione grave e preoccupata. — Tutto ciò che Cavilo dice va senz'altro preso con un grano di sale. Ma… le belle donne hanno sempre in mano armi a doppio taglio. E io ho scoperto il suo punto vulnerabile.

— Cavilo non ha punti vulnerabili.

— Oh, sì che li ha. La sua passione per l'utile, la fobia per ciò che non le dà un guadagno. I suoi interessi, insomma.

— Stento a vedere come ciò la renda vulnerabile, piuttosto che il contrario — ribatté Oser.

— È proprio per questo che lei ha bisogno di assumere me nel suo staff, e subito. A lei serve la mia visuale delle cose.

— Assumere lei! — Oser lo fissò sbalordito.

Be', se non altro l'aveva sorpreso. Anche questo era un obiettivo raggiunto, militarmente. — Se non sbaglio, il posto di Capo dello staff/Assistente Tattico è vacante, al momento.

L'espressione stupita di Oser lasciò il posto a una specie di rabbia sardonica, divertita. — Lei è pazzo.

— No, ho soltanto una fretta dannata. Ammiraglio, fra noi non è accaduto nulla di drastico e irrevocabile. Non ancora. Lei mi ha aggredito brutalmente, questo è certo, e ora si aspetta che io le restituisca il colpo. Ma io non sono qui in vacanza, e non ho tempo da sprecare per soddisfazioni improduttive come le vendette personali.

Oser lo scrutò a occhi socchiusi. — E Tung?

Lui si strinse nelle spalle. — Lo tenga pure in cella, per ora, se proprio vuole. Purché sia trattato bene, ovviamente. — Solo, non dirgli che ti ho detto questo.

— Supponiamo che io lo faccia fucilare.

— Ah… questo sarebbe irrevocabile. — Miles fece una pausa. — Voglio puntualizzare che tenendo in cella Tung è come se lei si legasse la mano destra prima della battaglia.

— Quale battaglia? Con chi?

— Questa è la sorpresa. La sorpresa che Cavilo sta preparando, anche se io ho elaborato un paio di idee al riguardo. Idee che vorrei condividere con lei.

— Vorrebbe? — La smorfia di Oser era quella di chi sta succhiando un limone, la stessa che Miles aveva visto ogni tanto sulla faccia di Illyan. Glielo fece apparire quasi più simpatico.

— Come alternativa alla mia assunzione — proseguì Miles, — potrei essere io ad assumere lei. Il mio… sponsor mi ha autorizzato a firmare contratti standard con forze mercenarie, con le solite clausole: buona paga, percentuale sugli utili, risarcimento danni, spese pagate, polizza d'assicurazione per chi la desidera e tutto il resto. — Illyan, ascolta le mie suppliche. - Non sarebbe in conflitto con gli interessi di Aslund. Ciò le consentirebbe di incassare da due datori di lavoro, senza cambiare bandiera. Il sogno di ogni mercenario.

— Quali garanzie può offrirmi?

— Sono io, mi pare, quello che ha diritto a certe garanzie, signore. Procediamo un passetto alla volta: io non organizzerò un ammutinamento, e lei la smetterà di farmi scaraventare fuori dai portelli stagni. Mi unirò a lei apertamente, senza nascondere la cosa a nessuno, e metterò a sua disposizione le informazioni di cui dispongo. — Quanto leggere gli sembravano le sue «informazioni» sulla brezza di quelle ariose promesse! Niente mappe, né dati tecnici, né movimenti di truppe, ma soltanto intenzioni: mutevoli topografie mentali di necessità, ambizioni e tradimenti. — Dobbiamo incontrarci e parlarne. I suoi punti di vista potrebbero perfezionare i miei. Poi stabiliremo una linea di condotta.

Oser strinse le labbra, per metà divertito, per metà persuaso, sprizzante diffidenza da ogni poro.

— Il rischio, devo puntualizzarlo — disse Miles, — il rischio personale, è più mio che suo.

— Credo che…

Miles restò appeso a quella frase, aspettandone la fine.

— Credo che finirò col pentirmene — sospirò Oser.

I negoziati sul ritorno della Ariel all'ormeggio della stazione militare richiesero un'altra mezza giornata, e man mano che l'eccitazione iniziale si placava Thorne divenne sempre meno ottimista. Quando l'astronave accostò per completare la manovra di attracco il suo umore s'era fatto tetro e pensoso.

— Non sono certo di capire cosa tratterrà Oser dall'accoglierci con una scarica di storditori. Potrebbe benissimo farci processare e poi fucilare per alto tradimento — disse, allacciandosi una fondina alla cintura. Aveva parlato sottovoce, per non farsi sentire dalla squadra che attendeva in corridoio, davanti al principale compartimento stagno della Ariel.

— La curiosità — rispose con sicurezza Miles.

— Sicuro. Un colpo di storditore, un ipospray di penta-rapido per togliersela, e poi la fucilazione.

— Se mi interrogasse col penta-rapido gli direi esattamente ciò che intendo dirgli in ogni modo. — E qualcosa in più, ahimè. - E tanto meglio, così gli resteranno pochi dubbi.

I clangori e i sibili del tubolare di collegamento lo salvarono dal dover spalmare altro balsamo sul pessimismo di Thorne. Il sergente che aveva il comando della squadra aprì il portello stagno senza esitazioni, anche se Miles notò che si teneva prudentemente da parte per non stagliarsi sull'apertura.

— Scorta, tenersi pronti! — ordinò il sergente. I sei mercenari della squadra controllarono che i loro storditori fossero accesi. Thorne e il graduato avevano anche distruttori neuronici; un miscuglio d'armi psicologicamente calcolato: gli storditori per porre umanamente rimedio agli errori degli altri, i distruttori neuronici per scoraggiarli dal commetterli. Miles era disarmato. Con un pensiero di ringraziamento a Cavilo (piuttosto rude, tuttavia) s'era rimesso le pantofole. Thorne, al suo fianco, prese la testa del gruppo e avanzò a passo di marcia nel tubo verso uno dei moli dell'ormai quasi finita stazione militare aslundiana.