— Il che è innegabile. Baz… — Per un assurdo momento fu tentato di ordinargli di prendere Elena e andarsene, di portarla lontano dal pericolo che li attendeva tutti. — Ci attendono dei giorni un po' folli, temo.
— Con Naismith il Folle di nuovo al comando, come potrebbe essere diversamente? — Baz scrollò le spalle con un sorriso e si avviò alla porta.
— Non sono bislacco come Tung o altri… Santo Cielo, sta dicendo che qualcuno mi chiama davvero così?
— Uh… per scherzo, signore. Ma solo pochi vecchi Dendarii si azzardano a farlo.
E i vecchi Dendarii sono pochi, infatti. Quello, sfortunatamente, non era uno scherzo. La porta si chiuse con un sibilo alle spalle di Baz.
Ungari. Il capitano Ungari. Qualcuno a cui appoggiarsi, alla fine. Se soltanto avessi qui Gregor, potrei cominciare a rilassarmi. Ma se non altro saprò cos'hanno fatto i nostri in tutti questi giorni. Esausto appoggiò il mento sulle mani, guardò la consolle di Oser e sorrise. Un aiuto. Era l'ora.
Il preludio di un sogno gli stava annebbiando la mente quando il ronzio della porta gli precluse l'accesso al lungo sonno da tanto tempo rimandato. — Chodak — disse una voce. Miles si passò una mano sulla faccia e premette il pulsante d'apertura. — Entrate. — Guardò l'orologio; aveva perso solo quattro minuti sul confine fra la realtà e qualcosa di meglio. Aveva bisogno di una bella dormita, definitivamente.
Chodak e due mercenari Dendarii scortarono dentro il capitano Ungari e il sergente Keller. I due avevano la tuta dei supervisori agli impianti elettronici, senza dubbio con tanto di carte di identità e lasciapassare in perfetta regola. Miles li accolse con un sorriso.
— Sergente, tu e i tuoi uomini aspettate fuori. — Chodak parve infelice di vedersi escluso. — Ah, se la comandante Elena Bothari-Jesek ha finito quello che stava facendo, chiedile di raggiungerci qui. Grazie.
Ungari attese con impazienza che la porta si richiudesse prima di farsi avanti a lunghi passi. Miles si alzò e lo salutò militarmente. — Lieto di rivederla, capi…
Ma con sua sorpresa, invece di restituirgli il saluto Ungari lo afferrò rabbiosamente per il petto e lo sollevò in punta di piedi. Miles si rese conto che solo con uno sforzo l'uomo aveva imposto alle proprie mani di chiudersi sull'uniforme invece che intorno al suo collo. — Vorkosigan, razza di dannato idiota! Si può sapere a che maledetto gioco da mentecatti sta giocando?
— Ho trovato l'Imperatore, signore. — Non disse «perduto». — Ora sto organizzando una spedizione per recuperarlo. Sono contento che lei sia riuscito a mettersi in contatto con me giusto in tempo. Un'ora in più e avrei dovuto lasciarla qui. Se uniamo le nostre informazioni e le nostre risorse…
Le mani di Ungari non si aprirono, e il suo labbro superiore non si riabbassò sui denti. — So benissimo che lei ha trovato l'Imperatore. Ho seguito le sue tracce dalla prigione della Stazione Confederata fin qui. Alcuni giorni fa eravate insieme. Poi siete spariti.
— Ah, non ne ha parlato a Elena? Avrei detto che certo… ma si sieda, signore, la prego. — E mi lasci, morte e maledizione. Ungari sembrava non accorgersi che lui toccava terra solo con le punte dei piedi. — Perché non mi dice come valuta la situazione, dal suo punto di vista? Mi interessa molto.
Respirando pesantemente Ungari gli tolse le mani di dosso e andò a sedersi sulla sedia che lui gli stava indicando. Con un grugnito comunicò a Keller che lui non era autorizzato a fare altrettanto, e il massiccio sergente restò in piedi alle sue spalle. Rivederlo era un sollievo per Miles, che l'ultima volta lo aveva lasciato disteso su un marciapiede della Stazione Confederata senza sapere se fosse vivo o morto. Notò che aveva un'aria stanca e un po' assente.
— Appena il sergente Keller è stato in grado di muoversi — disse Ungari, — l'ha seguita alla prigione per toglierla dalle mani dei confederati. Ma lei era già svanito nel nulla. Ha dovuto spendere non le dico quale somma per tirar fuori di bocca a quei bastardi ciò che sapevano. Ma solo il giorno dopo, parlando con l'uomo a cui lei aveva rubato sia l'identità che il contratto di lavoro…
— Ah, è sopravvissuto — disse Miles. — Ottimo. Gre… noi eravamo preoccupati per la sua sorte.
— Sì. Ma il sergente non ha riconosciuto l'Imperatore, quando ha visionato le registrazioni dei lavoratori sotto contratto. Il suo nome non era nella lista di quelli che potevano essere informati della scomparsa di Gregor Vorbarra.
Una smorfia vagamente disgustata passò sul volto di Keller, al ricordo di quell'ingiustizia così offensiva.
— Soltanto quando ha preso contatto con me, qui a Stazione Aslund, abbiamo cominciato a seguire le vostre tracce. E soltanto più tardi io ho potuto riconoscere uno di quei lavoratori a contratto come Sua Altezza Imperiale. Giorni interi perduti.
— Io davo per certo che lei avrebbe contattato Elena Bothari-Jesek. Era informata dei nostri spostamenti. E lei, signore, sapeva che è una mia vassalla-giurata. È nel mio fascicolo.
Ungari lo gratificò di uno sguardo piatto, ma non gli offrì alcuna spiegazione per quella dimenticanza. — Quando le prime squadre di agenti barrayarani saranno nel Mozzo, avremo finalmente le forze sufficienti per intraprendere una seria ricerca…
— Bene! Dunque in patria sanno che Gregor è qui. Temevo che Illyan stesse ancora impegnando i mezzi della Sicurezza su Komarr, oppure in direzione di Escobar.
Ungari strinse i pugni. — Vorkosigan, che cosa ha fatto all'Imperatore?
— È al sicuro, tuttavia in pericolo. — Miles rifletté qualche istante. — Cioè, voglio dire che al momento sta bene, credo, ma le cose potrebbero cambiare appena la situazione strategica…
— So benissimo dov'è. Tre giorni fa è stato visto da un nostro agente infiltrato fra i Randall Rangers.
— All'incirca quando io li ho lasciati — calcolò Miles. — Difficile che vedesse anche me, comunque, visto che ero in cella… e cosa si prevede da parte nostra?
— Un contingente adeguato si sta preparando a intervenire. Non so quante astronavi di preciso.
— E hanno il permesso di attraversare lo spazio di Pol?
— Dubito che attendano di averlo.
— I polani devono essere informati. Non possiamo rischiare di inimicarci Pol mentre…
— Alfiere, Vervain ha catturato l'Imperatore! — sbottò Ungari, irritatissimo. — Io non ho intenzione di informare i…
— Non è stato Vervain a catturare Gregor, bensì Cavilo — lo interruppe Miles, ansiosamente. — Capitano, non è affatto un complotto politico, ma una manovra con cui quella donna si propone di ottenere un guadagno personale. Io credo, anzi in effetti ne sono sicuro, che il governo vervano non conosca l'identità dell'ospite di Cavilo. Le nostre forze devono essere avvisate di non compiere alcun atto ostile fino all'arrivo della flotta d'invasione cetagandana.
— All'arrivo di cosa?
Miles sbatté le palpebre. — Sta dicendo — chiese con voce sottile, — che non sa niente dell'invasione dei cetagandani? — Si accigliò. — Be', anche se lei non ne ha fatto parola nei suoi rapporti, è probabile che la notizia sia giunta a Illyan. Gli agenti della Sicurezza scaglionati nell'Impero Cetagandano devono aver notato che molte astronavi da battaglia hanno lasciato le loro basi, e avranno capito che c'è una grossa azione in programma. Qualcuno ha certo proseguito la normale attività spionistica, malgrado il caos creato dalla scomparsa di Gregor. — Ungari continuava a fissarlo in sbalordito silenzio, così lui spiegò: — Mi aspetto che una forza d'invasione cetagandana penetri nello spazio di Vervain e prosegua per prendere possesso del Mozzo Hegen, con la connivenza della comandante Cavilo. Fra brevissimo tempo. Il mio progetto è di spostare la Flotta dei Dendarii attraverso il sistema, per fermare l'attacco all'altezza del corridoio di transito vervano, tenendo la posizione fino all'arrivo dei rinforzi. Spero che manderanno qualcosa di più di un semplice gruppo d'intervento… a proposito, lei ha ancora quel contratto in bianco per i mercenari che Illyan le ha dato? Ne avrei bisogno.