— Sì, lo so.
Miles fece lo sforzo di tenere chiusa la bocca, ma non fermi i piedi, finché la porta emise un ronzio. — I prigionieri, come ha ordinato, signore — disse la voce di Chodak dall'intercom.
— Va bene, sergente. Entrate. — Miles andò a premere il pulsante sulla consolle.
La squadra di Chodak introdusse nell'ufficio il capitano Ungari e il sergente Keller. Entrambi erano come Miles aveva ordinato: ben puliti, rasati, pettinati, e vestiti con uniformi dendarii adeguate al loro grado. Sembravano tutt'altro che entusiasti di doverle indossare, e ostili perfino all'aria che stavano respirando.
— Grazie, sergente. Tu e la tua squadra potete andare.
— Andare? — Le sopracciglia di Chodak lo interrogarono sulla saggezza di quell'ordine. — È sicuro di non volere che aspettiamo fuori, signore? Le ricordo quel che è successo l'ultima volta.
— Questa volta non sarà necessario.
Lo sguardo di Ungari prometteva il contrario. Chodak annuì, dubbioso, ma prima di uscire richiamò l'attenzione dei due sul distruttore neuronico che aveva al fianco, con un gesto chiaro come una sentenza.
Appena sentì chiudersi la porta alle sue spalle, Ungari lasciò uscire il fiato che aveva in corpo. — Vorkosigan! Bastardo traditore ammutinato! Io la trascinerò davanti alla corte marziale, con tante di quelle accuse che dovranno impiccarla dieci volte prima di…
L'uomo non aveva ancora fatto caso a Gregor, che sedeva in silenzio sul bordo della consolle e indossava un'uniforme dendarii, senza gradi perché i Dendarii non avevano gradi adatti a un Imperatore.
— Uh, signore… — Con un gesto Miles dirottò lo sguardo fosco del capitano verso di lui.
— Queste sue ambizioni sono talmente condivise da tanti altri, capitano — disse Gregor con un sorrisetto, — che dovrà fare la fila per presentare le sue accuse alla corte.
Il fiato rimasto nei polmoni di Ungari uscì senza dar voce ad altre parole. Sbatté le palpebre. A suo credito, tuttavia, le selvagge emozioni che gli deformavano il volto lasciarono subito il posto a un enorme sollievo. — Altezza Imperiale!
— Capitano, le faccio le mie scuse — disse Miles, — per il brusco trattamento che ho dovuto riservare a lei e al sergente Keller. Ma ho dovuto ritenere l'azione con cui mi proponevo di salvare l'Imperatore troppo… uh, estemporanea per i suoi nervi. — Sei stato ben felice di non esserne responsabile tu, in realtà. E io sono stato felice di non averti fra i piedi.
— Un alfiere non può ritenersi responsabile di operazioni di questa portata — sbottò Ungari, come se gli avesse letto nella mente. — Il responsabile è il suo diretto superiore. E Illyan si sarebbe rivolto a me, se la sua, uh, azione fosse fallita…
— Be', allora congratulazioni, signore. Lei è appena riuscito a salvare l'Imperatore — ribatté Miles. — Il quale, come suo comandante in capo, ha ora alcune istruzioni da darle, se lei gli consente di mettere bocca in questa discussione.
Ungari tacque. Con uno sforzo visibile distolse la sua attenzione da Miles e la focalizzò su Gregor. — Ai suoi ordini, Altezza.
Gregor disse: — Come unico ufficiale della Sicurezza Imperiale nel raggio di molti milioni di chilometri, a parte l'alfiere Vorkosigan che ha altri incarichi, lei, col suo sergente, è ora addetto alla protezione della mia persona, in attesa di contattare le nostre forze. Uno di voi potrà anche svolgere mansioni di corriere. Prima di lasciare la Triumph la prego di mettere a disposizione degli ufficiali dendarii tutte le informazioni militari di cui è in possesso. I mercenari ora agiscono come miei, uh…
— Ubbidienti servitori — suggerì Miles sottovoce.
— … mie truppe — tagliò corto Gregor. — Consideri l'uniforme che indossa — Ungari guardò con disprezzo il tessuto grigio e bianco — quella di un esercito regolare, e la rispetti di conseguenza. Senza dubbio riavrà quella verde del Servizio Imperiale quando anch'io riavrò la mia.
Miles aggiunse: — Distaccherò l'incrociatore leggero Ariel e il più veloce dei nostri due corrieri al servizio personale di Sua Altezza, appena lascerete la Stazione Vervain. Se uno di voi dovrà partire potrà usare il corriere, mentre la Ariel resterà a tutela dell'Imperatore. Il suo comandante, Bel Thorne, è leale e fidato. Uno dei più esperti combattenti fra gli ufficiali dendarii.
— Sempre preoccupato di lasciarmi aperta una via di fuga, eh, Miles? — Gregor scosse il capo, seccato.
Lui s'inchinò leggermente. — Se le cose andassero male, potrà sopravvivere per vendicarci. Per non parlare del fatto che qualcuno dovrà maledettamente assicurarsi che i Dendarii siano pagati. Abbiamo dei doveri verso di loro, suppongo.
— Giusto — assentì Gregor, a bassa voce.
— Anch'io ho qui un rapporto, sugli ultimi eventi, da far pervenire a Illyan — proseguì Miles. — Nel caso che io… nel caso che voi lo vediate prima di me. — Prese un dischetto da uno scaffale, lo chiuse nella custodia e lo consegnò a Ungari.
Lui annuì appena, assorto in tutt'altre preoccupazioni. — La Stazione Vervain? La sua sicurezza mi impone di suggerire Pol Sei, Altezza.
— Ma i miei doveri mi impongono Stazione Vervain, capitano. E così anche i suoi. — Gregor si alzò. — Venga, le spiegherò la situazione mentre ci prepariamo a sbarcare.
— E lascerà Vorkosigan da solo? — obiettò lui, accigliato. — Con questi mercenari? È un problema di cui vorrei occuparmi un momento, Altezza.
— Signore — disse Miles a Ungari, — mi spiace di non poter… — di non poterti ubbidire, pensò, ma non lo disse. — Ho anch'io un problema con questi mercenari. Si tratta di prepararli alla battaglia. Inoltre c'è da regolare un'ultima questione con la ex-comandante dei Rangers. Si tratta di particolari che io solo posso seguire, per avere certe garanzie. Sono sicuro che Gre… che sua Altezza Imperiale capirà.
— Mmh — disse Gregor. — Sì, capitano Ungari. Nomino l'alfiere Vorkosigan nostro ufficiale di collegamento presso i Dendarii, sotto la mia responsabilità personale. Questo dovrebbe accontentare anche lei, penso.
— Non sono io quello che deve essere accontentato, Altezza!
Lui esitò un attimo. — Diciamo allora che questo è nel miglior interesse di Barrayar. Argomento che dovrà essere sufficiente anche per Illyan. Andiamo, capitano.
— Sergente Keller — aggiunse Miles, — lei sarà la guardia del corpo e l'attendente personale dell'Imperatore, fino a nuovo ordine.
Keller non parve affatto ringalluzzito da quell'inattesa promozione sul campo. — Signore — mormorò, piegandosi verso Miles, — io non ho neppure fatto il corso di specializzazione!
Si riferiva al corso d'addestramento avanzato che tenevano al Quartier Generale della Sicurezza Imperiale, e da cui uscivano guardie di palazzo dai modi impeccabili che esteticamente facevano un gran bell'effetto.
— Anche noi ci troviamo alle prese con problemi analoghi qui, sergente, mi creda — mormorò Miles in risposta. — Faccia del suo meglio.
La sala tattica della Triumph ferveva d'attività; ogni consolle era occupata, ogni schermo olovisivo mostrava gli spiegamenti delle flotte e le varianti che intervenivano nella loro disposizione. In piedi al fianco di Tung, Miles si sentiva inutile. Gli veniva da pensare a una vecchia battuta dell'Accademia: «Regola 1: ignorate i suggerimenti del computer tattico solo se sapete qualcosa che lui non conosce. Regola 2: il computer tattico ne sa sempre una più di voi».
Quella era una battaglia? Quel silenzio disturbato solo da qualche mormorio, quelle luci morbide, quella grafica computerizzata, quelle comode poltroncine imbottite? Forse tanto distacco era positivo, per chi aveva il comando. Lui si sentiva battere forte il cuore. Una sala tattica di quelle dimensioni poteva sovraccaricare la mente di dati fino a mandarla in corto circuito, se uno perdeva il controllo un momento. Il trucco stava nel concentrarsi sulle cose essenziali, e mai, mai dimenticare che la mappa non era il territorio.