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Cavilo entrò subito dopo Gregor. La bionda indossava uno scafandro identico agli altri, anche se in quel momento portava il casco sottobraccio come una grossa testa mozzata dal corpo. Gettò un'occhiata al corridoio vuoto e si accigliò. — E va bene. Dov'è il trucco? — domandò ad alta voce.

Per rispondere alla tua domanda… Miles premette il pulsante di una scatola di controlli a distanza.

Un'esplosione soffocata mandò un lampo di luce nel corridoio. Il tubolare flessibile unito alla navetta si staccò con violenza. I portelli automatici, captando un calo nella pressione dell'aria, si chiusero all'istante. Soltanto pochi litri d'aria erano sfuggiti nello spazio. Apparecchiature efficienti. Miles le aveva fatte ricontrollare dai tecnici di bordo, quando avevano applicato le mine direzionali alle flange d'attracco fuori dallo scafo. Miles osservò i monitor. La navetta da guerra di Cavilo si stava allontanando dal fianco della Ariel, con tutti i sensori e gli apparati elettronici momentaneamente «accecati» dalla stessa esplosione che l'aveva respinta. Le armi di bordo sarebbero rimaste fuori uso finché il pilota, freneticamente impegnato con le sue inservibili consolle di manovra, ne avesse ripreso il controllo. Se ci fosse riuscito.

Miles accese l'intercom portatile e chiamò la plancia della Ariel. - Tienilo d'occhio, Bel. Non voglio che pensi di poterci dare dei problemi — disse a Thorne.

— Posso spazzarlo via con una bordata, se vuoi.

— No, aspettiamo. C'è ancora tempo prima di vedere come si metteranno le cose, quaggiù. — E che Dio ci aiuti.

Cavilo si stava infilando il casco, ora, circondata dagli uomini che brandivano le armi. Canne puntate, avide di vomitare la morte, e niente su cui sparare. Diamo loro un momento per calmarsi i nervi, il tempo necessario perché non comincino a sparare di riflesso, ma non abbastanza da poter pensare…

Miles si volse a guardare i sei uomini che aveva con sé, chiusi nei loro scafandri da combattimento, e infilò il casco anche lui. Non che il numero fosse determinante. Un selvaggio nudo e armato di clava poteva fermare un intero esercito, se fra le sue mani c'era un ostaggio inerme. Ridurre la situazione a termini quantitativi più modesti, rifletté Miles con rammarico, non faceva una differenza qualitativa. Avrebbe potuto visualizzarla in entrambi i modi. Ma un elemento a suo favore c'era: il cannone a plasma che aveva fatto piazzare nel corridoio. Fece un cenno col capo a Elena, che s'era messa alla manovra della grossa arma. Non era consigliabile usarla in luoghi chiusi e ristretti, anche se avrebbe potuto distruggere uno scafandro corazzato e aprire un foro largo un metro nella paratia d'acciaio dietro di esso… se avesse sparato. Ma non era questa l'eventualità prevista. Miles calcolava che gettandosi avanti avrebbero potuto uccidere almeno uno dei cinque uomini di Cavilo, prima di trovarsi a combattere faccia a faccia, o meglio guanto a guanto.

— Ora apro — avvertì, via radio. — Ognuno ricordi le sue istruzioni. — Premette un altro pulsante sulla scatola di comandi che aveva in mano. Il portello anti-esplosione fra il suo gruppo e quello di Cavilo cominciò ad aprirsi lentamente. Centimetro per centimetro, non all'improvviso, a un ritmo calcolato per ispirare timore senza far scattare il panico.

La sua radio era sintonizzata su tutte le lunghezze d'onda e con l'altoparlante esterno al massimo volume. Al piano di Miles era essenziale che fosse lui ad avere la prima parola.

— Cavilo! — gridò. — Spegnete le armi e non un gesto, o farò esplodere in atomi Gregor Vorbarra!

Il linguaggio corporale era una strana cosa; sorprendente quanto poteva esprimere anche attraverso la lucida superficie corazzata di uno scafandro spaziale. La più piccola delle figure in armatura restò con le mani sollevate a mezzo, sbalordita. Senza dir niente e, per alcuni preziosi secondi, senza reagire. Parlando sul loro canale lui le aveva rubato la parola. E adesso, bellezza, cosa rispondi a questo? Era un bluff giocato sul filo del rasoio. Miles aveva dato per certo che il problema dell'ostaggio fosse insolubile; di conseguenza l'unica speranza era di far credere a Cavilo che quello fosse un suo problema.

Be', con la parte «non un gesto» del suo ordine aveva ottenuto qualcosa, per intanto. Ma non osava permettere che quella situazione di stallo durasse troppo. — Giù le armi, Cavilo! Basta solo il fremito di un dito nervoso per trasformarti da fidanzata imperiale in fidanzata di una nuvola d'atomi, prima che io faccia sposare quegli atomi coi tuoi. E ora mi stai rendendo molto nervoso!

— Avevi detto che di lui c'era da fidarsi — sibilò Cavilo a Gregor.

— Forse ha smesso del tutto di prendere i suoi tranquillanti — rispose lui, respirando affannosamente. — No, ascoltami… non oserà. Sta bluffando. Ora te lo dimostro: chiamerò il suo bluff.

Con le mani allargate e bene in vista Gregor s'incamminò dritto verso il cannone a plasma. Dietro il cristallo del suo casco gli occhi di Miles si spalancarono sorpresi. Gregor. Gregor… oh, Gregor!

L'Imperatore tenne lo sguardo fisso sul visore di Elena. I passi con cui avanzava restarono fermi e decisi, e si fermò soltanto quando il suo addome fu a contatto della bocca del cannone a plasma. Il gesto di sfida era stato drammatico, e drammatico fu il momento d'immobilità che Gregor offrì a tutti. Miles ne fu così ammirato che soltanto allora il suo dito si mosse di pochi centimetri, premendo il pulsante che fece chiudere il portello anti-esplosione.

Il meccanismo non era programmato per un ritorno lento come l'apertura: si chiuse con un tonfo violento, più veloce dello sguardo. Dall'altra parte si udirono alcuni rumori, il sibilo del plasma e grida sulla frequenza radio dei Rangers. Cavilo urlò un ordine appena in tempo per impedire a uno dei suoi di sparare a una mina applicata al muro del corridoio dov'erano rinchiusi. Poi, il silenzio.

Miles abbassò il fucile a plasma e si tolse il casco. — Possente Iddio, non mi aspettavo questo. Gregor, sei stato geniale.

Lui alzò una mano e con gesto accurato spinse da parte la canna del cannone a plasma.

— Non preoccuparti — disse Miles. — Nessuna delle nostre armi è carica. Non volevo rischiare incidenti.

— Avrei giurato che le cose stavano così — mormorò Gregor. Gettò uno sguardo al portello chiuso dietro di lui. — Cos'avresti fatto se io fossi rimasto lì a dormire in piedi?

— Una chiacchierata. Avrei proposto qualche compromesso. Avevo due o tre espedienti… sulla destra di quel corridoio c'è una squadra pronta con le armi cariche. Se la tua cara fidanzata non avesse ceduto ero perfino preparato ad arrendermi.

— Proprio come temevo — annuì Gregor.

Da oltre il portello provennero alcuni rumori.

— Elena, a te il comando — disse Miles. — Pensaci tu. Se possibile prendi Cavilo viva, ma non voglio che uno solo dei Dendarii si giochi la pelle nel tentativo. Niente rischi. E non fidarti di una sola delle sue parole.

— Afferro il concetto. — Elena li salutò con un gesto e si occupò dei suoi uomini, che stavano caricando le armi. Poi si mise in contatto radio con l'ufficiale al comando dell'altra squadra, e con la plancia per farsi riferire da Thorne la situazione all'esterno della Ariel.

Miles accompagnò subito Gregor in fondo al corridoio, per farlo allontanare il più possibile dalla zona dove la parola stava per passare alle armi. — Andiamo in sala tattica. Devo aggiornarti. E ci sono alcune decisioni che tu dovrai prendere.