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Con alcuni movimenti si orientò in quella nuova direzione. Invece di essere steso all’infuori con l’intero corpo esposto ai Condor, adesso presentava loro solo le suole delle scarpe. Era un bersaglio molto più ristretto.

Qualcuno lo vide. E non c’era da aspettarsi altro, dato che fluttuava indifeso all’aperto. D’istinto ripiegò le gambe sotto di sé. Nello stesso istante su di lui balenò un circoletto di luce, e le gambe della sua tuta si congelarono in quella posizione. Le braccia invece restarono libere, poiché se il colpo non giungeva in pieno corpo a subirne l’effetto erano solo gli arti che lo incassavano. Ender rifletté che se non si fosse messo per il lungo il Condor l’avrebbe colpito al corpo. E lui sarebbe rimasto del tutto immobilizzato.

Visto che Bonzo gli aveva ordinato di non estrarre la pistola Ender continuò a fluttuare senza muovere la testa né le braccia, come se avessero congelato anche lui. Il nemico lo ignorò, e concentrò il fuoco sui soldati che stavano sparando. La conclusione si prospettava amara. Ormai inferiore di numero l’orda delle Salamandre, pur tenace, stava cedendo terreno. La battaglia si frammentò in una dozzina di scontri isolati. Ma la disciplina imposta da Bonzo dava adesso i suoi frutti, perché ogni Salamandra colpita si portava dietro almeno un avversario. Nessuno fuggiva o si lasciava prendere dal panico: tutti conservavano la calma e sparavano finché non venivano sopraffatti.

La più micidiale fra i superstiti era Petra. I Condor erano stati costretti ad accorgersene, e un intero branco manovrava per toglierla di mezzo. Infine riuscirono a congelarle il braccio con cui sparava, e il torrente d’imprecazioni della ragazzina s’interruppe soltanto quando una gragnuola di colpi la immobilizzò completamente e la visiera del suo casco s’abbassò fino al mento. L’orda delle Salamandre non oppose più una valida resistenza, e pochi minuti dopo tutto era finito.

Ender notò compiaciuto che i Condor potevano appena mettere insieme cinque soldati, il numero minimo indispensabile per aprire la porta in caso di vittoria. Quattro di loro toccarono con l’elmetto i punti luminosi ai quattro angoli della porta delle Salamandre, ed il quinto passò oltre il campo di forza. Questo atto mise termine alla partita. Le luci tornarono alla massima luminosità, e Anderson entrò in sala dalla porta degli insegnanti.

Avrei potuto estrarre la pistola, pensò Ender mentre i Condor uscivano. Mi sarebbe bastato colpire uno di loro e sarebbero stati troppo pochi per aprire. La partita sarebbe finita in pareggio. Servono quattro uomini per consentire al quinto di oltrepassare la porta. E i Condor non avrebbero avuto la vittoria. Bonzo, razza di somaro, avrei potuto salvarti dalla disfatta. Forse perfino trasformarla in un successo, perché quei cinque erano bersagli facili e non avrebbero capito subito da dove sparavo. Sono già abbastanza bravo come tiratore.

Ma gli ordini erano ordini, e lui aveva promesso di ubbidire. La sola soddisfazione l’ebbe pensando che nei documenti di gara delle Salamandre sarebbero stati registrati non quarantuno eliminati, bensì quaranta eliminati e uno parzialmente inabilitato. Bonzo non l’avrebbe saputo finché non avesse consultato il registro di Anderson e visto di chi si trattava. Inabilitato, Bonzo, capisci? Io potevo ancora sparare.

S’era quasi atteso che Bonzo venisse a cercarlo e dicesse: — La prossima volta che capita una cosa simile, sei autorizzato a sparare. — Ma lui non gli rivolse la parola fino al mattino successivo dopo colazione. Naturalmente Bonzo mangiava nella mensa dei comandanti, ma Ender era abbastanza certo che lo strano risultato della partita avrebbe causato là tante chiacchiere quante ne stava destando nella mensa comune. In ogni partita che non fosse terminata in pareggio tutti i soldati dell’orda perdente risultavano eliminati oppure completamente disabilitati, cioè non del tutto congelati ma privi della possibilità di sparare o infliggere danni al nemico. Le Salamandre erano l’unica orda che fosse riuscita a perdere con un uomo ancora nella categoria di quelli in grado di usare l’arma.

Ender s’era riproposto di tener la bocca chiusa, ma accanto a lui vennero a sedersi delle Salamandre che con aria grave pretesero una spiegazione. E quando i ragazzi gli chiesero perché non avesse ignorato gli ordini e sparato, lui rispose con calma: — Io ubbidisco agli ordini.

Dopo colazione Bonzo lo fece chiamare. — Le istruzioni che hai restano tali e quali — disse. — E bada a non sgarrare.

Questo continuerà a costarti caro, idiota. Forse non sarò un buon soldato, ma posso sempre essere d’aiuto e non c’è ragione che tu me lo proibisca.

Ender non diede voce ai suoi pensieri.

Un interessante effetto collaterale della battaglia fu che il nome di Ender emerse in cima alla lista dei quozienti d’efficienza individuale. Dal momento che non aveva sparato un sol colpo, il computer gli conferiva un record perfetto: errori zero. E visto che non era mai stato eliminato né disabilitato, il quoziente d’efficienza risultava ottimo. Il secondo della lista era abbondantemente distanziato. Questo fece ridere molti dei ragazzi, mentre altri imprecarono contro l’imbecillità dei cervelli elettronici, ma restava il fatto che quei risultati conducevano a un premio, e che Ender era il primo in graduatoria.

Continuò ad assistere inattivo agli allenamenti dell’orda, e continuò a lavorare sodo per conto suo, con Petra al mattino e col gruppo di Alai alla sera. Altri dei novellini adesso si stavano unendo a loro, non per passatempo ma perché potevano vederne i risultati: imparavano a battersi, e questo era soddisfacente. Ender e Alai però erano sempre un passo più avanti degli altri. In parte perché Alai non la smetteva di ideare nuove varianti, cosa che forzava Ender a studiare nuove contromosse per rintuzzarle. In parte perché seguitavano a fare errori stupidi, per rimediare ai quali si adattavano ad azioni che nessun soldato ben addestrato e conscio della propria dignità avrebbe mai fatto. Molte delle tecniche che escogitarono si rivelarono inutilizzabili. Ma era pur sempre divertente, sempre eccitante, e le cose che funzionavano erano abbastanza da convincerli che non stavano perdendo tempo. La sera era il momento migliore delle loro giornate.

Le due battaglie successive furono vinte con facilità dalle Salamandre. Ender entrò in sala allo scadere dei quattro minuti e rimase intoccato dagli avversari sconfitti. Questo lo convinse che l’orda dei Condor, da cui erano stati battuti, era decisamente pregevole. Le Salamandre, per quanto le tattiche di Bonzo fossero stucchevoli, erano fra le orde migliori e consolidando la loro posizione in classifica stavano contendendo il terzo posto all’orda dei Topi.

Ender compì sette anni. Il calendario terrestre, con le sue date e festività, veniva ignorato alla Scuola di Guerra, ma lui aveva scoperto il modo di richiamare la data sullo schermo del banco e poté prender nota del suo compleanno. Anche il magazzino della Scuola aveva notato la data; gli presero le misure e gli consegnarono nuove tute da fatica, oltre a quella speciale da portarsi in sala di battaglia, con i colori sgargianti delle Salamandre. Tornò in camerata con la pila di indumenti sulle braccia. Nel provarli li aveva sentiti strani e larghi, come se la sua pelle stentasse ad adattarsi ad essi.

Gli sarebbe piaciuto fermarsi alla cuccetta di Petra e parlarle un poco di casa sua, di ciò che erano stati là i compleanni, oppure dirle semplicemente che quel giorno compiva gli anni in modo che lei facesse una battuta ironica sull’allegria di simili ricorrenze. Ma lì nessuno parlava dei compleanni. Era una cosa infantile. Torte e candeline erano roba che non usava quasi più neppure sulla Terra. Per il suo sesto compleanno Valentine aveva fatto una torta alla crema. Ma la pasta s’era rifiutata di lievitare. Nessuno sapeva più cucinare in casa, però quello era il genere di stravaganze tipico di Valentine. Tutti avevano biasimato sia lei che il sapore della torta, ma Ender ne aveva messo via una fetta avvolta nella stagnola. Poi gli avevano tolto il monitor, era partito, e per quel che ne sapeva la fetta era ancora là nel suo armadio, un pezzetto di roba gialla dura e polverosa. Nessuno parlava di casa, non fra i soldati; la vita prima della Scuola di Guerra era un periodo chiuso. Nessuno riceveva lettere, né le scriveva. Tutti fingevano di non interessarsi più al passato.