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Sono intrappolato qui, pensò Ender. In trappola alla Fine del Mondo senza una sola via d’uscita.

E seppe, infine, cos’era il triste senso d’inutilità che provava malgrado tutti i suoi successi lì alla Scuola di Guerra. Era disperazione.

C’erano uomini in uniforme all’ingresso della scuola, quando Valentine arrivò. Non avevano l’aria d’essere di guardia, anzi si sarebbero detti in attesa di qualcuno entrato un momento negli uffici. Portavano l’uniforme dei Marines della F.I. le stesse che tutti avevano sempre visto nei sanguinosi filmati di guerra o nei film della TV, e questo stava conferendo all’edificio scolastico un’aura inaspettatamente romantica e avventurosa. Tutti gli studenti erano piuttosto eccitati.

Valentine non lo fu per niente. Dapprima quella novità la fece pensare a Ender; poi ebbe paura. Qualcuno aveva appena pubblicato un saggio molto critico sull’insieme degli articoli di Demostene. Il saggio, e di conseguenza il lavoro di lei, erano stati discussi in un dibattito televisivo aperto a interventi internazionali, e alcuni dei più importanti personaggi della stampa e della politica avevano chi attaccato e chi difeso Demostene. Ciò che l’aveva più preoccupata era stato il commento di un inglese: — Che provochi ostilità o consensi, Demostene non potrà godersi l’incognito per sempre. Ha oltraggiato troppi uomini illustri e sedotto troppi sciocchi perché glielo si permetta. Ma sia che si tolga la maschera da solo per assumere la guida dell’esercito di imbecilli che lo approvano, sia che lo smascherino i suoi avversari, non si può negare che sappia destare effetti di massa ben appropriati al suo pseudonimo.

Come c’era da aspettarsi, Peter ne era rimasto deliziato. Ma Valentine, rendendosi conto di quante persone potenti detestavano Demostene, aveva paura che cominciassero a indagare. La F.I. poteva farlo ufficialmente, ed era risaputo che sebbene fosse proibito i servizi segreti sapevano mettere le mani su qualunque dato. E adesso c’erano militari della F.I. tutto intorno alla Western Guilford Middle School, dentro e fuori. E non erano certamente lì per fare propaganda, perché il servizio di reclutamento dei Marines non ne aveva bisogno.

Così non fu sorpresa nel trovare il suo banco acceso e un messaggio che la attendeva in un angolo dello schermo.

PER FAVORE SI RECHI IMMEDIATAMENTE
NELL’UFFICIO DEL DR. LINEBERRY

Valentine attese nervosamente nell’anticamera del Preside, finché la porta dell’ufficio non si aprì e il Dr. Lineberry la invitò ad entrare. I suoi ultimi dubbi svanirono quando vide l’uomo alto e robusto, in uniforme da colonnello della F.I., che sedeva in una delle comode poltrone della stanza.

— Lei è Valentine Wiggin — disse l’uomo, alzandosi.

— Sì — mormorò lei, restituendogli debolmente la stretta di mano.

— Io sono il colonnello Graff. Ci siamo già incontrati.

Già incontrati? Quando mai lei aveva avuto a che fare con la F.I.?

— Venni a parlare ai suoi genitori, privatamente, per suo fratello.

Oh, allora non è per me, pensò lei. Loro hanno Peter… ma cos’è successo? Che abbia fatto qualcosa di male? Credevo che avesse smesso di comportarsi bizzarramente. O forse…

— Valentine… posso chiamarla per nome, vero? Valentine, lei sembra spaventata. Non c’è alcun motivo di esserlo. Per favore, si sieda. Le assicuro che suo fratello sta bene. Ed è stato più che all’altezza delle nostre aspettative.

Soltanto allora, mentre la sua angoscia cominciava a sciogliersi, lesse negli occhi di Graff che era venuto lì per Ender. Ender. Non sarebbe stata interrogata e punita. La cosa riguardava Ender, il suo fratellino, che se n’era andato via ormai da tanto tempo, che non aveva più parte nei pensieri e nelle manovre di Peter. Sei stato tu il fortunato, Ender. Te ne sei andato prima che Peter potesse invischiarti nei suoi progetti.

— Cosa prova lei per suo fratello, Valentine?

— Per Ender?

— Naturalmente.

— Lei cosa pensa che provi? Non l’ho più visto né sentito da quando avevo otto anni.

— Dottor Lineberry, prego, vuole scusarci?

Seccato, Lineberry si avviò alla porta.

— Un momento, dottore. Ripensandoci, credo che la signorina Wiggin e io avremo una conversazione più produttiva se facciamo due passi. Fuori. Lontano dai dispositivi d’ascolto che il suo segretario si è affannato a piazzare in questa stanza.

Era la prima volta che Valentine vedeva il Preside Lineberry restare senza parole. Il colonnello Graff andò a staccare un quadro dal muro e strappò via una membrana fonosensibile con la relativa microspia.

— Economica ma efficiente — annuì Graff. — Inoltre ci sono i collegamenti col vostro computer, vero?

Lineberry girò dietro la sua scrivania, spense un interruttore mimetizzato e si lasciò cadere pesantemente in poltrona. Graff condusse fuori Valentine.

All’esterno si avviarono lungo il campo da football. I marines li seguirono discretamente a distanza, allargandosi intorno allo spazio erboso per tener d’occhio una zona il più ampia possibile.

— Valentine, abbiamo bisogno del suo aiuto. Per Ender.

— Che genere di aiuto?

— Non siamo sicuri neppure di questo. Vorremmo anzi che lei ci aiutasse a capire come potrebbe aiutarci.

— Be’, cosa c’è che non va?

— Questo è un altro lato dello stesso problema. Non lo sappiamo.

Valentine non poté impedirsi di scoppiare a ridere. — Io non l’ho visto una volta in tre anni! E voi l’avete tenuto sotto controllo per ogni secondo in tutto questo tempo!

— Valentine, farmi viaggiare avanti e indietro fra qui e la Scuola di Guerra costa al Governo più di quel che suo padre guadagna in una vita di lavoro. E io non viaggio per diporto.

— Il Re aveva fatto un sogno — disse Valentine, — ma se n’era dimenticato il contenuto, così disse ai suoi saggi che dovevano interpretare quel sogno, pena la morte. Soltanto Daniele vi riuscì, perché era un profeta.

— Lei legge la Bibbia?

— Non quest’anno. Stiamo studiando i classici della letteratura medievale. Comunque, io non sono un profeta.

— Vorrei poterle dire tutto sulla situazione di Ender, ma ci vorrebbero ore, forse giorni, e alla fine dovrei metterla in isolamento protettivo perché molto di questo è classificato strettamente confidenziale. Perciò vediamo cosa si può fare con le informazioni che posso darle, eh? Dunque, c’è una partita che i nostri studenti giocano con il computer della Scuola… — E proseguì, parlandole poi della Fine del Mondo, e della stanza chiusa, e della foto di Peter nello specchio.

— È stato il computer a mettere lì la foto, non Ender. Perché non lo domandate al computer?

— Il computer non lo sa.

— E si suppone che io lo sappia?

— Da quando Ender è con noi, questa è la seconda volta che la sua partita arriva a un punto morto. A una sfida che sembra senza sbocco.

— La prima l’ha risolta?

— Certo.

— Allora dategli tempo, e probabilmente risolverà anche questa.

— Non ne sono sicuro. Valentine, suo fratello è un ragazzo infelice.

— Perché?

— Non lo so.

— Lei non sa molte cose, le pare?

Per un momento Valentine pensò che l’uomo stesse per bestemmiare. Invece Graff decise di riderci sopra. — No, non molte. Valentine, perché suo fratello dovrebbe vedere Peter nello specchio?