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— Non dovrebbe. È una cosa stupida.

— Stupida perché?

— Perché se qualcuno è l’opposto di Ender, questi è Peter.

— In che senso?

Valentine non riuscì a pensare una risposta che non contenesse elementi pericolosi. Spiegare troppo su Peter avrebbe potuto portare a conseguenze spiacevoli. Conosceva abbastanza la gente per sapere che nessuno avrebbe preso sul serio le sue ambizioni di dominio, e i suoi piani. Ma accennare alla sua personalità avrebbe potuto convincere quell’ufficiale a raccomandarlo per un trattamento psichiatrico.

— Lei si sta preparando a dirmi una bugia — osservò Graff.

— Io mi sto preparando a dirle che non posso dirle niente.

— E ha paura. Cos’è che la preoccupa?

— Non mi piace parlare dei miei familiari. Lasciamo la mia famiglia fuori da questa faccenda.

— Valentine, io voglio evitare di coinvolgere la sua famiglia. Sono venuto da lei per non dover sottoporre Peter a una batteria di test, e non seccare i vostri genitori con un interrogatorio. Sto cercando di risolvere il problema adesso con la persona che Ender ama di più, forse l’unica persona al mondo di cui si fida ciecamente. Se non riusciamo a farcela in questo modo temo che sequestreremo tutta la famiglia e i nostri psichiatri vi rivolteranno dentro e fuori. Questa non è una questione secondaria per noi, e non me ne andrò senza averla risolta.

L’unica persona che Ender amava e di cui si fidava. Valentine provò una cocente fitta di dolore, di rimorso, di vergogna al pensiero d’essere invece così vicina a Peter. Peter, che era diventato il centro della sua vita. Per te, Ender, accendo un focherello una volta all’anno. Per Peter e per i suoi sogni lavoro invece dalla mattina alla sera. - Non ho mai pensato che lei tenesse alla simpatia altrui. Non lo pensai quando venne a portar via Ender, e non m’illudo che ora sia cambiato.

— Non finga d’essere una fanciulletta ignorante. Io ho visto i risultati dei test fatti quando era bambina, e oggi come oggi non ci sono molti professori universitari che potrebbero starle alla pari.

— Ender e Peter si odiano l’un l’altro.

— Questo lo sapevo. Lei li ha definiti opposti. Perché?

— Peter… può essere tutto odio, a volte.

— È pericoloso, vuol dire?

— Meschino, voglio dire. Odiare significa compiere atti meschini.

— Valentine, per il bene di Ender, mi dica cosa può fare quando è in questo stato d’animo.

— Minaccia di uccidere questo o quello. Non che lo faccia, beninteso. Ma quando eravamo piccoli Ender e io avevamo paura di lui. Progettava espedienti per ucciderci. In realtà ce l’aveva soprattutto con Ender.

— Il monitor ci ha già informati di questo.

— Parte della responsabilità l’aveva il vostro monitor.

— Tutto qui? Mi dica qualcosa di più su Peter.

Valentine dovette dirgli dei compagni di classe in ogni scuola che Peter aveva frequentato. Non li colpiva mai fisicamente, ma sapeva ferirli in modo peggiore. Scopriva la cosa di cui si vergognavano di più e la faceva sapere alla persona di cui desideravano maggiormente il rispetto. Scopriva la cosa di cui avevano più paura, e faceva in modo che se la trovassero davanti di continuo.

— Si comportava a questo modo anche con Ender?

Valentine scosse il capo.

— Ne è sicura? Ender non aveva un punto debole? Una paura segreta, o qualcosa di cui si vergognava?

— Ender non ha mai fatto nulla di cui dovesse vergognarsi. — E d’un tratto, sprofondando nella vergogna per aver dimenticato e tradito Ender, Valentine scoppiò in lacrime.

— Che c’è, adesso?

Lei scosse il capo. Non avrebbe mai potuto spiegare cosa provava nel pensare al suo fratellino, che era così buono, che lei aveva protetto fin dalla nascita, né dire cosa significava essere ora l’alleata di Peter, la sua aiutante, la sua serva in uno schema di eventi su cui lei non aveva il minimo controllo. Ender non s’era mai arreso a Peter, ma lei l’aveva fatto, fino al punto di divenire parte di lui. — Ender non ha mai ceduto — disse.

— A cosa?

— A Peter. Alla tentazione di essere come lui.

In silenzio girarono lungo la linea di fondocampo.

— Come avrebbe potuto Ender essere come Peter?

Valentine ebbe un fremito. — Gliel’ho già detto.

— Ma Ender non ha mai fatto quel genere di cose. Era soltanto un bambino.

— Ma sia lui che io avremmo voluto farle. Entrambi desideravamo… uccidere Peter.

— Ah!

— No, non è così. Non ne parlammo mai. Ender non ha mai detto che sarebbe stato capace di farlo. Solo che io… l’ho pensato. Io, non Ender. Lui non ha mai detto che gli sarebbe piaciuto vederlo morto.

— Cosa desiderava, allora?

— Niente. Ma non voleva essere…

— Essere cosa?

— Peter tortura gli scoiattoli. Li inchioda a terra e li spella vivi, poi resta seduto a guardarli finché muoiono. È una cosa che adesso non fa più, però in passato lo faceva. Se Ender lo avesse saputo, se lo avesse visto, credo che avrebbe potuto…

— Che cosa? Salvare gli scoiattoli? Cercare di curarli?

— No, a quel tempo non osavamo… disfare ciò che Peter aveva fatto, o attraversargli la strada in quelle cose. Ma Ender amava gli scoiattoli che c’erano nei parchi della città sotterranea. Era uno dei pochi che riuscivano a farli avvicinare per nutrirli. Ma a quel modo diventavano docili, e …per Peter era più facile catturarli. — Valentine riprese a piangere. — Capisce? qualunque cosa uno faccia, questo aiuta Peter. Tutto gli serve, tutto lo aiuta, non importa cosa uno possa escogitare.

— Lei sta aiutando Peter? — domandò Graff.

Lei non rispose.

— Suo fratello maggiore è davvero così malvagio, Valentine?

Lei accennò di sì.

— Crede che Peter sia il peggior individuo del mondo?

— Potrebbe esserlo? Non lo so. È solo il peggiore che io conosca.

— Tuttavia lei e Ender siete suoi fratelli. Avete avuto la stessa eredità genetica, la stessa educazione, dunque come può Peter essere un tale…

Valentine si volse di scatto e gridò, come se l’uomo la stesse torturando a morte: — Ender non è come Peter! Non ha niente in comune con lui! Salvo che è intelligente, e che è suo fratello. Ma non per questo lei deve osare… no! Lui non ha niente, niente, niente di Peter! Ha capito? Niente!

— Vedo — disse Graff.

— So cosa sta pensando… lei, bastardo! Lei pensa che io vaneggi, e che Ender sia uguale a Peter. Be’, forse io ho qualcosa di Peter, ma Ender no. Neppure lontanamente. E quando era piccolo e lo vedevo piangere glielo dicevo e glielo ripetevo, decine di volte: tu non sei come Peter, tu non hai mai fatto male agli altri, tu sei gentile e buono e diverso da lui in tutto e per tutto!

— E questo è vero.

L’acquiescenza di lui la calmò. — È maledettamente vero, infatti. Ci può scommettere che è vero.

— Valentine, lei aiuterà Ender?

— Non c’è nulla che io possa fare per lui, adesso.

— Una cosa c’è, esattamente la stessa che lei faceva in passato. Niente di più che confortarlo e dirgli che far del male alla gente non gli piace, che è buono e gentile, e che in lui non c’è nulla di Peter. Questa è la cosa più importante: che non ha qualcosa di Peter dentro di sé.

— Posso vederlo?

— No. Voglio che lei gli scriva una lettera.

— E questo servirebbe? Ender non ha mai risposto a una sola delle lettere che gli ho spedito.

Graff si schiarì la voce. — Ha risposto a… uh, ogni lettera che ha ricevuto.

Valentine trasalì a quell’ammissione. — Vuol dire che voi… figli di puttana!

— L’isolamento è, per certe cose, l’ambiente in cui meglio si sviluppa la creatività. E noi volevamo le sue idee, non il… ma lasciamo perdere. Non sono tenuto a giustificarmi con lei.