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Valentine lesse la lettera che il Preside Lineberry le aveva appena consegnato. «Gentile signorina Wiggin» diceva. «Le siamo grati per gli sforzi da lei fatti in favore dello sforzo bellico. Abbiamo il piacere di notificarle che le è stata conferita, a nome degli Alleati e dell’intera umanità, la Stella del Valor Civile di Prima Classe, ovvero la più alta decorazione militare di cui possa fregiarsi un civile. Sfortunatamente il Servizio di Sicurezza della F.I. ci proibisce di render pubblica la decorazione fino alla vittoriosa conclusione delle operazioni in corso, ma privatamente mi pregio farle sapere che il suo atto si è risolto in un completo successo. Distinti saluti, generale Shimon Levy, Stratega».

Dopo che l’ebbe letta due volte, il Dr. Lineberry gliela sfilò dalle dita. — Mi è stato ordinato di fartela leggere, e poi di distruggerla. — Prese un accendisigaro da un cassetto e diede fuoco alla lettera, lasciandola incenerire in un portacenere. — Erano buone o cattive notizie? — domandò poi.

— Ho venduto mio fratello — disse Valentine, — e loro mi hanno pagato i trenta denari.

— Questo mi sembra un po’ melodrammatico, Valentine, no?

Valentine non rispose e tornò in classe. Quella sera Demostene scrisse una graffiante denuncia delle leggi per la limitazione delle nascite. La gente aveva il sacro diritto di mettere al mondo quanti figli voleva, e la popolazione in eccesso avrebbe potuto esser inviata a colonizzare altri pianeti, per spargere la razza umana così lontano nella galassia che nessun disastro, nessuna invasione, avrebbe potuto farle rischiare l’estinzione. «Il titolo più nobile che un bambino possa avere — scrisse Demostene, — è Terzo!»

Per te, Ender, disse a se stessa mentre spediva l’articolo.

Peter rise divertito quando lo lesse. — Questo farà raddrizzare orgogliosamente le spalle a tanti poveri figli di mamma. Terzo! Un nobile titolo! Oh, in che sottile sarcasmo sai intingere la penna.

CAPITOLO DECIMO

DRAGO

— Adesso?

— Suppongo di sì.

— Devono esserci degli ordini, colonnello Graff. Un esercito non si muove solo perché un comandante dice di supporre che sia il momento di attaccare.

— Io non sono un comandante. Mi occupo di ragazzini, sono un insegnante.

— Colonnello, ammetto di esserle stato addosso, ammetto d’esser stato la spina nel suo fianco, ma è servito. Tutto ha funzionato come lei voleva. Nelle ultime settimane Ender è stato… è stato…

— Felice.

— Soddisfatto. Sta andando bene. Ha la mente lucida, il suo gioco è eccellente. Pur giovane com’è, non abbiamo mai avuto un ragazzo meglio preparato per il comando. In genere lo meritano a undici, ma a nove e mezzo lui è già all’optimum.

— Già, certo. Sa una cosa? Poco fa mi stavo chiedendo che genere d’uomo vorrebbe prendere un ragazzino ferito, curarlo alla meglio, e rispedirlo sul campo di battaglia. Un piccolo dilemma morale del tutto privato. Non ci faccia caso. Devo essere stanco.

— Salvare il mondo, ricorda?

— Lo chiami dentro.

— Stiamo facendo quel che dobbiamo fare, colonnello Graff.

— Andiamo, Anderson, lei sta morendo dalla voglia di vedere come se la caverà con tutti i nuovi stratagemmi del regolamento su cui le chiesi di lavorare. Scommetto che ci si è diabolicamente divertito.

— Questa è una bassa insinuazione di cui non la credevo…

— Sicuro, sono un basso individuo. E poiché fra una bassezza e l’altra a volte ci incontriamo, non nego d’essere ansioso di vedere come se la caverà. Dopotutto, le nostre vite dipendono dal fatto che sia veramente abile. Mi sintonizza?

— Lei sta cominciando a usare i modi verbali dei ragazzi, eh?

— Lo faccia entrare, maggiore. Io registrerò i turni nel suo programma di lavoro, e gli fornirò un nuovo sistema di sicurezza. Quel che gli stiamo facendo non è tutto un peso per lui; avrà di nuovo la sua intimità.

— Isolamento, vuol dire.

— La solitudine del potere. Coraggio, lo chiami.

— Sì, signore. Quando avrò finito con lui, fra una ventina di minuti, lo condurrò nel suo ufficio.

Ender aveva capito cosa c’era in ballo fin dall’istante in cui era stato convocato da Anderson. Tutti ormai si aspettavano che avrebbe avuto il grado di comandante. Forse non così presto, ma da tre anni capeggiava la classifica dell’efficienza individuale, con molti punti di distacco sul secondo, e quello che faceva gli allenamenti extra con lui ogni sera era diventato il più prestigioso gruppo di soldati della Scuola. Alcuni si chiedevano perché gli insegnanti non si fossero ancora decisi.

Si domandò quale orda gli avrebbero dato. Tre comandanti, compresa Petra, avrebbero presto finito il corso, ma non poteva certo sperare che gli dessero l’orda delle Fenici: nessuno passava mai al comando della stessa orda in cui era stato un soldato fra i soldati.

Per prima cosa Anderson lo condusse nel suo nuovo alloggio. Questa era già una dichiarazione ufficiale: solo i comandanti avevano stanze private. Poi gli mostrò pile di uniformi nuove di zecca, accessori vari e tute da battaglia. Ender aprì il cellofan per scoprire il nome della sua orda.

Draghi, diceva l’etichetta su una delle tute. Non esisteva nessuna orda dei Draghi.

— Non ho mai sentito parlare dell’orda dei Draghi, signore — disse.

— Perché da quattro anni è stata sciolta. Usiamo questo nome solo a intervalli, dato che c’è una… uh, superstizione su di esso. Da quando è stata fondata la Scuola di Guerra, l’orda dei Draghi non ha mai vinto neppure un terzo delle battaglie. Era diventata oggetto di scherzi e di battute.

— Be’, perché adesso la rimettete in tabellone?

— Abbiamo pile di uniformi. Dobbiamo pur usarle, no?

Seduto dietro la scrivania, Graff sembrava più grassoccio e stanco dell’ultima volta che Ender l’aveva visto. Consegnò a Ender il radiogancio, l’apparecchietto che i comandanti usavano per spostarsi a loro piacimento in sala di battaglia. Durante gli allenamenti serali Ender aveva spesso sospirato il possesso di un radiogancio, invece di dover rimbalzare sulle pareti prima di poter arrivare dove voleva. E ora che aveva imparato a farne a meno abbastanza bene, gliene davano uno.

— Funzionerà soltanto durante le ore di addestramento programmate nel tuo orario di lavoro — lo avvertì Anderson.

Visto che Ender contava di proseguire coi suoi allenamenti extra, questo significava che il radiogancio gli sarebbe servito solo per metà delle ore di lavoro. E la cosa spiegava anche perché pochi comandanti facessero pratica fuori orario, ovvero nei momenti in cui il radiogancio non era collegato alla sala di battaglia: se avevano l’impressione che esso fosse un simbolo di autorità, o di superiorità sui soldati, lavoravano meno volentieri allorché dovevano farne a meno. Perciò questo è un vantaggio che avrò su alcuni miei avversari, pensò Ender.

Il discorsetto con cui Graff gli conferì la nomina suonò trito e annoiato. Soltanto verso la fine l’ufficiale parve interessato a ciò che stava dicendo. — Con l’orda dei Draghi abbiamo seguito una procedura insolita. Spero che a te non importi. Per metterla insieme si è dovuto promuovere anticipatamente una certa quantità di novellini, e ritardare nello stesso tempo la promozione di pochi veterani. Credo che sarai compiaciuto dei soldati da noi scelti. O meglio, spero che lo sarai, perché ti è proibito trasferire chiunque di loro.