Ender si staccò dalla parete con quel metodo, quindi assunse la posizione di attacco e a gambe avanti volò fino al lato opposto della sala. Atterrò sulle ginocchia, rotolò sulla schiena e con un colpo di reni balzò via in un’altra direzione, girando su se stesso come una trottola. — Sparatemi! — gridò. Il suo percorso era quasi parallelo alla fila dei ragazzi, che gli indirizzarono addosso gragnuole di colpi, ma poiché stava roteando nessuno poté tenere il raggio sul bersaglio per il minimo tempo necessario.
Lui riammorbidì la tuta e col radiogancio si portò di nuovo fra loro. — Adesso lavorerete una mezz’ora su questa tecnica. Metterà in funzione alcuni muscoli che non sapevate di avere. Imparate a usare costantemente le gambe come uno scudo, ed a controllare il rimbalzo per poter roteare. Contro i colpi a distanza ravvicinata girare su se stessi non serve a niente, ma quelli che vi arrivano addosso da lontano risulteranno innocui: a quella distanza il raggio deve star fermo sullo stesso punto per alcuni decimi di secondo, e se un corpo sta roteando questo non succede. Adesso ciascuno si congeli le gambe, e scattare via.
— Non ci assegni un percorso? — volle sapere un ragazzo.
— Nossignore. Voglio che sbattiate l’uno contro l’altro e impariate a cavarvela negli urti imprevisti. Salvo che quando manovreremo in formazione, perché allora dovrete sbattere su un compagno o spingervi via da lui per scopi ben precisi. E ora scattare, ho detto!
Quando diceva scattare, se non altro, l’orda scattava.
Ender fu l’ultimo a uscire al termine dell’orario, perché s’era attardato in fondo alla sala per aiutare un paio dei più lenti a capire certi movimenti. Per i veterani era stato un gioco, ma tutti i novellini avevano annaspato come pulcini nella stoppa quando s’era trattato di fare due o tre cose nello stesso tempo. Roteare con le gambe congelate era facile per chi non soffriva di vertigini, nessuno aveva difficoltà a stabilizzarsi in assetto di volo; ma lanciarsi in una direzione e sparare in un’altra, girare su se stessi, rimbalzare in una parete e uscirne sparando a un bersaglio, volando nella direzione voluta… questo era molto oltre le loro possibilità del momento. Esercizio fisico, rimbalzi e volo, questo era tutto ciò su cui Ender poteva farli sudare per i primi tempi. La strategia e le tattiche erano eccitanti, ma non se ne poteva neppure parlare finché l’orda non avesse imparato a muoversi in gravità zero.
A lui sarebbe servita un’orda pronta fin da quel momento. Come comandante era un novizio, inoltre gli insegnanti avevano cambiato non poche regole, non lo lasciavano fare scambi e gli avevano dato dei veterani che nessuno considerava delle cime. E nulla garantiva che gli avrebbero dato i soliti tre mesi di tempo per preparare l’orda, prima di metterla in cartellone per le battaglie con le altre.
Almeno, si disse, alla sera avrebbe avuto Alai e Shen per dargli una mano ad allenare i suoi nuovi ragazzi.
Era appena uscito dalla sala di battaglia quando, in corridoio, si trovò di fronte al piccolo Bean.
— Ehilà, Bean.
— Ehilà, Ender.
Una pausa.
— Signore - lo corresse lui dolcemente.
— Io lo so quello che stai facendo, Ender, signore, e voglio darti un avvertimento
— Un avvertimento a me?
— Io posso essere il miglior soldato che tu abbia, ma non fare giochetti con me.
— Altrimenti?
— Altrimenti sarò il peggiore. O l’uno o l’altro.
— E cos’è che vuoi, complimenti e bacetti? — Ender stava cominciando a irritarsi, adesso.
Bean lo fermò prendendolo per un gomito. — Voglio un branco.
Lui si volse di scatto e lo fissò negli occhi. — E cosa ti fa supporre che potresti mai averne uno in vita tua?
— Perché io so cosa deve fare un branco.
— Sapere cosa deve fare è una cosa — disse Ender, — farglielo fare è un’altra. Perché dei soldati dovrebbero seguire un poppante come te?
— Mi hanno detto che un tempo chiamavano te a questo modo. E ho sentito che Bonzo Madrid lo fa anche adesso.
— Ti ho fatto una domanda, soldato.
— Io mi guadagnerò il loro rispetto, se non mi fermerai.
Ender sogghignò. — Anzi, io ti sto aiutando.
— All’inferno! — disse Bean.
— Nessuno ti avrebbe notato, se non per compatire il povero bambinetto magrolino. E oggi ho fatto in modo che tutti ti notassero. D’ora in poi ti terranno sotto il loro microscopio. Tutto ciò che ti resta da fare per essere rispettato, adesso, è di essere perfetto.
— Così non avrò neppure una possibilità di imparare, prima d’essere giudicato.
— Povero piccino! Nessuno vuol essere buono con lui! — Ender lo prese per le spalle e lo tenne fermo contro il muro. — Te lo dirò io come puoi avere un branco. Provami che sai diventare un ottimo soldato. Provami che sai come tenere in pugno altri soldati. E poi provami che qualcuno vorrebbe affidarsi ai tuoi ordini in battaglia. Allora ti darò il tuo branco. Ma potresti sputar sangue per riuscirci, bada.
Bean sorrise. — Questo mi sta bene. Se tu lavori nel modo che hai detto, sarò capobranco entro un mese.
Ender lo afferrò per il petto e lo spinse contro il muro. — Quando io dico che lavoro in un modo, Bean, allora quello è il modo in cui lavoro. Chiaro?
Bean si limitò a sorridere. Ender lo lasciò e si allontanò a lunghi passi. Quando fu nel suo alloggio si gettò disteso sul letto e strinse i denti, scosso da un tremito. Cosa sto facendo? Il mio primo addestramento con l’orda, e sto già soggiogando i ragazzi come faceva Bonzo. E Peter. Li sbatto di qua e di là. Prendo di mira un povero bambino per dare a tutti gli altri qualcosa da odiare. Le cose che più disprezzavo in un comandante; e io le sto facendo.
È una legge della natura umana che uno debba diventare uguale al primo uomo che ha avuto autorità su di lui? Posso lasciar perdere tutto fin d’ora, se è così.
Nella sua mente ripassarono più volte le cose che aveva detto e fatto in quella prima mattinata con la nuova orda. Perché non aveva parlato e agito come sempre faceva con i ragazzi del gruppo di allenamento serale? Nessuna autorità se non la capacità di eccellere. Nessuno aveva bisogno di dare ordini, soltanto suggerimenti. Ma questo non avrebbe funzionato, non con un’orda. Gli amici che si allenavano con lui non dovevano imparare a lavorare insieme. Non dovevano sviluppare l’istinto di gruppo, non dovevano imparare a vivere situazioni che in battaglia li avrebbero portati a sostenersi a vicenda, a confidare l’uno nell’altro. Non c’era bisogno che loro scattassero ai suoi comandi.
Avrebbe anche potuto andare all’estremo opposto, se avesse voluto: esibire lassismo e incompetenza come Rose de Nose. Fare errori stupidi e affidarsi a capibranco capaci di porvi rimedio… ma no. No, lui voleva le capacità formative della disciplina, e questo significava pretendere — e riuscire a ottenere — ubbidienza rapida e incondizionata. Lui voleva un’orda ben addestrata, e questo voleva dire far allenare i soldati duramente, finché avessero padroneggiato una tecnica al punto di averla a noia, finché gli fosse penetrata nelle cellule del corpo tanto da divenire un riflesso condizionato.
Ma cos’era che lo aveva spinto ad agire così con Bean? Perché aveva messo gli occhi proprio sul più piccolo, più debole, e forse anche il più brillante di quei ragazzi? Perché aveva fatto a Bean ciò che era stato fatto a lui da comandanti che disprezzava?
Poi ricordò che la cosa non era cominciata con i suoi comandanti. Prima che Rose e Bonzo lo trattassero in modo sprezzante, era stato Bernard a creare quella situazione. Era stato Graff.
Sì, l’insegnante aveva fatto questo. E non certo per sbaglio. Ender ora lo capiva chiaramente. Era stata una strategia. Graff lo aveva deliberatamente isolato dagli altri ragazzi, rendendogli impossibile legare con loro. E adesso cominciava a sospettarne i motivi. Non era stato per unire il resto del gruppo, anzi la cosa li aveva divisi. Graff lo aveva isolato per vedere come reggeva sotto il torchio, per spingerlo a dimostrare non che era soltanto capace, ma che era migliore di tutti gli altri. Perché non gli era restato altro modo di ottenere rispetto e amicizia. E lo aveva reso un soldato migliore di quel che altrimenti lui sarebbe diventato. Aveva anche fatto di lui un ragazzo solo, spaventato, irritato, sfiduciato. E forse perfino queste caratteristiche s’erano sommate per renderlo un soldato migliore.