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Riunì i suoi capibranco e diede loro il privilegio di conquistare la porta delle Lepri: quattro caschi a contatto degli angoli luminosi, e Tom il Matto al centro per godersi quell’onore. Assai di rado accadeva che un comandante, purché non fosse congelato anch’egli, potesse portare tutti i suoi capibranco alla porta del nemico. Ender avrebbe potuto scegliere i cinque uomini in un’orda che non aveva praticamente subito perdite. Una buona battaglia.

Le luci si accesero al massimo, e il maggiore Anderson uscì dalla porta degli insegnanti al lato sud della sala. Con gesto solenne consegnò a Ender il radiogancio, il cui uso spettava per tradizione al vincitore. Lui azionò il piccolo apparecchio sulle tute dei suoi soldati, scongelandole, quindi li recuperò uno dopo l’altro e mise in fila i branchi prima di andare a scongelare gli avversari. Ranghi ordinati e militareschi, questo voleva esibire al momento in cui Carn Carby e le Lepri avessero riavuto il controllo dei loro corpi. Potranno imprecare e dire che li abbiamo attaccati come un branco di scimmie urlanti, ma ricorderanno d’esser stati distrutti, e ricorderanno di averci visti così: vittoriosi e perfettamente allineati, usciti quasi senza perdite dalla prima battaglia. L’orda dei Draghi non resterà molto a lungo nel suo tradizionale ruolo di mediocrità.

Carn Carby venne a stringere la mano a Ender appena fu scongelato. Era un ragazzo di dodici anni, che malgrado le sue doti era stato promosso comandante solo nel suo ultimo anno di permanenza alla Scuola, e forse questo gli aveva impedito di metter su arie da galletto come altri più precoci di lui. Quel che mi sta insegnando lo terrò a mente, si disse Ender, per quando sarò io a perdere. Dignità. Saper fare omaggio al valore dell’avversario. Le sconfitte non sono una tragedia… anche se spero di conoscerne il meno possibile.

Poco dopo, appena le Lepri furono uscite per la porta da cui erano entrati i ragazzi di Ender, Anderson mise in libertà l’orda dei Draghi. In fila indiana oltrepassarono la soglia, oltre la quale il pavimento piastrellato ricordava loro da che parte attirasse la forza di gravità. Ogni soldato oltrepassò la porta nemica, atterrò con un saltello e corse avanti fermandosi in fila con i compagni nel corridoio.

— Sono le sette e un quarto, uomini — li apostrofò Ender. — Questo significa che avete quindici minuti per la colazione, prima che l’orda si presenti in sala di battaglia per l’addestramento mattutino. — Gli parve quasi di sentirli sospirare in silenzio: avanti, comandante! Abbiamo vinto, lasciaci fare un po’ di festa! Ma conservò un’espressione impassibile. — Inoltre, poiché entrerete a mensa subito dopo le Lepri, siete avvisati che chi non sogghigna con tutti e trentadue i denti verrà severamente sculacciato.

I ragazzi risero, si scambiarono allegre gomitate nelle costole e battute scherzose, poi lui li mise al passo di corsa. Ma sulla soglia della mensa prese da parte i capibranco e disse loro che i ragazzi avrebbero avuto mezz’ora per la colazione, e che quel mattino l’addestramento sarebbe finito prima per dar loro il tempo di farsi una doccia e rilassarsi un po’ in camerata. Si trattava di un premio piuttosto striminzito, ma nel severo orario della Scuola era meglio che niente. Inoltre dava modo a Ender di mettere in atto la sua politica. Lascia che i ragazzi abbiano dai loro capibranco le buone notizie, e dal comandante solo frasi alquanto burbere. Così diventeranno nodi stretti e solidi nel tessuto che si tesse in questa fabbrica.

Lui non fece colazione. Non aveva fame. Andò invece alle docce e si lavò senza fretta, dopo aver ficcato la tuta da battaglia in un pulitore automatico che gliel’avrebbe restituita fresca e stirata in pochi minuti. In piedi sotto la doccia lasciò che l’acqua portasse via il sapone e continuasse a scorrergli addosso, ad occhi chiusi. Ogni goccia viene riciclata, qui dentro. Qualcuno berrà un po’ del mio sudore di oggi. Gli avevano affibbiato un’orda priva d’addestramento, e aveva vinto, e in modo per di più indiscutibile. Aveva vinto con sei soli soldati fra congelati e disabilitati. Adesso vediamo per quanto tempo gli altri comandanti continueranno a basarsi sulle loro formazioni rigide, dopo aver visto cosa può fare una strategia flessibile.

Stava fluttuando nel mezzo della sala di battaglia loro assegnata, quando i suoi soldati cominciarono a entrare. Nessuno venne a dirgli niente, come si aspettava. Sapevano che a parlare sarebbe stato lui, appena pronto a farlo e non prima.

Allorché furono allineati, Ender usò il radiogancio per passarli in rassegna e li osservò uno per uno. — La nostra prima battaglia non è finita disastrosamente — disse. Questo diede la stura ad alcune risate e al tentativo di inneggiare «Dra-dra-draghi! Ahyy-draghi!» che lui azzitti. — L’orda dei Draghi si è comportata bene contro le Lepri. Ma non illudetevi di trovare altri avversari tanto facili. Se quella fosse stata una buona orda, gruppo C, il vostro attacco è stato così lento che vi avrebbero schiacciati contro la parete prima di lasciarvi attestare al riparo. Branco A, e branco E, la vostra mira è difettosa. Ognuno di voi ha sul suo cartellino un solo centro ogni quattro o anche cinque colpi sparati. Erano colpi a lunga distanza, certo, ma se le Lepri non avessero concentrato il fuoco sul branco C il loro bersaglio sareste stati voi. E vi avrebbero fatto pagar cara questa manchevolezza. Voglio che ogni branco si eserciti al tiro, da lontano, con bersagli fermi e in movimento. Ogni mezzo branco fungerà a turno da bersaglio. Io scongelerò i colpiti ogni tre minuti. Addesso muoversi, coraggio!

— Non potremmo avere una stella su cui piazzarci? — chiese Zuppa Cinese. — Per tener ferma la mira mentre spariamo, voglio dire.

— No. Non dovete abituarvi ad avere un punto d’appoggio per la pistola. Se ti trema il braccio, congelati il gomito. Ai vostri posti!

I capibranco organizzarono subito il tiro al bersaglio, e Ender si mosse da un gruppo all’altro per dare suggerimenti e aiutare quei soldati che avevano qualche particolare difficoltà. I ragazzi s’erano già accorti che il loro comandante poteva essere brutalmente secco quando si rivolgeva ai branchi, ma che nel lavorare con il singolo individuo era assai paziente, dava suggerimenti più che ordini, ascoltava ogni domanda e ogni problema con sincera attenzione. Ma non rideva mai quando essi accennavano a coinvolgerlo in qualcosa di scherzoso, e presto avevano smesso di provarci. Lui era il comandante in ogni momento che trascorrevano insieme. Non ebbe bisogno di ricordarglielo: semplicemente lo era.

Quel mattino i ragazzi avevano ancora in bocca il sapore della vittoria e lavorarono volentieri, chiacchierando e appassionandosi a quel che facevano, finché un’ora prima del pranzo uscirono per andare a far la doccia. Ender trattenne i capibranco e analizzò con loro la tattica che avevano usato ed il rendimento dei singoli soldati. Poi andò in camera sua e senza fretta si mise una tuta da riposo pulita, ascoltando la registrazione di una lezione tecnica del giorno prima. Aveva idea di entrare nella mensa dei comandanti con circa dieci minuti di ritardo. Una legge non scritta imponeva ai comandanti di non entrare nel locale da pranzo riservato ad essi fino alla loro prima vittoria, perciò lui non ne aveva mai visto l’interno né sapeva quale comportamento ci si attendeva da un comandante a mensa con i colleghi. Ma sapeva che intendeva entrare soltanto quando i punteggi delle squadre che avevano combattuto quel mattino sarebbero apparsi sul tabellone.