Lei salì in macchina. — Ender ha solo dieci anni — disse. — Quando lei lo prelevò, disse che non sarebbe venuto in licenza sulla Terra prima dei dodici anni.
— Ha superato certi esami più in fretta del previsto.
— Dunque sta andando bene?
— Potrà chiederlo a lui personalmente.
— Perché io? Perché non tutta la famiglia?
Graff sospirò. — Ender vede il mondo a suo modo. Abbiamo dovuto persuaderlo a incontrare almeno lei. Per Peter e i vostri genitori non prova interesse. La sua vita alla Scuola di Guerra è stata… intensa.
— Che significa? È diventato pazzo?
— Al contrario. È la persona più sana di mente che io conosca. Lo è abbastanza da capire che i suoi genitori soffrirebbero, più che gioire, riaprendo pagine di affetto che dovettero sforzarsi di chiudere con fermezza anni fa. In quanto a Peter, non gli abbiamo proposto d’incontrarlo; così non è stato costretto a mandare all’inferno degli ufficiali superiori a cui deve rispetto.
L’auto seguì la Lake Brandt Road girando intorno al vasto specchio d’acqua, e poi se ne scostò lungo una strada secondaria che andava su e giù fra le colline verdeggianti. Infine risalirono verso una grande villa rivestita in assicelle di legno che sorgeva in cima a un’altura. Dalla facciata si godeva il panorama del Lago Brandt, mentre sul retro il pendio declinava fino a un laghetto privato largo poche centinaia di metri.
— La villa apparteneva a un magnate di Hollywood che vi mandava in vacanza i suoi divi, in caso di esaurimento nervoso — spiegò Graff. — La F.I. l’ha affittata una ventina d’anni fa. Ender ha insistito che la vostra conversazione avvenga lontano da orecchi elettronici. Io gliel’ho promesso. Anzi, per corroborare la sua fiducia ho consentito che facciate un giretto su una zattera che ha costruito lui stesso. Devo avvertirla, però: intendo farle delle domande quando avrà finito di parlare con lui. Non la costringerò a rispondere, ma spero che lo farà.
— Non ho portato con me un costume da bagno.
— Possiamo fornirgliene un’intera scelta.
— Tutti con microspie all’ultima moda balneare?
— Credo che sia possibile intenderci sul terreno della fiducia reciproca. Ad esempio, io so chi è Demostene.
Lei provò un brivido di sorpresa e di paura, ma non disse nulla.
— L’ho saputo fin dal mio recente rientro sulla Terra. Al mondo ci sono soltanto sei persone, credo, al corrente di questo. Senza contare i russi… Dio solo sa dove arrivino i loro servizi segreti. Ma Demostene non ha niente da temere da noi. Demostene può confidare nella nostra discrezione. Proprio come io confido che Demostene non dirà a Locke cos’ha fatto e detto oggi. Mutua fiducia. E mutuo scambio d’informazioni.
Valentine non seppe stabilire se la loro approvazione andasse a Demostene o a Valentine Wiggin. Nel primo caso non poteva fidarsi di quella gente, nel secondo forse sì. La loro proposta di mantenere all’oscuro Peter poteva suggerire che conoscevano le loro differenze intellettuali. Ma Valentine non aveva ancora smesso di chiedersi se lei stessa conosceva davvero quelle differenze.
— Ha avuto il tempo di costruirsi una zattera? Da quanto tempo è qui?
— Due mesi. Nei nostri progetti questa vacanza doveva durare appena pochi giorni, ma… vede, sembra che lui non sia più interessato a proseguire gli studi.
— Ah! Così io sono ancora la terapia.
— Stavolta non dovrà darci una lettera da censurare. Siamo disposti ad accollarci il rischio. Abbiamo bisogno di suo fratello. Molto bisogno. È un momento cruciale per la razza umana.
Dall’ultima volta, Valentine era cresciuta abbastanza per sapere che quelle parole non erano vuota retorica. Ed era stata Demostene abbastanza da assimilare un certo tipo di reazioni di fronte a un pericolo. — Va bene. — Scese dall’auto. — È qui in casa?
Graff interrogò un inserviente con un’occhiata. — È giù allo scalo delle barche — rispose.
— Vediamo questi costumi da bagnò, allora.
Ender non alzò una mano a salutarla quando la vide scendere lungo il sentiero che serpeggiava giù verso il lago, né sorrise allorché lei avanzò sul moletto accanto allo scivolo per le barche. Ma Valentine seppe che era felice di vederla, perché per tutto il tempo lui tenne gli occhi fissi nei suoi.
— Sei più alto di quello che ricordavo — gli disse, stupidamente.
— Anche tu — rispose lui. — Ricordo anche che da bambina eri bella.
— La memoria ci gioca strani scherzi.
— No. Il tuo volto è uguale. Solo che a quell’età non capivo cosa fosse la bellezza. Vieni. Andiamo a galleggiare un po’ sul lago.
Lei esaminò la piccola zattera con aria piuttosto dubbiosa.
— Basta non alzarsi in piedi sul bordo — disse Ender. Camminando a quattro zampe si portò all’estremità anteriore del natante. — È la prima cosa che faccio con le mie mani, da quando tu e io ci costruivano le capanne con i blocchi di edilplast. Rifugi a prova di Peter.
Lei rise. Non aveva dimenticato quanto s’erano divertiti studiando piccole costruzioni capaci di reggere anche nel caso che qualcuno ne demolisse le più ovvie strutture portanti. Peter, al contrario, era stato un demonio d’abilità nel costruire capanne dall’apparenza solidissima che franavano addosso al primo abbastanza incauto da penetrarvi. Peter era stato un punto focale della loro infanzia, qualcosa che li aveva uniti.
— Peter è cambiato — disse lei.
Ender scrollò le spalle. — Non voglio parlare di lui.
— D’accordo.
La fanciulla salì sulla zattera, con movimenti assai più incerti di quelli di Ender. Lui usò una pagaia per manovrare intorno al molo e poi prese a remare verso il centro del laghetto privato. Nel notare quanto fosse abbronzato Valentine lo disse. — E ti sei anche irrobustito molto — aggiunse.
— Alla Scuola di Guerra si fa molto esercizio fisico, ma l’abbronzatura l’ho comprata qui. Passo le giornate in acqua. Quando nuoto è come essere di nuovo lassù, in gravità zero. Senza peso si può volare, e ne sento la mancanza. Inoltre, qui sul lago, tutto il territorio che mi vedo attorno è ricurvo all’insù.
— Come sul fondo di una tazza.
— Ho vissuto in una tazza per quattro anni.
— E ora noi siamo due sconosciuti?
— Lo siamo, Val?
— No — disse lei. Allungò una mano e gli toccò un polpaccio. Poi d’improvviso gli fece il solletico dietro il ginocchio, proprio dove lui era sempre stato più sensibile.
Ma quasi all’istante lui le bloccò il polso. Aveva una stretta forte, benché le sue mani fossero più piccole di quelle di lei, e per un attimo nelle pupille gli brillò una luce strana, pericolosa. Poi si rilassò. — Ah, già — disse. — Avevi l’abitudine di farmi il solletico. Sei sempre così dispettosa?
— No, non più — mormorò lei, ritraendo la mano.
— Ti va di nuotare?
Per tutta risposta Val si calò giù dal bordo della zattera. L’acqua era limpida e pulita, senza alcun odore di clorina. Per un poco nuotò attorno, poi risalì sulla zattera e pigramente si distese sotto la calda luce del sole. Una vespa ronzò su di lei e atterrò a un palmo di distanza dalla sua testa. La fanciulla non si mosse. Sapeva che l’insetto era lì, e che solitamente questo l’avrebbe spaventata. Ma non oggi. Lasciamo che vada in zattera anche lei, e che si abbronzi al sole come sto facendo io.
Poi la zattera ebbe un sussulto. Lei si volse e vide Ender rialzare con calma la mano da dove l’aveva abbattuta e gettare in acqua la vespa. — Questi sono insetti dannati — disse il ragazzo. — Ti pungono anche senza esser stati provocati. — Le sorrise. — Ed è così che ci insegnano a difenderci: strategia preventiva. Io sono diventato un asso nelle loro battaglie simulate. Il miglior soldato che abbiamo mai avuto.