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— Quanto crede che possa resistere? Sta cedendo.

— Ce la farà. È quasi finita ormai.

— Così presto?

— Pochi giorni e tutto sarà concluso.

— Come crede che si comporterà, nelle condizioni in cui è?

— Bene. Oggi ha combattuto perfino meglio del solito.

Nel sogno le voci erano quelle del colonnello Graff e di Mazer Rackham. Ma nei sogni accadono cose strane e incredibili, e quello non faceva eccezione, perché poi una delle voci disse: — Non sopporto più di vedere quello che gli stiamo facendo. — E l’altra rispose: — Lo so. Anch’io gli voglio bene. — Subito dopo i due personaggi diventarono Valentine e Alai, che lo stavano seppellendo con palate di terra, ma il suo corpo crebbe fino alle dimensioni di una collina, si coprì di cespugli e la pioggia lo scarnificò, e come fra le costole del Gigante gli Scorpioni costruirono tane dentro di lui.

Sogni e ancora sogni. Se al mondo c’era qualcuno desideroso di dare riposo al suo corpo mortale, questo succedeva solo nei sogni.

Si svegliò, combatté un’altra battaglia e vinse. Poi tornò a letto, lasciò che i sogni scorressero su di lui finché fu di nuovo il momento di destarsi, e ancora una battaglia, ancora una vittoria, ancora una notte in cui sogno e realtà continuavano a confondersi. Non che questo gli importasse più, ormai.

Nessuno glielo aveva detto, ma quello che lo attendeva sarebbe stato il suo ultimo giorno alla Scuola Ufficiali. Quando si svegliò, Mazer Rackham non era in camera. Si lavò, tirò fuori un’uniforme pulita e attese che Mazer tornasse ad aprirgli la porta. Dieci minuti dopo, poiché il vecchio non si faceva vedere, tentò la maniglia. La porta si aprì.

Possibile che Mazer fosse stato così distratto da lasciarlo libero e a se stesso, quel mattino? Nessuno a dirgli che era l’ora di mangiare, che era l’ora di andare al lavoro, o che era l’ora di riposare un po’. Libertà. Il guaio era che non sapeva bene cosa farsene di quella novità. Per un momento pensò di andare a cercare i suoi comandanti di squadrone e parlare con loro faccia a faccia, ma non aveva idea di dove alloggiassero. Magari a venti chilometri da lì, per quel che ne sapeva. Così, dopo aver vagabondato una mezz’ora per i tunnel più frequentati tornò alla mensa. Fece colazione seduto allo stesso tavolo di alcuni marines che parlavano di sesso, argomento su cui lui aveva soltanto informazioni teoriche. Seccato da questa riflessione andò al simulatore per distrarsi un po’. Libero o non libero, non gli veniva in mente altro che fare un paio d’ore di pratica.

Quando entrò in sala la prima persona che vide fu Mazer. Con scarso entusiasmo Ender ubbidì al suo cenno e andò verso di lui. Poi tolse di tasca una pillola e la ingoiò; si sentiva poco energico e alquanto ottuso di mente.

Mazer lo fissò accigliato. — Pensi d’essere sveglio, Ender?

I posti degli spettatori erano pieni di ufficiali dei due sessi, in divisa, e c’era anche qualche civile. Ender si domandò chi fossero, ma non si prese la briga di chiederlo; ben difficilmente, comunque, qualcuno sarebbe stato così affabile da presentarsi. Andò ai comandi del simulatore e sedette, preparandosi a cominciare.

— Ender Wiggin — disse Mazer Rackham, — fammi la gentilezza di voltarti un momento. La battaglia di oggi necessita di qualche spiegazione.

Ender ruotò sulla poltroncina girevole e gettò un’occhiata alla gente seduta nella penombra. Molti avevano l’espressione scaltrita ed impenetrabile dei burocrati, specialmente i civili; ma fra loro vide Anderson. La sua presenza lo sorprese, e si chiese chi si stesse prendendo cura della Scuola di Guerra in sua assenza. Vide anche Graff, e lo sguardo dell’uomo gli ricordò momenti migliori, il lago, la villa che da qualche tempo nella sua memoria aveva sapore di casa. Portami a casa, disse silenziosamente a Graff. Nel sogno hai detto che mi volevi bene. Portami a casa.

Ma Graff si limitò ad annuire; un cenno di saluto, non una promessa. E Anderson lo guardava come se non lo conoscesse affatto.

— Per favore, Ender, un po’ d’attenzione. Quello di oggi è l’esame, l’ultimo, con cui si conclude il tuo corso qui alla Scuola Ufficiali. Questi osservatori sono la commissione che valuterà il tuo grado di preparazione. Se preferisci che non stiano in sala, potranno esaminarti tramite un altro simulatore collegato.

— Restino pure, prego. — Esame finale. Dal giorno successivo forse si sarebbe goduto un po’ di riposo.

— Affinché questo sia un test probante, non come quelli che già conosci ma di un genere che sia una sfida alla tua abilità, la battaglia odierna introdurrà un nuovo elemento. Avverrà intorno a un pianeta. Questo influirà sulla strategia del nemico e ti costringerà a improvvisare. Sei pregato di concentrarti senza badare al pubblico.

Ender gli accennò di farsi più vicino e sottovoce chiese: — Sono il primo allievo arrivato a questo punto?

— Se oggi vinci, Ender, sarai il primo studente a superare questo tipo di esame. Più di così non sono autorizzato a dirti.

— Non pretendo che lo dica. Può anche rispondermi a cenni.

— Domani ti permetterò d’essere petulante e irrispettoso, ragazzo. Oggi, però, apprezzerei che tu badassi all’esame. Non gettare via tutto quello che hai fatto fin’ora. Dunque, come pensi di agire rispetto al pianeta?

— Dovrò considerarlo un elemento interno al campo di battaglia, non un obiettivo da raggiungere solo in caso di vittoria.

— Vero.

— Inoltre in un campo gravitazionale il consumo di carburante sarà maggiore, mentre si presume che il nemico potrà ottenere rifornimenti in orbita o soccorsi dal suolo.

— Già.

— Qual è l’effetto di Little Doc sulla massa di un pianeta?

Il volto di Mazer si fece rigido. — Ender, gli Scorpioni non hanno attaccato la popolazione terrestre nelle loro due Invasioni. Devi decidere fino a che punto è saggio adottare una strategia che provocherebbe ritorsioni della stessa entità.

— Il pianeta è l’unico elemento nuovo?

— Ricordi forse qualche battaglia in cui io ti abbia fornito un solo elemento nuovo? Dai pure per scontato che oggi non sarò affatto più leale con te. Ho delle responsabilità verso la Flotta, e non posso regalare la promozione ad allievi poco affidabili. Oggi farò del mio meglio per mandarti a sbattere col sedere in terra. Comunque, se terrai a mente le possibilità dei tuoi uomini e ciò che sai degli Scorpioni, potrai giocare al meglio le tue carte.

Mazer si volse e uscì dalla sala.

Ender inserì il microfono. — Siete ai vostri posti?

— Tutti in riga — confermò Bean. — È un po’ tardi per cominciare l’addestramento, stamattina, no?

Dunque non avevano detto niente ai suoi comandanti di squadrone. Ender si trastullò con l’idea di rivelare loro quanto fosse importante quella battaglia, ma decise che dar loro una preoccupazione in più non lo avrebbe favorito. — Spiacente — disse, — non ce la facevo a levarmi dal letto.

Gli giunsero alcune risatine. Nessuno ci credeva.

In attesa che giungessero le immagini li fece scaldare con alcune manovre in un campo olografico standardizzato. Gli occorse più tempo del solito per schiarirsi la mente e concentrarsi sulle attività dei subordinati, ma dopo un poco cominciò a sentirsi pronto di riflessi e lucido delle decisioni. O almeno, disse a se stesso, convinto d’essere lucido. E tanto dovrà bastarmi.

Il campo olografico del simulatore cancellò le immagini e si spense, poi ci furono delle scariche elettrostatiche. Ender attese che apparisse la zona prefissata per la battaglia. Cosa succederà se passo l’esame? Mi manderanno a un altro corso? Ancora un anno o due di addestramento massacrante? Ancora un anno di isolamento, di gente che mi torchi in questo o in quel modo, di assoluta mancanza di controllo sulla mia stessa vita? Cercò di ricordare quanti anni aveva. Undici, passati. Ma passati da quanti anni? O da quanti giorni? Da quanto tempo non si preoccupava più di conoscere la data? L’ultimo compleanno gli era sfuggito del tutto. Nessuno lo aveva certo ricordato, salvo Valentine.