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Sylvia sorrise. «È un residuo delle frasi da playboy che usavi all’università?»

«Sì, ma la grossa differenza è che in questo momento lo penso veramente.»

Si avvicinarono; King le cinse le spalle con un braccio e lei gli appoggiò la testa sulla spalla.

«Come dicevo prima, è bello che qualcuno si prenda cura di te, per cambiare un po’» disse.

«Siete proprio una bella coppia, davvero.»

Sylvia lanciò un urlo e balzò in piedi. King fece per alzarsi prima di vedere che era perfettamente inutile, con una pistola puntata contro. Tornò a sedersi.

Eddie Battle appoggiò una spalla allo stipite della porta, con indosso ancora la muta nera da sub, prendendo di mira alternativamente con la pistola prima Sean e poi Sylvia. Il mirino laser danzava sui loro petti come un rosso tizzone incandescente nelle mani di un burattinaio.

«Anzi, siete così carini che se avessi una macchina fotografia vi scatterei una foto.»

«Che cosa diavolo vuoi, Eddie?»

«Che cosa voglio? Cosa voglio, Sean?»

King si parò davanti a Sylvia mentre Eddie entrava nella veranda.

«È quello che mi chiedo.»

«Sai, mi piaci. Davvero. Non sono in collera con te perché mi hai smascherato. È stata una bella battaglia di intelligenze. Ho sempre pensato che saresti stato tu a incastrarmi. È per questo che ho tentato di far fuori te e Michelle alla tua houseboat.»

«Perché non risparmi una sacco di problemi a tutti e non ti costituisci? C’è un agente di polizia proprio qui fuori.»

«No, non proprio qui fuori, Sean» lo corresse Eddie. «È in fondo al vialetto, a bordo della sua volante. Ho controllato. E con questo temporale potrei sparare a entrambi, organizzare perfino un party, e non lo saprebbe mai.»

«Okay, allora cos’hai in mente di fare?»

«Ho in mente di portarvi via con me. Ci faremo un bel giretto sul lago.»

King accostò adagio una mano al fianco e la premette contro la tasca laterale della giacca. Il suo nuovo telefono cellulare era lì.

«Sul lago? Ma c’è il temporale!» esclamò Silvia.

King cercò con le dita la tastiera numerica attraverso la giacca. Continua a tenerlo occupato, Sylvia.

Come se gli avesse letto nel pensiero, lei disse: «E non puoi fuggire in acqua».

«Non sto cercando di fuggire. Ho rinunciato a quell’idea tanto tempo fa.»

King trovò il pulsante di composizione automatica dei numeri in memoria, lo premette, poi cercò e premette il tasto di chiamata. Avrebbe dovuto calcolare esattamente il sincronismo dell’azione.

Non appena udì rispondere alla chiamata all’altro capo del telefono e qualcuno dire “pronto?”, gridò a voce alta: «Maledizione, Eddie, è pazzesco. Cos’è, adesso ti sei dato ai sequestri di persona?».

«Sì, cominciavo a stancarmi di fare solo l’assassino. Andiamo.»

«Non saliremo sulla tua barca e non puoi far nulla per convincerci.»

Eddie diresse il mirino laser sulla fronte di Sylvia. «Allora le sparerò qui. Decidi tu. Non me ne frega un cazzo.»

«Allora prendi solo me» disse Ring.

«Questo non fa parte del mio piano, amico mio. Tutt’e due, ho detto.»

«Dove ci vuoi portare?»

«E vuoi che rovini la sorpresa?» Per un istante terrificante si trovarono ad affrontare l’espressione di un uomo che aveva massacrato nove persone. «Subito, Sean. Immediatamente.»

Per chissà quale ragione, senza sapere perché, dopo aver lasciato Savannah, Michelle si era recata nello studio di Eddie per dare un’occhiata in giro. Non credeva affatto che lui si aggirasse intorno a casa sua; c’erano poliziotti armati ovunque e Eddie non era uno stupido. Ma mentre ammirava un quadro dopo l’altro non poté fare a meno di chiedersi come un uomo che aveva ucciso tante persone potesse aver dipinto tele così belle. Sembrava impossibile che la stessa mente e lo stesso corpo potessero ospitare un artista straordinario e un assassino efferato. Michelle rabbrividì e si strinse nelle spalle. E pensare che aveva provato del tenero per lui. Questo che cosa le suggeriva riguardo alla sua capacità di giudizio? Al suo intuito in relazione al prossimo? Come avrebbe potuto fidarsi ancora del suo istinto? Quel pensiero orribile le accese un fuoco nello stomaco. Si piegò in avanti, d’un tratto presa dalla nausea e dalle vertigini. Appoggiò gli avambracci alle cosce, cercando di resistere all’impulso di cadere a terra.

Dio, come hai potuto essere così cieca? Ma poi si rammentò di quel che si diceva a proposito dei più famigerati assassini della storia. Che non sembravano né agivano come degli assassini. Erano persone affascinanti, gentili e spiritose. Ti sentivi irresistibilmente spinto a trovarle piacevoli. Era l’aspetto più spaventoso. Erano proprio come te e me.

Si raddrizzò quando il suo cellulare emise il primo trillo. Rispose quasi subito, ma nessuno parlò. E poi udì la voce di King che diceva qualcosa ad alta voce. Riuscì a cogliere una parola sola. Ma era più che sufficiente.

«Eddie!»

Ascoltando e cercando di capire che cosa stava accadendo all’altro capo del collegamento telefonico, si guardò intorno, notò un telefono fisso sopra un tavolo vicino a uno dei cavalietti di Eddie e chiamò Todd Williams.

«Sono da Sylvia… o almeno penso che siano là.»

«Merda! Ma c’è un agente insieme a Sean!»

«Potrebbe essere già morto.»

«Parto immediatamente.»

«Anch’io.»

Michelle tenne premuto il cellulare sull’orecchio e tornò rapidamente alla villa dei Battle. Salì di corsa in camera, prese le chiavi del suo fuoristrada e si precipitò fuori. Stava per salire a bordo ma si fermò un istante e poi corse di nuovo in casa. Raggiunse in fretta e furia la camera da letto di Savannah e aprì la porta senza bussare. Savannah era distesa sul letto. Fece un balzo, spaventata dall’improvvisa irruzione di Michelle. Quest’ultima coprì con la mano a coppa il microfono del proprio cellulare, in modo che nulla potesse arrivare all’orecchio di Eddie Battle.

«Santo cielo, cosa c’è?» domandò Savannah.

«Mi serve il tuo telefono.»

«Cosa?»

«Dammi quel dannato cellulare!»

Pochi secondi dopo Michelle era a bordo del suo fuoristrada, con il suo cellulare ancora premuto contro l’orecchio, sforzandosi di sentire qualsiasi cosa potesse aiutarla a immaginare dov’era Sean.

Un momento. Aveva udito qualcosa. Che cos’era?

«Un motoscafo!» Sean stava chiedendo a Eddie dove volesse portarli con il motoscafo. Lo aveva udito chiaramente.

Compose il numero di cellulare sul telefonino sequestrato a Savannah.

«Todd, sono sul lago a bordo di un motoscafo.»

«Un motoscafo? Come diavolo ha fatto Eddie a procurarselo?»

«Ce ne sono diversi attraccati al pontile della tenuta. Compreso un entrobordo velocissimo.»

«Merda!»

«Todd, avete una motovedetta?» domandò Michelle freneticamente.

«No. Ne hanno una quelli della Caccia e Pesca, ma non so proprio dove sia in questo momento.»

«Bene, fantastico!» Michelle rifletté in fretta. Idiota. Naturalmente.

«Quanto ti ci vuole per arrivare qui in auto?»

«Ehm, non so, una decina di minuti» rispose Williams.

«Metticene cinque. Ci troviamo all’imbarcadero di Casa Battle. È un po’ distante dalla villa, ma c’è un golf cart. Prendi quello per arrivarci. Il sentiero è illuminato e ci sono dei cartelli indicatori.»

«Ma tu come farai?»

«Come farò cosa?» gridò Michelle.

«A te non serve il cart?»

«Mi rallenterebbe soltanto. Adesso apri bene le orecchie: strada facendo bisogna che tu avverta quelli della Caccia e Pesca, trova quella motovedetta e manda in navigazione un po’ di agenti armati. Assicurati di porre dei posti di blocco su tutte le strade di accesso al lago. E poi chiama l’FBI e la polizia di Stato e fatti mandare subito sul posto un elicottero con un potente faro di ricerca. Di’ loro di mandare subito una squadra speciale SWAT o un Hostage Rescue Team. Ci occorreranno dei tiratori scelti.»