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«Per tutto questo ci vorrà del tempo, Michelle.»

«Di cui non disponiamo affatto, perciò fallo subito e basta!»

«Il lago è molto grande. Oltre ottocento chilometri di costa, più dello Stato del Rhode Island.»

«Grazie per l’entusiasmo. Muovi le chiappe e vieni qui.»

Michelle spense il cellulare di Savannah, saltò giù dal fuoristrada, aggirò di corsa la villa e proseguì a grandi falcate, al massimo della velocità, in direzione dell’imbarcadero, seguendo il sentiero illuminato dai lampioncini. Pur correndo, continuò a tenere premuto sull’orecchio il suo cellulare nella speranza di sentire qualcosa di utile, ma non c’era altro che il rombante frastuono del motoscafo. Se ormai erano sull’entrobordo, i motori avrebbero coperto qualsiasi altra cosa.

Arrivò al pontile, fece scattare un interruttore e l’intera zona si illuminò. In quello stesso istante un enorme fulmine crepitò attraverso il cielo, seguito dal rombo di un tuono talmente forte da costringerla a tapparsi le orecchie con le mani.

Il suo sguardo notò immediatamente lo scivolo vuoto. «Merda, è a bordo del FasTech.»

Richiamò Williams. «Todd, Eddie ha preso un Formula FasTech. È un entrobordo da alta velocità lungo dieci metri, bianco con una banda rossa…»

«Conosco quel tipo di motoscafo. Hai idea di che motori sia dotato quell’affare?»

«Sì, due Mercruiser da cinquecento cavalli l’uno, con eliche Bravo. Se non sei qui fra tre minuti esatti, parto senza di te.» Interruppe la comunicazione.

«Okay, che cosa abbiamo qui?» si chiese ad alta voce correndo da uno scivolo all’altro. Gli acqua-scooter Sea-Doo erano agili e veloci, ma erano sprovvisti di fari, e poi non se lo immaginava proprio il grasso Todd aggrappato alle sue spalle mentre lei guidava, o a manovrarne uno tutto da solo. Inoltre, dopo l’impari duello stradale con Roger Canney, se finiva in una battaglia fra imbarcazioni stavolta voleva un mezzo un bel po’ più voluminoso.

Si fermò davanti al grande cabinato Sea Ray ormeggiato su uno degli scivoli. Chiaramente non era in grado di tenere testa al FasTech in velocità, ma era un’imbarcazione poderosa, dotata di grossi e potenti motori. Era quello che le serviva. Sparò con la pistola al catenaccio del posto di rimessaggio coperto, entrò, trovò le chiavi del Sea Ray e il telecomando del montacarichi su cui si trovava il cabinato e calò in acqua l’imbarcazione.

Todd Williams arrivò volando sul golf cart due minuti dopo. Ghermì al volo un giubbotto di salvataggio e salì a bordo.

«Ce l’ho fatta a mettermi in contatto con tutti. Quelli della Caccia e Pesca stanno partendo con la motovedetta a Haley Point Bridge, che si trova oltre una ventina di chilometri più a monte. Sia l’FBI che la polizia di Stato invieranno sul posto degli elicotteri con dei cecchini al più presto possibile. Ho ordinato dei posti di blocco su tutte le strade con accesso diretto al lago.»

«Bene. Ora prendi questo e ascolta attentamente. Sean potrebbe darci qualche indizio su dove possono essere.» Williams prese in consegna il cellulare di Michelle e se lo portò all’orecchio.

Michelle spinse bruscamente la manetta di accelerazione in retro, e il cabinato uscì di poppa dallo scivolo così velocemente che ci mancò poco che Williams non cadesse in acqua.

Riprendendo l’equilibrio, sbraitò: «Merda, Michelle, sai come si pilota quest’affare? Non è una dannata barca a remi».

«Imparo in fretta. Dov’è la casa di Sylvia? Dimmi più o meno quanto dista da qui e la direzione sulla bussola.»

Todd le diede una stima presunta, e Michelle calcolò in fretta il tempo, la distanza e la rotta. In effetti, all’epoca del Servizio segreto era diventata un marinaio esperto, capace di pilotare qualsiasi cosa, da un motoscafo da crociera con a bordo un ex presidente degli Stati Uniti con una passione sviscerata per l’alta velocità sull’acqua a una canoa a pagaia con i nipotini del suddetto ex presidente quali preziosi passeggeri.

«Okay, tieniti forte.»

Michelle puntò la prua verso il canale aperto e spinse la manetta fino in fondo. Il grosso Sea Ray all’inizio brontolò un pochino, come se si stesse svegliando. Ma poi le eliche presero a frullare l’acqua, spruzzandola in ogni direzione. La prua si impennò come un cavallo selvaggio pronto a catapultare a terra il suo cavaliere, e l’imbarcazione balzò in avanti. In pochi secondi stavano planando sulla superficie del lago, e il motoscafo cabinato raggiunse i quaranta nodi di velocità mentre Michelle puntava dritta nelle fauci della burrasca che si avvicinava al Cardinal Lake senza avere la più pallida idea di dove fosse diretta.

96

«Dài, dov’è che ci stai portando, Eddie?» gridò King per superare il rumore dei due Mercruiser mescolato al frastuono del temporale.

Era legato mani e piedi con del filo da pescatore ed era disteso su un fianco sul ponte accanto al sedile del comandante. Sylvia era seduta sul divanetto di poppa, legata come King, mentre Eddie pilotava il motoscafo ritto in piedi, con il vento a scompigliargli la folta capigliatura.

«Che cosa te ne importa? Il biglietto di ritorno non è previsto in questo viaggio.»

«Allora perché ucciderci? Hai finito il cartoncino segnapunti. Hai eliminato tutti quelli a cui davi la caccia.»

«Non tutti, vecchio mio. A proposito: ho vinto la scommessa.»

«Che scommessa?»

«Quando mi hai catturato, dicesti che era finita, e io ho ribattuto che non era così.»

«Congratulazioni.»

Eddie virò a est, fendendo di prua una grossa onda che fece sobbalzare pericolosamente il Formula FasTech. King batté la testa sulla struttura di fiberglass alle sue spalle.

«Se non rallenti un po’ finirai per ammazzarci prima di arrivare dove sei diretto.»

Per tutta risposta Eddie spinse ancora avanti la manetta.

«Eddie… ti prego» implorò Sylvia alle loro spalle.

«Taci!»

«Eddie…» tornò a piagnucolare la donna.

Eddie si voltò e sparò un proiettile a meno di tre centimetri dall’orecchio sinistro di Sylvia. Questa urlò atterrita e si gettò bocconi sul ponte.

Con un enorme schianto un fulmine crepitante colpì un albero su un’isoletta mentre passavano sfrecciando. La quercia esplose, scagliando in aria e dentro l’acqua pezzi di legno carbonizzato. Il tuono che seguì fu perfino più assordante dei due Mercruiser.

King strisciò avanti di qualche centimetro. Legato in quel modo, non aveva nessuna possibilità di prevalere contro un uomo della forza di Eddie Battle. Anche in una lotta leale probabilmente avrebbe avuto la peggio. Lanciò un’occhiata dietro di sé a Sylvia. Giaceva ancora sul ponte di coperta. Sentiva i suoi gemiti disperati nel caos degli altri rumori. Si sforzò faticosamente di mettersi seduto, riuscendoci alla fine. Scivolò indietro fino ad appoggiare la schiena al bordo dell’imbarcazione e riuscì a sollevarsi e sedersi sul sedile imbottito accanto a Eddie.

Eddie abbassò lo sguardo e gli sorrise. «Ti piace il panorama da lì?»

King scrutò intorno a sé. Conosceva bene il lago, benché, come sapeva ogni marinaio, le cose fossero molto diverse al buio. Tuttavia in quel momento oltrepassarono un punto di riferimento che riconobbe, un condominio di cinque piani edificato all’estremità di un promontorio che si allungava in uno dei principali canali del lago. Gridò: «A quanto pare siamo diretti, a est, verso la diga». Pregò che il collegamento del suo cellulare fosse ancora in corso. In caso contrario, e se Michelle avesse cercato di richiamarlo, non sarebbe stato in condizione di premere il pulsante di risposta e il trillo del telefonino l’avrebbe tradito in ogni caso.