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King ruotò l’anello esterno del cifrario finché la “e” non fu allineata con la “a”. Ora era sfalsato di una sola tacca. Guardò il muro e sostituì mentalmente una lettera, una “e” al posto di una “a”. Ora la scritta era:

TEET

Neppure questo aveva senso. Che cos’era un teet? Spinto da un tentativo azzardato, lasciò la sede del giornale e tornò in ufficio, si sedette al PC, scelse un motore di ricerca su Internet e digitando rapidamente sulla tastiera inserì “teet” nella casella, seguita da “crimine”, tanto per provare. Non si aspettava di trovare niente. Invece venne fuori un lungo elenco. Probabilmente tutta spazzatura inutile, pensò. Tuttavia, quando lesse proprio la prima voce in elenco, sobbalzò.

«Oh mio Dio» esclamò. Cliccò sulla voce, lesse tutto quello che c’era da leggere e si abbandonò contro lo schienale. Si portò una mano alla fronte: era calda e grondante di sudore, come il resto del corpo. «Oh mio Dio» ripeté.

Si alzò lentamente. Era contento che Michelle non fosse in agenzia. Non ce l’avrebbe fatta a guardarla in faccia. Non in quel momento.

Doveva cercare alcune conferme, tanto per essere certo. Dopo di che non avrebbe potuto fare altro che affrontare la questione. Sapeva che sarebbe stata una delle cose più difficili che fosse mai stato costretto a fare.

100

Due giorni dopo King entrò nel parcheggio pubblico e scese dall’auto. Entrò nella palazzina, chiese di Sylvia e fu indirizzato nel suo studio.

Sylvia era seduta alla scrivania, con il braccio sinistro legato al collo. Sollevò gli occhi e sorrise, poi si alzò e lo accolse con un affettuoso abbraccio.

«Ti senti ancora in qualche modo umano?» gli domandò.

«Ci sto arrivando» rispose lui in tono mesto. «Come va il braccio?»

«Quasi come nuovo.»

King si accomodò su una sedia di fronte a lei, mentre Sylvia si appoggiò al bordo della scrivania.

«Ti ho visto molto poco di recente.»

«Ho avuto parecchio da fare.»

«Ho due biglietti per una commedia a Washington per sabato prossimo. Sarei troppo sfacciata se ti chiedessi di venirci insieme a me? Camere d’albergo separate, naturalmente. Non correrai nessun rischio.»

King lanciò un’occhiata verso l’appendiabiti. La giacca, il golf e le scarpe della dottoressa erano in perfetto ordine.

«C’è qualcosa che non va, Sean?»

King riportò lo sguardo su di lei. «Sylvia, perché pensi che Eddie sia venuto da noi?»

Il contegno della dottoressa cambiò istantaneamente. «Perché è pazzo. Abbiamo contribuito a smascherarlo. O almeno tu. Ti odiava per questo.»

«Ma mi ha lasciato andare. E ha tenuto te. Ti ha fatta inginocchiare sul ceppo di un albero, e stava per decapitarti. Come un boia.»

L’espressione di Sylvia fu sconvolta dalla collera. «Sean, quell’uomo aveva già ucciso nove persone, molte delle quali a caso!»

King estrasse da una tasca una fotocopia ripiegata in quattro e gliela passò. Sylvia tornò a sedersi alla scrivania e lesse il foglio lentamente.

Alla fine alzò lo sguardo. «È l’articolo di giornale relativo alla morte di mio marito.»

«È morto investito da un pirata della strada. Il caso non fu mai risolto.»

«Vuoi che non lo sappia?» ribatté lei freddamente, riconsegnandogli il foglio. «E allora?»

«E allora la stessa notte in cui George Diaz venne ucciso, la Rolls-Royce di Bobby Battle fu danneggiata. Il giorno dopo la Rolls sparì nel nulla, e anche il meccanico che si occupava della collezione di auto d’epoca di Bobby.»

«Stai dicendo che il suo meccanico ha ucciso mio marito?»

«No, sto dicendo che l’ha ucciso Bobby Battle.»

Sylvia lo guardò, sbalordita. «Perché diavolo l’avrebbe fatto?»

«Per vendicarti. Stava vendicando la donna che amava.»

Sylvia scattò in piedi, aggrappandosi al bordo della scrivania. «Cosa diavolo stai cercando di fare?»

Ora fu King che mutò contegno. Si sporse in avanti. «Siediti, Sylvia. Ho parecchie altre cose da dire.»

«Io…»

«Siediti!»

La dottoressa tornò a sedersi lentamente sulla sua poltrona, senza mai staccargli gli occhi di dosso.

«Una volta mi hai detto di aver conosciuto Lulu Oxley nello studio del ginecologo. Accennasti al fatto che lei aveva cambiato dottore. Ma non era così. Lulu non ha mai cambiato ginecologo. Lo hai cambiato tu.»

«È forse un delitto?»

«Ci sto arrivando. Ho avuto il nome della tua nuova ginecologa dal tuo vecchio medico, e poi sono andato a farle visita. Sta a Washington. Perché così lontano, Sylvia?»

«Non sono affari tuoi, maledizione.»

«Quando tre anni e mezzo fa fosti operata, il chirurgo era tuo marito. Era il migliore, hai detto. Solo che quando ti operò aveva in mente anche qualcos’altro. Dopo aver parlato con un amico chirurgo ho saputo che un’operazione per eliminare un diverticolo perforato è una delle pochissime che consentono al chirurgo di eseguire contemporaneamente un’altra piccola operazione nella regione pelvica, una cosa che con ogni probabilità non sarebbe notata da nessun assistente in sala operatoria.»

«Ti dispiace arrivare al punto?»

«So tutto, Sylvia.»

«Sai cosa?» lo incalzò lei furibonda.

«Che a tua insaputa fu eseguita su di te una chiusura delle tube per renderti sterile.»

Seguì un lungo silenzio. «Non sai di cosa stai parlando…»

King la interruppe. «George Diaz ti operò di diverticolosi al colon, sì, ma nello stesso tempo ti applicò anche delle graffette per chiuderti le tube di Falloppio. E lo fece di proposito. Non potevi di certo andare dal tuo vecchio ginecologo con quelle graffette dentro di te: come avresti potuto spiegarle? Così ti rivolgesti a una nuova ginecologa, probabilmente con referti medici contraffatti, e lei ti levò le graffette. Sono andato a trovarla con una storia falsa sulla mia presunta “moglie” e i suoi problemi alle tube di Falloppio. Ho detto che me l’avevi raccomandata tu perché mi avevi confidato l’ottimo lavoro che aveva svolto nel tuo caso. A causa delle restrizioni imposte dal segreto professionale non si è sbottonata molto, ma è bastato per confermare i miei sospetti. E il danno era ormai permanente, vero? Non avresti mai più potuto avere figli.»

«Razza di bastardo, come osi…»

King la interruppe ancora. «Tuo marito aveva scoperto che tu e Bobby eravate amanti. Ti eri innamorata dell’anziano dongiovanni come centinaia di altre prima di te. E George si vendicò della tua infedeltà. E poi fosti tu a vendicarti.» King prese la foto in cornice di George Diaz dalla scrivania e la capovolse a faccia in giù. «Con me non sei costretta a mantenere la facciata della povera vedova inconsolabile.»

«Ero ancora degente nel mio letto d’ospedale quando George è stato ucciso!»

«Esatto. Ma scommetto che tuo marito ti aveva rivelato ciò che aveva fatto. Sicuramente avrà voluto che tu sapessi come si era vendicato del tuo tradimento. E tu telefonasti a Bobby e gli raccontasti tutto. E Battle prese la sua Rolls-Royce, andò a casa vostra, vide George sul marciapiede e fece quel che aveva in mente. All’inizio pensavo che Bobby avesse ucciso la moglie di Roger Canney mandandola fuori strada, perché anche la sua morte avvenne nella settimana in cui fu investito e ucciso George. Ma lei aveva perso la vita in un normale incidente stradale. Invece la morte di tuo marito fu un omicidio premeditato.»